La "prima volta" di Johnny To al Festival di Roma (con quello che era stato annunciato come il secondo film a sorpresa di questa edizione) corrisponde anche alla prima volta in cui il regista di Hong Kong gira un film (e lo co-produce) interamente nella Cina continentale. Drug War, ritorno di To alle atmosfere noir che hanno sempre caratterizzato il suo cinema, è anche, indubbiamente, il miglior film del regista da almeno sei anni a questa parte: dopo i consueti progetti "alimentari" (pellicole a tema romantico quali Don't go breaking my Heart e Romancing in Thin Air) e pellicole spurie ma apprezzabili quali Life Without Principle, To ci consegna un tesissimo action thriller, con alcuni momenti adrenalinici da antologia (lo scontro a fuoco finale è un pezzo di grande cinema) ma anche un cinismo di fondo che avvicina, tematicamente, il film alle sue pellicole degli anni d'oro.
Il regista, insieme al collega Wai Ka-Fai (anche qui co-produttore e sceneggiatore) e a parte del cast, ha presentato il film nell'incontro stampa tenutosi all'Auditorium; durante questo, si è parlato anche delle differenze tra la realizzazione di una pellicola del genere ad Hong Kong, piuttosto che nel contesto, tuttora fortemente condizionato dalla censura, della Cina mainland.
Il film tratta il tema della guerra alla droga: come si è approcciato a questo argomento? Johnny To: A Hong Kong ho già fatto moltissimi film di questo tipo. Stavolta io e Wai volevamo affrontare questo tema in Cina, per la differenza nella legislazione: se si traffica in droga, a Hong Kong si va semplicemente in prigione, mentre in Cina si rischia di essere giustiziati. Il nostro scopo era mostrare come i criminali vivono la differenza tra le due realtà.
Si aspettava che il suo film entrasse in concorso al Festival di Roma?Non me l'aspettavo, no. Di solito, io cerco di girare nel miglior modo possibile, senza pensare a i risultati del botteghino o ai possibili premi nei festival.
Questo è il suo primo film girato nella Cina continentale. Com'è stata l'esperienza? Vale la pena di ripeterla?
Tecnicamente, la differenza principale con Hong Kong è che da noi non c'è bisogno di passare per la censura. Comunque, ogni paese ha il suo modo di fare le cose, e posso accettare anche che ci sia la censura. L'altra differenza è quella delle pistole finte: in Cina non sono fatte così bene come a Hong Kong! Ho dovuto girare cercando di mascherare la cosa. Spero comunque che questa esperienza mi aiuti per i prossimi film che girerò lì.
L'argomento della droga, in Cina, viene affrontato di frequente? Come viene considerato lì questo tema?
Non so se il mio film sia l'unico che parli di droga, e sinceramente non so bene come il pubblico cinese veda questi problemi. E' un problema che cresce in tutto il mondo, non è limitato a un paese: io volevo affrontare, principalmente, il tema della mancanza di coscienza di chi traffica in droghe.
Wallace Chung: E' stata un'esperienza intensa: le scene erano forti, l'ambiente sembrava davvero quello mafioso, gli scontri automobilistici molto realistici.
Louis Koo: Droga in cinese vuol dire anche veleno. E' un veleno, quindi, una cosa che crea dipendenza: spero sia stato così anche questo film, per i giornalisti. E' un onore avervi partecipato.
To, come vede, in questo momento, il genere noir? Cosa la affascina di più di questo tipo di film? Johnny To: In realtà, io non so di preciso cosa sia il film noir: non ho mai studiato la teoria del cinema, ma ho guardato fin da piccolo tantissimi film, e la maggior parte erano di questo genere. Crescendo, ho cominciato a fare film per me, e solo dopo ho scoperto cosa fosse davvero il genere. Credo che in qualsiasi paese ci sia uno spazio per questo tipo di film, anche se non si può dire di preciso cosa sarà del genere nel futuro: d'altronde, non posso dire con sicurezza neanche quale sarà la mia strada.
Il suo stile qui è più asciutto, essenziale, rispetto ad altri suoi film. C'è un clima plumbeo, e un finale simile a quello di Expect the Unexpected. C'è una correlazione tra i due film, e la guerra alla droga è solo un aspetto di una visione più ampia? Wai Ka-Fai: Non c'è un rapporto diretto con Expect the Unexpected, ma il punto può essere in parte lo stesso: le polizie che lottano contro la droga non si stancano mai, sono sempre molto coscienti di ciò che fanno.Johnny To: Aggiungo che c'è un'altra differenza tra i due film: qui volevamo soprattutto mostrare che chi traffica in droga non ha coscienza, e che molte persone muoiono per colpa sua.
Quando gira un film, segue o no la sceneggiatura in modo ferreo?
E' una domanda che mi è stata fatta molte volte. Per me, la sceneggiatura esiste solo dopo che il film è finito: prima, in realtà, non c'è mai una sceneggiatura pronta. Quando lavoro con Wai c'è già un po' più di ordine, ma quando faccio un film da solo, si può dire che non so cosa giro finché il film non è finito. Non so dire se sia pigrizia, o bisogno di trarre ispirazione dall'improvvisazione.