I bambini che vedono un film di Rocky per la prima volta si chiedono se esista davvero. Il pubblico che assiste a un film della saga in sala lo fa come se fosse a bordo ring, tifando e applaudendo. Rocky Balboa, a Philadelphia, ha una statua in suo onore, come di solito accade ai veri sportivi. Anche assistendo a Creed 2, il film che, con un altro protagonista, continua la saga di Rocky, in uscita al cinema dal 24 gennaio, in proiezione stampa abbiamo sentito degli applausi.
Non è difficile capire che una delle ragioni del successo della saga ideata da Sylvester Stallone sia il suo realismo e quel senso di verità che accompagna i personaggi. E, andando a ripercorrere la storia di Rocky Balboa, sono veramente tanti i momenti in cui storie vere e finzione si intrecciano. Per citare Ligabue, possiamo dire che la saga di Rocky si svolge "tra ring e realtà".
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Muhammad Ali e Joe Frazier, Rocky nasce anche da loro
Tutto nasce da un incontro, del 24 marzo del 1975, a cui assiste Sylvester Stallone. Di fronte a lui ci sono Muhammad Ali, il campione, una leggenda della boxe, e il carneade Chuck Wepner. L'incontro era organizzato da Don King, promoter che avremmo imparato a conoscere negli anni Ottanta come organizzatore degli incontri di Mike Tyson. Quell'incontro passò alla storia per la vittoria di Ali, ma soprattutto per le grandi difficoltà che ebbe il campione, finito anche al tappeto alla nona ripresa. KO finì poi invece Wepner, ma solo al quindicesimo e ultima round. Stallone rimase così colpito da questa storia da scrivere una sceneggiatura in tre giorni. Se la storia prende spunto da quella di Wepner, il nome di Balboa è quello di un grande pugile, Rocky Marciano, campione del mondo dei pesi massimi dal 1952 al 1956. E nel primo Rocky, del 1976, sentiamo Mickey, che vede un poster di Marciano nella casa di Balboa, dire a Rocky che il suo modo di boxare gli ricorda il grande campione.
È evidente che l'Apollo Creed che vediamo in scena, interpretato da Carl Weathers, sia ispirato a Muhammad Ali: bello, elegante, veloce, di successo. Ma il vero Ali non è legato alla saga di Rocky solo per questo: il grande pugile è anche salito sul palco insieme a Stallone in occasione della notte degli Oscar del 1977, dove Rocky è stato premiato, e ha improvvisato un breve scambio di colpi con lui. Ma nella nascita del mito di Balboa è coinvolto un altro famoso boxeur dell'epoca: è Joe Frazier, che appare sul ring poco prima del match Creed - Balboa, ed è uno dei pugili che hanno combattuto con Apollo. In realtà Frazier è stato un rivale di Muhammad Ali, e i loro match sono rimasti nella storia. Frazier è stato di ispirazione anche per i suoi metodi di allenamento: la corsa su per la scalinata, i pugni dati alla carne sono farina del suo sacco, e sono entrati dritti nella leggenda di Rocky. Anche per questo Frazier non è citato nel film. Il caso di George Foreman che, nel 1994, a 45 anni, tornò sul ring per riconquistare il titolo mondiale, sarà invece di ispirazione per Rocky Balboa.
