Roma: perché quello di Cuarón e Netflix è il miglior film del 2018

Roma approda su Netflix dopo il Leone d'Oro a Venezia e il successo nelle sale: ecco perché l'intimo memoriale di Alfonso Cuarón è diventato il film-evento del 2018.

Img 8949
Venezia 2018: uno scatto di Alfonso Cuarón al photocall dei premiati

Otto film - otto e mezzo, se consideriamo anche l'episodio dell'opera collettiva Paris, je t'aime - realizzati nell'arco di ventisette anni, a partire dal suo fortunato debutto nel 1991 con Uno per tutte. Non sarà un regista particolarmente prolifico, ma Alfonso Cuarón, classe 1961, è indubbiamente uno dei talenti più multiformi e difficilmente catalogabili del cinema contemporaneo. Perché prima del caso Netflix con Roma, per l'appunto il suo "Otto e mezzo" (una coincidenza quanto mai benaugurante), Cuarón aveva spaziato fra generi completamente differenti, destreggiandosi fra la madrepatria e i grandi studios hollywoodiani.

Dalle trasposizioni letterarie girate negli Stati Uniti negli anni Novanta (La piccola principessa e Paradiso perduto, rivisitazione del dickensiano Grandi speranze) al ritorno in Messico con il racconto di formazione gioiosamente erotico di Y tu mamá también, per poi approdare al timone del franchise più redditizio del nuovo millennio con Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, sperimentare la fantascienza distopica con l'apprezzatissimo I figli degli uomini (dal libro di P.D. James) e fare incetta di Oscar nel 2013 con Gravity, thriller di smisurata ambizione tecnica in cui lo spazio diventava il teatro di una disperata lotta per la sopravvivenza. Un successo travolgente, ma pure un film lontanissimo da quello che, a un lustro di distanza, sta incantando le platee cinematografiche e - a breve - quelle televisive.

Roma: tra Venezia, Netflix e gli Oscar, l'avventura di un film epocale

Roma Set Alfonso Cuaron Yalitza Aparicio
Roma: Alfonso Cuaron e Yalitza Aparicio in una scena del film

Il progetto in assoluto più personale nella carriera di Alfonso Cuarón, che oltre a dirigerlo e produrlo si è occupato anche della sceneggiatura, della fotografia - un sontuoso bianco e nero - e del montaggio (vedi la nostra recensione di Roma, il film si è imposto come l'evento festivaliero (e non solo) di quest'autunno: dal trionfo alla Mostra di Venezia, con un Leone d'Oro a furor di popolo consegnato a Cuarón dall'amico e connazionale Guillermo del Toro, all'accoglienza altrettanto entusiastica in America, dove sta conquistando una valanga di riconoscimenti - incluse tre nomination ai Golden Globe - e si è prenotato un posto in prima fila nella corsa ai prossimi Oscar 2019. E se la vittoria della statuetta per il miglior film straniero appare quasi scontata, Roma potrebbe rivelarsi il favorito pure nelle categorie principali: un caso più unico che raro, e per diversi motivi.

Roma 3
Roma: Yalitza Aparicio in una scena del film

Non soltanto perché stiamo parlando di una pellicola in lingua non inglese e priva di nomi noti nel cast: Roma è pure un film agli antipodi rispetto alle convenzioni hollywoodiane, con un approccio, una sensibilità e un ritmo narrativo decisamente peculiari rispetto ai tipici "titoli da Oscar", e - dato da non sottovalutare - batte la bandiera di Netflix, seguendo dunque un percorso ben distinto da quello di una tradizionale distribuzione nelle sale. Non si tratta della prima volta che Netflix si lancia all'assalto dell'awards season americana (l'anno scorso ci riuscì con Mudbound), ma tra le polemiche infuocate fra Netflix e Cannes, il dibattito mai così acceso sulla dicotomia fra la sala e lo streaming e una riflessione apertissima sulla possibile convivenza di queste due forme di 'fruizione', Roma appare destinato a segnare un punto di non ritorno... per tutto questo, ma pure - è bene ribadirlo - in virtù dei suoi immensi meriti estetici.

