Cosa resterà di questo Sanremo 2025? Al di là di conferenze stampa trionfanti per gli ascolti, s'intende. Per le canzoni è ancora presto, occorrerà un po' di tempo per capire quali pezzi sono destinati a rimanere nelle nostre playlist, ma da un punto di vista televisivo? Poco, molto poco; quasi niente, a voler essere brutali.
Festival di Sanremo 2025: i momenti salienti
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Quando l'anno prossimo saremo sguardo basso sullo schermo dello smartphone per commentare Sanremo 2026, saranno pochi i momenti di cui ci ricorderemo. Più precisamente: Topo Gigio e Lucio Corsi che cantano Nel blu dipinto di blu, i fischi dell'Ariston per la classifica finale, Carlo Conti che non vede l'ora di infilarsi il pigiama e corre, corre, c-o-r-r-e. Certo, anche la tamarrata di "Tutta l'Italia, tutta l'Italia, tutta l'Italiaaa", ma quella rientra già nel novero delle cose che ricorderemo sì, ma nostro malgrado.
Se poi ci dovesse essere un momento destinato ad entrare nelle teche Rai, uno di quelli da TecheTecheTé per intenderci, sarà solo uno: il duetto di Lucio Corsi con Topo Gigio. La dolcezza del pupazzo di pezza insieme alla poesia del cantastorie è l'unica che, oltre all'esibizione canora, è stata pensata come performance anche visiva.
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Un Festival di ascolti alti e poca passione
È stato un Festival che scorreva secondo scaletta, senza scossoni: si andava avanti, eliminando ogni intralcio che potesse creare una qualsiasi dinamica. Incluse le interazioni con gli artisti stessi. Certo, ci sono stati pure le batterie di Jovanotti fuori dall'Ariston, l'energia di Bianca Balti o il sarcasmo tagliente di Geppi Cucciari a spezzare la banalità, ma si tratta di poca cosa rispetto al dispiego di energie, ma soprattutto la rilevanza, che un evento come Sanremo ha. Perché non occorre nemmeno specificarlo, gli ascolti sono numeri: servono a far gongolare i vertici Rai, ma poco dicono sulla qualità dell'intrattenimento offerto né sulla sua capacità di lasciare qualcosa a chi, pubblico, di quello show è stato fruitore.
Le canzoni stesse sono state specchio di questo andamento pressoché piatto: pochi i brani che colpivano al primo ascolto, gli artisti rimasti nel campo delle storie personali. Un Festival che si è guardato l'ombelico con la scusante socialmente accettabile del "pensiamo alla musica", grazie a cui ha evitato chirurgicamente ogni ingresso del mondo reale nella bolla festivaliera.
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L'intervento di Benigni? Già dimenticato, tanta era la paura del conduttore che uscisse dal seminato. Così, evitando tutto l'evitabile, la 75esima edizione del Festival di Sanremo è arrivata alla fine senza mai appassionarci davvero.
Le proteste dell'Ariston
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L'unico sussulto di vitalità è stato in finale: di fronte alla classifica definitiva, l'Ariston s'è desto a suon di contestazioni e fischi per il settimo posto di Achille Lauro e, ancora di più, per il sesto di Giorgia. Come non pensare al Sanremo 2010, quando un' incredula Antonella Clerici si ritrovava davanti l'orchestra che buttava gli spartiti in segno di protesta? Incredibilmente, la rivolta dell'Ariston ha sancito proprio il momento in cui il mondo reale è entrato al Festival 2025 con il televoto. Anche lì, Carlo Conti non si è lasciato scalfire.
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Sanremo 2026: il ritorno di Carlo Conti
Cosa ci ha lasciato dunque questo Festival di Sanremo? Che l'anno prossimo la direzione artistica è di nuovo di Carlo Conti, mentre la conduzione non è certa.
A proposito: è stato ripetuto in continuazione che i Duran Duran tornavano in Italia a 40 anni dalla prima esibizione, così da conferire l'aura di eccezionalità all'ospitata. Lasciando furbescamente intendere che mancavano dal Festival da 40 anni.
In realtà, erano già venuti nel 2008: proprio al Festival di Sanremo, conduceva Pippo Baudo.