Arriva dalla Turchia Shahmaran: una serie ispirata a racconti e leggende tradizionali che propone una storia d'amore all'insegna del destino e pericoli mortali.
Un progetto, come sarà sottolineato nella nostra recensione, che parte da una premessa affascinante e si perde poi eccessivamente in triangoli sentimentali ed eventi sovrannaturali.
Pur riuscendo a mantenere l'interesse degli spettatori quasi fino alla fine, il nuovo titolo Netflix lascia un po' insoddisfatti a causa di situazioni già viste, sorprese prevedibili e un epilogo poco equilibrato.
La trama di Shahmaran
La storia raccontata in Shahmaran inizia con Sahsu (Serenay Sarikaya), la protagonista, che parte con destinazione Adana per un lavoro come docente e decide di incontrare il nonno, che aveva abbandonato sua madre molti anni prima senza un apparente motivo.
La giovane si ritrova così alle prese con una comunità misteriosa chiamata Mar, discendente di Shahmaran, creatura sovrannaturale in cui crede e che considera un simbolo di amore e saggezza. I Mar sono da tempo in attesa del verificarsi di una profezia che potrebbe essere legata all'arrivo di Sahsu. A complicare la situazione è inoltre l'incontro con l'affascinante Maran (Burak Deniz).
Una premessa affascinante
Modificando alcuni dettagli di un racconto diffuso in Medio Oriente, la serie sfrutta la leggenda di una creatura metà donna e metà serpente per proporre un intreccio all'insegna di un amore ostacolato dagli eventi. Nella comunità di Mar, inoltre, ci sono tensioni e lotte che hanno delle conseguenze sui personaggi.
Prima di conoscere tutti, o quasi, i dettagli della leggenda bisogna però attendere il season finale della serie e questo dettaglio, soprattutto all'inizio, rallenta eccessivamente la narrazione che passa, non senza qualche difficoltà, dalla dimensione "umana" a quella "sovrannaturale". Il problema principale di Shahmaran è però la mancanza di originalità nella gestione di un'idea, quella dell'amore tra "specie" diverse ostacolato dal destino e da avversari non per forza umani, a lungo usata nella letteratura, nel cinema e nelle serie tv.
La famiglia di Maran sembra così una versione alternativa dei Cullen, con i membri dotati di diversi poteri, capaci di muoversi indisturbati nel mondo, e in costante attesa di eventuali sviluppi nella storia d'amore con Sahsu. Le interazioni della coppia in mezzo alla natura non possono che far ricordare quelle tra Edward e Bella nella foresta di Forks e il brusco passaggio da giovane indipendente a innamorata quasi irrazionale è una situazione vista e rivista.
I problemi nella costruzione della narrazione
Risulta poi quasi incomprensibile la scelta di spiegare la leggenda fonte di ispirazione per lo show nelle battute finali: il fascino del racconto, in cui il tradimento ha un ruolo centrale, avrebbe forse contribuito a non far diminuire l'attenzione di fronte alle situazioni stereotipate e prevedibili, lasciando la curiosità di capire chi, nel presente, incarna i vari protagonisti di quell'antico mondo.
Il pilot della serie firmata dal regista Umur Turagay, ben diretto e visivamente ben costruito, sembrava il primo capitolo di un progetto promettente. Sahsu, dalle sue interazioni con il nonno e dalla personalità determinata, sembrava destinata a essere una presenza femminile non banale e il suo legame con l'acqua era una caratteristica intrigante. L'introduzione degli altri personaggi, seppur non particolarmente approfondita, era comunque soddisfacente facendo credere che ci sarebbe stato spazio per un'evoluzione. Maran, con il suo atteggiamento da anima tormentata e il bell'aspetto, non aveva nulla di unico, ma poteva inserirsi senza difficoltà sulla scia di Edward Cullen o dei fratelli Salvatore.
La presenza di un elemento "minaccioso" ancora avvolto del mistero aggiugeva poi quella piccola dose di curiosità necessaria a proseguire la visione.
La storia, purtroppo, sembra sempre sul punto da decollare senza mai farlo e questo porta la visione a risultare più difficile del previsto. I rapporti tra i vari personaggi, da nonno e nipote ai gruppi in opposizione potenzialmente da secoli, restano superficiali e non si evolvono molto nel tempo. Il passato del nonno di Sashu, inoltre, non riesce ad avere l'impatto sperato, e la domanda della protagonista sul motivo per cui l'uomo è stato assente per tutta la sua vita e solo dopo che lei è andata a cercarlo sembra provare interesse per lei, nonostante le scene tra i due siano tra i passaggi meglio riusciti del progetto, è più che giustificata.