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Sylvester Stallone e Rocky, un rapporto simbiotico
E fin qui parliamo di un rapporto naturale, quello tra la boxe sul set e quella sui ring. Ma nella saga di Rocky realtà e finzione si intrecciano, rendendo tutto così intenso, anche perché è la vita stessa di Sylvester Stallone a finire in scena. Il parallelo tra lo Sly di metà anni Settanta e il suo personaggio più amato è evidente: lui era un attore che faticava a sfondare e Rocky un pugile che ormai sembrava aver dato il meglio, senza poter più raggiungere fama e successo. Fortunatamente Stallone modificò la sceneggiatura originaria, che voleva il pugile di Philadelphia come un personaggio cupo, sgradevole, un antieroe, e rendendolo così più simile a lui. Ma la storia personale di Stallone torna più volte nella costruzione delle vicende di Rocky: Rocky II (dopo aver scartato ipotesi di sceneggiatura che prevedevano il suo ingresso in politica o una sfida a Creed al Colosseo...) nasce da un tema da lui molto sentito, quell'oblio che ricopre i personaggi famosi con una velocità difficile da immaginare. Dopo il successo di Rocky, infatti, Stallone collezionò una serie di insuccessi, come Taverna Paradiso e F.I.S.T., e la sua storia si riflette in quella di Balboa, dimenticato dopo pochi mesi di distanza dal match con Drago.
Ma possiamo ritrovare la sua storia personale anche in Rocky III - che parla di appagamento da successo - e soprattutto in Rocky Balboa, sesto film della saga. Stallone era in crisi di popolarità e veniva da un periodo di inattività: era alla ricerca di nuovi stimoli, di "qualcosa per cui combattere". E così pensò di far vivere la stessa situazione anche al suo Rocky. A proposito di Rocky III, c'è dentro anche un po' del vissuto di Mr. T, l'attore che interpreta Clubber Lang, l'avversario del film: da giovane era davvero molto povero e non poteva permettersi grandi macchinari per allenarsi, così faceva con quello che trovava sottomano. Gli allenamenti di Lang che vediamo nel film nascono da lì.
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Stallone, Carl Weathers e Dolph Lundgren: se i pugni e il dolore sono veri
È evidente quindi come Sylvester Stallone si sia gettato anima e corpo nei film di Rocky, tirando fuori tutto, come se stesse girando la sua storia. Ma l'espressione anima e corpo va presa alla lettera: se l'anima è evidente, perché dentro Rocky c'è Stallone, anche il corpo non è rimasto fuori dalla storia di Rocky. Stallone ha dato tutto anche a livello fisico, tanto da aver subito vari infortuni nel corso degli anni. Il primo è stato sul set di Rocky II, e ha anche mosso la storia verso una direzione ben precisa. Poco prima di girare una scena, infatti, un peso da cento chili cadde sul petto di Stallone, causandogli uno strappo al muscolo pettorale destro, che venne ricucito con un filo di nylon: ecco perché le vene, in alcune scena, sono più evidenti. Per questo, Rocky in Rocky II combatte con la mano destra, mentre è un mancino: la sceneggiatura è stata modificata in questo senso.
E poi c'è stato il set di Rocky IV, diventato ormai leggenda: Dolph Lundgren era stato scelto da Stallone nel ruolo di Ivan Drago, perché era bello, evocativo di un atleta tipo dell'Est Europa, ma soprattutto perché sapeva combattere. Così bene che le prime scene del combattimento tra Rocky e Drago sono molto... realistiche. Stallone aveva chiesto a Lundgren di colpirlo veramente per rendere tutto più efficace: un colpo al torace mandò Stallone all'ospedale, in terapia intensiva, per otto giorni. Secondo Sly, Lundgren avrebbe avuto tutte le carte in regola per fare il pugile professionista. Chi invece non aveva proprio richiesto a Lundgren quei pugni era Carl Weathers, sullo schermo Apollo Creed: pare che l'attore svedese lo abbia colpito così duramente da mandarlo più volte contro l'angolo, tanto da fargli prendere la decisione di abbandonare il set. Stallone mise tutto a posto. Sly si dovette fermare anche una decina di giorni dopo che, nella famosa scena dell'allenamento in Russia (in realtà girato in Wyoming) in cui tira la slitta sentì un dolore al petto, dovuto a una contusione a un muscolo cardiaco. Ai tempi di Rocky Balboa, poi, Stallone aveva anche un'età: e si ruppe le dita delle mani e dei piedi durante un allenamento, e subì una lieve frattura anche durante l'incontro finale del film.
