Shinya Tsukamoto, le avventure del regista del palo elettrico

La portata della visione del cineasta giapponese, attraverso i generi, le epoche storiche e i cambiamenti sociali, sta nella lucidità che ha saputo costruire fin da subito. Celata dietro l'apparente caos rivoluzionario con cui scioccò il mondo.

Shinya Tsukamoto a Venezia 80.

Shinya Tsukamoto è soprattutto un figlio del Secondo Dopoguerra giapponese. Nato nel primo giorno del 1960, quindi a neanche 15 anni dall'evento che cambiò radicalmente il volto del suo Paese per sempre, e di conseguenza, erede di uno shock che gli fu insegnato dai suoi genitori. Shock è, guarda caso, una delle parole chiave del suo cinema. Forse la parola chiave.

Le Avventure Del Ragazzo Del Palo Elettrico
Il pacato ragazzo de Le avventure del ragazzo del palo elettrico.

In seconda battuta era un cittadino metropolitano doc (spesso ha ricordato come non amasse per nulla la campagna dove vivevano i suoi nonni), dunque appartenente a quella generazione che Ozu vedeva come ormai aliena alla tradizione nipponica e rapiti da un futuro lontano dalle radici e quindi incerto, oscuro. Una maledizione per dei ragazzi nati a metà del guado, incompresi e lasciati soli nell'attraversalo da dei punti di riferimento che avevano perso la loro coscienza nello shock (ancora) di cui sopra.

Per Tsukamoto il futuro è però sempre stato il luogo dell'anima, la posta in palio da guadagnarsi. Ce lo dice fin da Le avventure del ragazzo del palo elettrico, il mediometraggio girato con la sua Super 8 prima di Tetsuo, dove troviamo lo scontro atavico tra folklore e modernismo, raccontato attraverso la denuncia del caos a cui ha portato l'iper industrializzazione del suo Paese nel tentavi di scongiurare un destino avverso che, sebbene in altre forme, continua ad opprimere l'essere umano. Urge una rivoluzione, che è funziona solo se è "sporca, brutta e subito". Scioccante, ancora una volta, come la filmografia del ragazzo nato il primo giorno del 1960.

Shinya Tsukamoto, shock rivoluzionario

Tetsuo The Iron Man
Tetsuo - The Iron Man

Per provare a capire Tsukamoto bisogna concentrarsi sui motivi della nascita di Tetsuo, il suo primo lungometraggio. Oggetto di culto, probabilmente la pellicola più importante del cinema nipponico di fine secolo scorso di cui il cineasta (come sua abitudine) ha curato quasi tutto: regia, sceneggiatura, montaggio e fotografia. Alla base c'è l'urgenza di una rottura con gli schemi cinematografici precedenti attraverso una rappresentazione delirante e incodificabile, perché l'unica in grado di raccontare la società e la sua estetica. Un manifesto asfissiante e violento che da una parte distrugge un'umanità divenuta inaccettabile per l'ambiente che essa stessa ha costruito e dall'altra testimonia una corsa convulsione inarrestabile, dritta verso lo schianto. "Game over".

Il suo è un cinema di continua mutazione, che mischia un post moderno che guarda a videoclip, videogame e manga (i linguaggi che gettarono la Settima Arte in crisi sul finire degli anni '80 in quella parte di mondo), ma conserva anche un'idea di cinema tra classico e moderno. Nel cinema di Tsukamoto si possono rintracciare gli elementi delle epopee classiche, la poesia del neorealismo urbano, ma anche i neo noir lynchani e il body horror di Cronenberg. Il tutto ripensato, ovviamente, con i suoi ingredienti: stop motion, shaky camera, bianconero o filtri cromatici e colonna sonora industrial. Cinema in continua mutazione e che quindi fugge l'idea del nichilismo (cyber)punk per lasciare spazio ad un'idea immaginifica, perché dopo la fine del presente c'è il futuro.

Tokyo Fist Personaggio
Un fist di Tokyo Fist.

Tetsuo, in tutti e tre i film che ne portano il nome, è la personificazione di un'apocalisse nato dalla fusione tra organico e inorgarnico raccontato in diretta. Fusione in cui l'umanità viene invasa da una macchina gargantuesca, che ne altera la natura, ancora e ancora, divenendo l'agente che intasa il suo erotismo e la sua psiche, che veicola il suo umore e regola i suoi orgasmi. Lo si vedrà di nuovo in Tokyo Fist e in A Snake of June, le due pellicole che più di tutte le altre dimostrano come il cinema di Tsukamoto non si possa relegare ad sentimento di mero sconvolgimento semiotico, ma gli si deve riconoscere un pensiero costruttivo sia politico che sociale. La liberazione dell'uomo (comune), la ritrovata centralità della donna, il senso di esaltazione dato dal confronto con l'altro che porta alla necessità di non abbandonarsi ad un pessimismo, nonostante il punto di partenza. Che è lo shock, lo ricordiamo. Shock sociale, politico, linguistico. Shock per il protagonista e lo spettatore.

Non si mette Tsukamoto in un angolo

A Snake Of June Protagonista
La protagonista di Snake of june.

L'area di interesse di una così straordinaria visione cinematografica è potenzialmente illimitata e infatti nella filmografia di Tsukamoto si passa senza grandi stravolgimenti linguistici da una particolarissima distopia futurista a film storici ambientati all'epoca del Giappone militarista (pensate a Fires on the Plain) e arrivando addirittura ad un titolo jidai-geki, come Killing del 2018, quasi 30 anni dopo il suo debutto sul grande schermo.

Fondamentale sottolineare questo aspetto per disinnescare la convinzione che spesso vede il cineasta nipponico come "incastrato" in un'epoca, un genere o una visione, a causa soprattutto dell'aura di incomprensibilità e inclassificabilità del suo cinema. Elementi che lo portano spesso a ingiuste mortificazioni sotto forma delle classiche etichette caustiche: paranoico, iconoclasta, urlato. Definizioni che ignorano totalmente tanto l'importanza seminale per quello che è venuto dopo quanto la sua capacità di anticipare meccanismi narrativi e contenuti tematici con decenni di anticipo.

Hokage 3
Il bambino di Hokage - Ombra di fuoco.

Il cinema di Shinya Tsukamoto è invece rivoluzionario proprio per la sua capacità di trasportare le proprie forme e i propri codici attraverso generi, epoche storiche, cambiamenti sociali e necessità personali, evolvendosi costantemente e, cosa fondamentale, non perdendo mai la sua portata. Esempio lampante è la sua quindicesima (e per ora ultima) pellicola, Hokage - Ombra di fuoco, un trattato antibellico sulle ombre del bellicismo, in grado di parlare al mondo del 2025. Le coordinate del pensiero del cineasta sono specifiche e universali allo stesso tempo fin da quando esso è nato e, dietro il caos apparente, compongono uno schema narrativo di una lucidità disarmante per chiunque lo guardi.