Il 2 ottobre arriva su Rai 2 Rocco Schiavone 3, la serie con protagonista Marco Giallini tratta dai romanzi di Antonio Manzini. Rocco Schiavone è un prodotto fortemente riconoscibile, che sta a metà tra la classica fiction Rai e le serie internazionali con profondità e complessità di trama. È il più riuscito tra i tentativi della tv pubblica di accaparrarsi i consensi di un pubblico abituato a guardare serie. Non è un caso che questa fiction abbia riscosso un discreto successo anche all'estero, soprattutto in Francia, perché quest'antieroe scontroso che sembra faticare più degli altri a vivere è un personaggio in linea con un certo tipo di narrazione di genere ormai consolidato. In questa recensione di Rocco Schiavone 3, prima puntata vedremo come siano stati ripresi alcuni nodi focali lasciati in sospeso e come nuovi elementi siano stati inseriti.
Marco Giallini, una bestemmia sulla cover di una rivista tedesca per Rocco Schiavone
La prima 'rottura' della terza stagione
Dopo il tradimento di Carolina e l'arresto di Sebastiano, lo spleen del vice questore di Aosta arriva ai massimi storici. Ha difficoltà a stare in mezzo agli altri, e allora si dà per malato e si chiude in casa. La vita va avanti, il primo episodio di questa stagione, vedrà quindi Schiavone dirigere tutto dal proprio divano, con pigiama e plaid. Già questa è una piacevole soluzione che conferisce un inedito tocco a una narrazione che, come spesso succede ai prodotti puramente di genere, tende un po' a ripetere gli stessi schemi. Il caso da risolvere riguarda il corpo di un ex prete trovato morto nella sua villetta di montagna. A un primo sguardo sembra un incidente domestico, ma basteranno alcuni particolari per rendersi conto che si è trattato di omicidio, e che le "rotture di coglioni" stanno ricominciando.
Nuove storie, vecchi guai
La trama verticale di questo primo episodio di Rocco Schiavone 3 si cala ovviamente nel più ampio contesto che si è costruito nelle due passate stagioni. E allora, con Sebastiano (Francesco Acquaroli) agli arresti domiciliari, e gli amici fraterni Brizio (Tullio Sorrentino) e Furio (Mirko Frezza) diffidenti per i fatti avvenuti nel finale della seconda stagione, la distanza tra Aosta e Roma sembra persino oceanica, con Rocco che fatica ad avere una comunicazione diretta con la sua città. Nel frattempo Caterina (Claudia Vismara) abbandona Aosta, con Schiavone e Italo (Ernesto D'Argenio) apparentemente impassibili ma evidentemente scossi. Si aggiunge al cast la giornalista Sandra Bucellato, interpretata da Valeria Solarino, la cui figura, nel primo episodio è solo accennata, ma che ha tutte le caratteristiche per prendersi una buona fetta di spazio, più avanti.
Rimangono, ovviamente, le gag che vedono protagonisti gli altri componenti della squadra di polizia capitanata da Schiavone. Sono proprio queste "scenette" a confermarsi la parte più debole della serie, perché ancorano il prodotto a una poetica nazional popolare eccessivamente macchiettistica e provinciale. Non che in una serie del genere non si debba ridere, ma farlo seguendo così pedissequamente uno dei canoni iper abusati della commedia all'italiana, ovvero l'utilizzo di quanti più dialetti e inflessioni possibili, toglie potenza alla spinta internazionale che la serie tenta di perseguire. Toglie anche personalità, perché Rocco Schiavone si tiene spesso a una buona distanza di sicurezza da Montalbano, il prodotto più importante della storia recente della fiction Rai. Però, proprio in questi passaggi che ricordano quelli di Catarella, sembra di vedere più una variazione sul tema che un'inedita soluzione di fare crime.
Conclusioni
Rocco Schiavone rimane l’esempio più lucente di un tentativo da parte della Rai di accattivarsi quella fetta di pubblico abituata a vedere serie prodotte da grandi emittenti internazionali come HBO o Sky, o da player come Netflix e Amazon Prime Video. Il risultato, come abbiamo analizzato in questa recensione di Rocco Schiavone 3, prima puntata, rimane molto buono, con Giallini che è ormai tutt’uno con il suo personaggio, e una fotografia dai toni sempre più cupi e grigi. Certo alcune problematiche continuano a trascinarsi, ma Rocco Schiavone rimane comunque, saldamente, la miglior serie Rai di genere tra quelle recenti, l’unica in cui il timore di forzare un po’ la mano su alcuni argomenti e situazioni non prende il sopravvento sul noiosissimo buonsenso.
Perché ci piace
- Giallini continua a essere perfetto nel ruolo.
- La fotografia e la cura della regia differenziano questa serie da gran parte delle altre produzioni Rai.
Cosa non va
- Il livello recitativo degli attori di secondo o terzo piano è spesso insufficiente.
- L’ironia macchiettistica di alcune situazioni risulta forzata.