Leggi anche: Netflix: da Sulla mia Pelle a Roma, tutti i suoi successi da festival

Cronaca di una giovinezza a Città del Messico

Roma Cast
Roma

Ambientato a Città del Messico all'alba degli anni Settanta, ovvero nel periodo che per Cuarón ha segnato il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, Roma - da Colonia Roma, il nome di uno dei più rinomati quartieri residenziali della capitale messicana - è uno di quei racconti fluviali in cui la storia privata, con una preponderanza per la dimensione memorialistica, si sviluppa all'interno della storia collettiva: quella di un paese e di un popolo in un precario equilibrio tra le spinte riformiste del neo-eletto Presidente Luis Echeverría e le tensioni sociali che esplodono con virulenza in uno dei capitoli più impressionanti del film. Le contraddizioni e le trasformazioni del Messico, tuttavia, in Roma vengono descritte senza la minima traccia di didascalismo: esse, piuttosto, sono connaturate alle esperienze e ai cambiamenti vissuti dai suoi personaggi.

Roma 1
Roma: Marina de Tavira, Marco Graf, Yalitza Aparicio in una scena del film

Antonio e Sofia, interpretati da Fernando Grediaga e Marina de Tavira, appartengono all'alta borghesia messicana: lui è un medico spesso impegnato in viaggi di lavoro, con una villa affidata alle cure di una fidata servitù (l'incipit del film è costituito non a caso dalla lunga sequenza della pulizia di un pavimento) e una fiammante Ford Galaxy custodita nel garage, mentre lei è una casalinga che si divide tra futili passatempi e quattro figli ancora piccoli. Se Antonio è una figura sempre più assente e invisibile e Sofia cela una profonda fragilità, il cuore pulsante dell'opera è costituito invece dalla giovane domestica della famiglia, Cleo (nome che rende omaggio a uno dei miti di Cuarón, la regista Agnès Varda, e al suo Cléo dalle 5 alle 7): un personaggio di assoluto candore, impersonato dalla venticinquenne Yalitza Aparicio.

Leggi anche: Roma, Alfonso Cuarón: "Non giudicate la mia scelta di distribuire il film con Netflix!"

L'emozionante opera mondo di Alfonso Cuarón

Roma Cuaron3
Roma: un'immagine tratta dal film

Ragazza limpida, affettuosa, a tratti drammaticamente ingenua nella propria fiducia verso il prossimo (e infatti non tarderà a farsi sedurre e abbandonare dal fidanzato Fermín), eppure dotata di una forza d'animo silenziosa e incrollabile, Cleo è il baricentro in cui si intersecano sentimenti, frustrazioni e speranze dei vari comprimari del film, in un amalgama tra differenti generazioni e ceti sociali. Un amalgama che troverà la sua sintesi ideale, a partire dal piano visivo, nel momento più intenso e potente di tutto il film, in prossimità dell'epilogo: quello straordinario piano sequenza sulle rive dell'oceano, a cui fa seguito un commosso abbraccio collettivo sulla sabbia, a suggellare un senso di empatia e un umanesimo che trascendono ogni barriera di classe. È la climax magistrale di una pellicola assimilabile alla definizione di opera mondo: per la sua capacità di restituire l'affresco di un'epoca in maniera incredibilmente autentica e sincera, e non solo per la dovizia di dettagli e per l'attenzione al quotidiano.

Roma Cuaron2
Roma: una scena del film

A rendere Roma, senza dubbio il capolavoro di Alfonso Cuarón, un film tanto stupefacente è il modo in cui uno spaccato storico e culturale ben preciso assume una portata universale, trascendendo il contesto di riferimento per parlare a ogni singolo spettatore mediante un linguaggio sommesso ma infallibile. E non si tratta solo del fascino avvolgente della messa in scena, né dell'accuratezza della scrittura o della spontaneità degli interpreti, ma di un'alchimia ancora più rara e, per certi aspetti, quasi miracolosa. Perché Roma è davvero un film di cristallina perfezione: uno di quelli che fin dalla prima visione svelano la statura del classico, ma al contempo non assomigliano a nient'altro... quanto basta a conferirgli un'unicità che, a conti fatti, rappresenta il loro valore più prezioso e irrinunciabile.