Due protagonisti convincenti
In una serie in cui i personaggi secondari restano sempre in ombra rispetto ai due protagonisti, quasi tutto il peso dell'intera struttura narrativa ricade sulle interpretazioni degli interpreti di Sahsu e Maran.
Burak Deniz, pur non avendo a disposizione molto materiale, riesce comunque a mantenere il controllo nella sua rappresentazione di qualcuno che ha più di un segreto e la cui vera natura possiede un lato pericoloso e spaventoso. L'attore sa inoltre, per fortuna, dare a Maran qualche spiraglio di leggerezza e ironia tra tanta oscurità. Gli effetti speciali non particolarmente brillanti non aiutano a rendere convincenti i momenti in cui gli aspetti sovrannaturali della storia del giovane prendono il sopravvento, tuttavia tra un bagno nel lago e una crisi "stagionale" a sorpresa, Maran non entusiasma, ma nemmeno delude, nel suo ruolo nel triangolo (perché, come prevedibile, c'è più di un giovane che sembra poter avvicinarsi sentimentalmente a Sashu) sentimentale al centro della trama.
Serenay Sarikaya è invece molto brava nella sua interpretazione di Sahsu, soprattutto nel rappresentare il modo in cui la vita l'ha indurita e obbligata a nascondere il suo lato più vulnerabile, pur mantenendo una libertà e uno spirito che la portano a ballare, immergersi nella natura e a cercare un proprio equilibrio. Gli sceneggiatori perdono in più di punti di vista le caratteristiche con cui avevano delineato la protagonista nelle prime battute, rendendo complicato all'attrice mantenere la forza con cui l'aveva introdotta al pubblico. Successivamente, più la storia d'amore si evolve più Sarikaya deve fare i conti con script che mostrano Sahsu cedere ai propri sentimenti, anche i più irrazionali. La performance dell'attrice risente così di un calo di qualità e non bastano i passaggi più drammatici, quando emergono dettagli del passato della sua famiglia o la giovane si trova in pericolo, a mantenere costante la qualità della recitazione.
Simboli e immagini che colpiscono
Shahmaran, dal punto di vista visivo è comunque ben costruito sfruttando il simbolismo presente in ogni tassello del mistero. Tra serpenti, flashback, possessioni, fuoco, acqua che purifica e dà vita, e visioni, lo show turco prodotto per Netflix possiede un suo fascino. Con un budget migliore e più
coraggio e originalità in fase di scrittura, la serie avrebbe potuto risultare maggiormente rilevante all'interno delle proposte internazionali della piattaforma di streaming. Al termine del primo gruppo di puntate, che si conclude come fin troppo prevedibile lasciando la storia in sospeso, si rivela invece un'occasione sprecata a metà che non supera mai a pieni voti il difficile compito di giustificare il tempo trascorso davanti allo schermo dagli spettatori.
Conclusioni
La prima stagione di Shahmaran non rispetta le promesse compiute con il primo episodio e, come spiegato nella nostra recensione, dopo un avvio intrigante ben costruito su leggenda, tradizioni e misteri, perde progressivamente il filo della narrazione per rifugiarsi in cliché e svolte prevedibili. La famiglia, elemento che avrebbe dovuto essere ben sviluppato e centrale considerando la struttura dei conflitti presenti e dei rapporti tra personaggi, diventa poi un elemento messo troppo spesso in ombra e poco sviluppato, impedendo alle storie dei personaggi secondari di ottenere spessore. Nonostante la buona prova del cast e il fascino innegabile del folklore a cui si ispira, la serie crolla progressivamente su se stessa, perdendo originalità e credibilità puntata dopo puntata. Le premesse promettenti, tuttavia, lasciano la speranza che in un'eventuale continuazione del racconto ci si allontani da schemi già visti per trovare una propria strada.
Perché ci piace
- Seranay Sarikaya è brava nella sua interpretazione di Sahsu, soprattutto nella prima metà della stagione, e sostiene il peso di una sceneggiatura non sempre brillante.
- La leggenda e le tradizioni utilizzate come fonte di ispirazione sono affascinanti.
- Visivamente gli episodi hanno dei passaggi molto suggestivi e un simbolismo costruito con attenzione.
Cosa non va
- La storia d'amore non possiede delle caratteristiche in grado di renderla unica.
- Il gran numero di personaggi coinvolti nella narrazione non viene sviluppato adeguatamente.
- Il finale propone fin troppe svolte e momenti drammatici, risultando quasi caotico.