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Rocky Balboa: un monumento alla boxe
I continui combattimenti hanno lasciato un segno anche sul corpo di Sylvester Stallone. Un corpo scultoreo, costruito in anni di allenamenti e perfetto per il ruolo. Un corpo che è diventato davvero una scultura. La statua di Rocky presente a Philadelphia, che rivediamo per un attimo anche in Creed II, esiste davvero. Ed è un caso più unico che raro, visto che di solito i monumenti si ergono per sportivi realmente esistiti. La statua in bronzo era stata in realtà commissionata dallo stesso Stallone allo scultore Thomas Schomberg per esigenze di scena: doveva apparire in Rocky III per consacrare il successo del pugile. Alta due metri e sessanta centimetri, era stata posizionata in cima alla scalinata del Museum of Art di Philadelphia, centro di una delle sequenze più famose della saga. Dopo le riprese Stallone aveva deciso di donarla alla città di Philadelphia, ma dopo le proteste dei critici, che la ritenevano non un'opera d'arte ma un semplice elemento scenico, e quindi non degna di stare davanti a un museo, fu deciso di spostarla davanti allo Spectrum, arena di Philadelphia dedicata al basket e alla boxe, più volte scenario dei film. È stata spostata più volte in cima alla scalinata (per i film Rocky V, Mannequin e Philadelphia) e riportata varie volte avanti e indietro tra Spectrum e il museo.
A proposito di palazzetti, per Rocky Balboa Stallone ha utilizzato come set per il combattimento tra il protagonista e Mason "The Line" Dixon, lo scenario di un vero incontro: in quei giorni, a Las Vegas, al Mandalay Bay Resort and Casino, andava in scena l'incontro tra Bernard Hopkins e Germaine Taylor: Stallone anticipò le riprese di due settimane per poter girare prima dell'incontro, e in questo modo poté filmare in un palazzetto esaurito in ogni ordine di posti e far entrare in scena Rocky tra la folla urlante. A proposito, ogni volta che si gira a Philadelphia, si forma sempre una folla numerosa, rispettosa delle riprese, ma molto appassionata: una folla che urla "Rocky! Rocky!", come se, davvero, il protagonista fosse un essere vivente.
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Storie di pugili, di padri e figli
Come avrete capito, man mano che la saga è proseguita, Stallone ha cercato sempre più di portare sul set veri pugili. I due campioni di boxe al centro di Rocky V, ad esempio, sono dei veri atleti: Tommy Gunn è Tommy Morrison, che sarebbe diventato campione del mondo dei pesi massimi WBO nel 1993, prima di scomparire prematuramente. Anche Union Cane è interpretato da un vero pugile, Michael Williams. In Rocky Balboa Mason Dixon è interpretato da un vero pugile, Antonio Tarver, allora campione dei mediomassimi che, per entrare nei panni di un massimo dovette prendere 10 chili. In scena appare anche Mike Tyson nei panni di se stesso. Per rendere tutto più realistico, anche i commentatori e lo speaker sul ring sono veri: Jim Lampley, Larry Merchant e Max Kellerman e Michael Buffer.
Anche uno dei protagonisti di Creed II è un vero pugile, anche se non viene da una carriera di primo piano: nei panni, e nei muscoli, di Viktor Drago c'è Florian Munteanu, proveniente dalla Germania, un metro e 93 per 106 chili. Il figlio di Rocky, come in Rocky Balboa, è ancora Milo Ventimiglia. In Rocky V era stato interpretato da Sage Stallone, il vero figlio di Sly, scomparso tragicamente nel 2012. Proprio per questo inizialmente Stallone non voleva recitare in Creed - Nato per combattere, una storia di padri e figli, ma poi ha pensato che girare quel film sarebbe stato il modo migliore per rendergli omaggio. Un altro aspetto che ci conferma come quella di Rocky e Creed sia una saga così amata proprio perché è così vera.