Il mare di Taranto, la scomparsa di un'adolescente, l'indagine per ritrovarla e sei donne legate ciascuna a suo modo alla ragazzina che insieme al padre ha fatto perdere le proprie tracce. L'hanno ribattezzata "una storia di riscatto femminile", ma Sei donne - Il mistero di Leila, la serie in onda su Rai Uno per tre prime serate dal 28 febbraio, è molto di più: è mistery, giallo psicologico ed è anche uno spaccato su "sei diverse figure femminili nell'Italia di oggi". Scritta dalla penna sempre scaltra di Ivan Cotroneo e Monica Rametta, che proprio in casa Rai ha già dato vita a tanti altri mondi come quelli de La compagnia del cigno, Tutti pazzi per amore e Mentre ero via, la fiction segna anche il debutto di Vincenzo Marra alla regia televisiva, una scommessa vinta e nata quando i produttori Anastasia Michelagnoli e Beppe Caschetto gli hanno offerto la possibilità di dirigere l'intera serie. È stata la spinta definitiva "perché ho sentito una fiducia e la scommessa di andare oltre l'idea stereotipata di un regista che ha fatto solo cinema. Mi sono aggrappato a questa fiducia per trasformarla in una scommessa positiva per me cercando di apportare del mio".
Mistery e contemporaneità
La storia di Sei donne - Il mistero di Leila è ambientata a Taranto e ruota attorno all'improvvisa sparizione di Leila insieme al patrigno Gregorio (Maurizio Lastrico). A condurre le indagini è il Pubblico Ministero Anna Conti (Maya Sansa): in un via vai di interrogatori, visioni e vissuti personali spesso burrascosi la ricerca della verità non sarà sempre semplice. Così come non sarà facile per Anna districarsi tra le storie delle cinque donne coinvolte dalla scomparsa di Leila (Silvia Dina Pacente): la zia materna della ragazza Michela (Ivana Lotito), chirurga ortopedica, Alessia (Denise Tantucci), l'allenatrice di atletica, Aysha (Cristina Parku), la migliore amica di Leila e Viola (Isabella Ferrari), la vicina di casa. "Sei donne che intrecciano un ventaglio di storie, in cui le verità saranno molteplici, un giallo psicologico", precisa Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction: "Alla base c'è la relazione tra il mondo degli adulti a volte non bellissimo con un tessuto intricato di storie e quello degli adolescenti e dei bambini. E lì scatta un'altra relazione: come fa il mondo dei grandi così doloroso, faticoso e complesso ad aiutare i ragazzi a entrare nel mondo adulto? Come li aiuta?".
Un mistery quindi ma che intercetta le fragilità e le sfaccettature di un universo declinato al femminile: "Ci piaceva raccontare storie e personaggi femminili diversi, ci divertiva l'idea di unire due cose: da un lato una storia di rinascita in senso corale, dall'altro l'elemento del mistero e del giallo", spiega Monica Rametta. E ci sono riusciti grazie ad una scrittura capace di mettere in scena personaggi "molto veri e reali, donne contemporanee con una vita quotidiana in cui tutte quante noi possiamo rispecchiarci". Ogni puntata esplorerà la vita di una delle sei protagoniste per poi ricollegarsi al giallo, alla storia orizzontale con l'ambizione di agganciarla "in maniera molto forte alla contemporaneità e di creare sei ritratti che ci permettessero di raccontare il gender gap e il femminile nel mondo del lavoro e in quello familiare, partendo da figure di donne vere e non come se stessimo scrivendo un trattato", dice Ivan Cotroneo.
Taranto, una città con il mare dentro
La scelta di Taranto? Un'intuizione venuta a Vincenzo Marra subito dopo la lettura del copione: "Il mare doveva essere protagonista e parte integrante del percorso di queste donne. Sono da sempre legato a Taranto, è un luogo che mi è rimasto dentro da quando otto anni fa ci sono andato per i sopralluoghi di un film di denuncia sull'Ilva a cui tenevo moltissimo, e che poi è svanito nel nulla. Taranto è una città bellissima paradossalmente penalizzata dalla presenza del mare, è una città che ha il mare dentro, lo stesso di cui hanno bisogno quelle fabbriche. E ora sono felice che invece una serie Rai possa restituire a Taranto la bellezza che merita. L'ho ripresa con grande amore, cercando di fare binomio tra ciò che mi si chiedeva e le regole di un territorio che sarebbe stato sbagliato provare a cambiare".
La questione femminile
Per interpretare Anna, Maya Sansa ha tormentato suo zio, giudice dei minori a Genova anche se in pensione: "Lo chiamavo spesso per chiedergli: 'Ma questa cosa succede veramente così'?", racconta, "poi una volta certa di essere credibile come Pm sono entrata nel mondo complesso ed emotivo di Anna Conti, una donna dal passato difficile, con un'infanzia dura, che ha perso la madre e con un padre che aveva una dipendenza dall'alcol". Per Anna la ricerca di Leila diventa un'ossessione, il passato riaffiora, ricomincia a bere ed emergono tutte le sue "fragilità e il suo perdersi". "Ha dedicato un'intera vita alla giustizia, è una donna forte e crede nella verità. Dalle donne che incontra forse si aspetterebbe di essere aiutata immediatamente, senza se e senza me, ma sente che c'è una verità non detta e il caso si complica", continua. Cosa le ha lasciato? Sicuramente "determinazione, forza e anche una grande sensibilità" nella quale non esita a riconoscersi perché come lei "sono sempre stata una persona molto emotiva ed empatica. A differenza sua però ho avuto la fortuna di mettere questa sensibilità al servizio del mio lavoro, Anna invece non può farlo". Anche Isabella Ferrari è legatissima alla sua Viola, ma è felice di riconoscersi in tutte loro: "Ciascuna ha delle cicatrici, dei vuoti, delle perdite e delle mancanze, proprio come succede nella vita", rivela: "Le donne sono una fetta importante anche tra gli spettatori e devono potersi riconoscere. Viola è una donna inadeguata con un abisso e una ferita importante, una donna contemporanea che riconosco, vedo, sento e che sono anche io".
Il merito della serie è quindi quello di aver dato voce ad un femminile contemporaneo reale, vero e senza filtri. Sono personaggi dalla mille sfaccettature, pronte a mettersi in discussione come fa Michela, interpretata da Ivana Lotito, una donna "che subisce fortemente la pressione del suo ambiente lavorativo, quando si viene a sapere che è l'amante del primario dell'ospedale in cui lavora i colleghi iniziano a pensare che lei abbia assunto quel ruolo in maniera impropria e che sia stata favorita. Per questo Michela arriverà a mettere in discussione le proprie risorse e capacità. Ma ciò che rende queste protagoniste degne di considerazione è il modo in cui superano le proprie fragilità, cercano sempre di contenere il dramma e andare oltre, provano a capire come poterlo risolvere e essere solidali. A fare differenza è l'empatia e il riconoscimento dell'una nelle vite delle altre".
E sulla questione femminile dicono "siamo sulla buona strada, ma c'è ancora molto da fare". Ne è convinta Sansa per metà iraniana e in questo momento "molto vicina alla rivoluzione delle donne iraniane. E anche se qui viviamo in un contesto democratico e libero, tutti dovremmo esserne coinvolti perché potrebbe cambiare le sorti del pianeta e vorrei che noi donne europee e italiane continuassimo a lottare per la nostra emancipazione e indipendenza anche economica, in Italia la donna viene tutt'oggi pagata meno degli uomini. Non siamo in Iran, ma di cose da sistemare ce ne sono ancora molte".