Robert De Niro in Taxi Driver è la maschera tragica dell’alienazione urbana

Torna al cinema il leggendario capolavoro di Martin Scorsese del 1976: una progressiva discesa nella follia di Travis Bickle, antieroe interpretato da un raggelante Robert De Niro.

Robert De Niro in Taxi Driver

La solitudine mi ha perseguitato per tutta la vita. Dappertutto: nei bar, in macchina, per la strada, nei negozi, dappertutto. Non c'è scampo: sono nato per essere solo.

Dai finestrini del suo taxi giallo, lo sguardo di Travis Bickle serpeggia tra gli anfratti della giungla metropolitana, in quell'oscurità rischiarata dalle luci dei lampioni e delle vetrine. Alle inquadrature dei passanti, spesso rappresentati in ralenti come frammenti della notte newyorkese, fa da controcampo il volto di Robert De Niro: i primi piani frontali o di profilo dell'attore costituiscono uno degli elementi ricorrenti di Taxi Driver, nel segno di un'aderenza sempre più marcata fra la prospettiva del protagonista e quella di noi spettatori. Del resto, la città livida e fumosa dipinta in Taxi Driver, con l'immondizia ammonticchiata sui marciapiedi, è la sua New York: un luogo sospeso fra realtà e incubo, filtrato dal punto di vista di un personaggio invaso dal disgusto e in attesa di un nuovo diluvio universale.

Robert De Niro e il sodalizio con Martin Scorsese

Taxi Driver: l'attore Robert De Niro
Taxi Driver: l'attore Robert De Niro

Girato a basso costo dal trentatreenne Martin Scorsese, sull'onda del successo di Alice non abita più qui, Taxi Driver fa il suo esordio nelle sale americane il 9 febbraio 1976 e tre mesi più tardi approda in concorso al Festival di Cannes, aggiudicandosi una meritatissima Palma d'Oro ed entrando nel novero delle opere-simbolo della New Hollywood. Per tutto il decennio precedente, i nuovi autori del cinema americano avevano dato voce a un malessere al contempo individuale e collettivo, in cui si riflettevano i cupi umori e lo sfibrante senso di disillusione di un paese costretto a prendere atto della propria "perdita dell'innocenza". E Taxi Driver si inserisce perfettamente in questo alveo, permettendo a Robert De Niro di dar vita a uno degli antieroi più memorabili mai comparsi sul grande schermo.

Scorsese Deniro
Martin Scorsese e Robert De Niro in un'immagine dal set

Nato a New York nel 1943 da una coppia di artisti di discendenza europea, discepolo di Lee Strasberg e Stella Adler negli anni in cui studiava recitazione, dopo un paio di ingaggi come comparsa Robert De Niro debutta al cinema nel 1968 in una piccola produzione diretta da Brian De Palma, Ciao America!, e di lì a poco nel suo sequel, Hi, Mom!. Nel 1973 dà inizio al sodalizio con Martin Scorsese grazie a Mean Streets, film avviato a diventare un cult e che sancirà il primo, vero capitolo dell'ascesa tanto del suo regista, quanto del suo interprete, avviato a una fulminea consacrazione: nel 1974 a De Niro viene affidato da Francis Ford Coppola il ruolo di un giovane don Vito Corleone ne Il Padrino, parte II, che gli varrà il premio Oscar come miglior attore supporter, e un anno più tardi si reca in Italia per le riprese del kolossal storico Novecento di Bernardo Bertolucci.

Sulle strade di New York con Robert De Niro: i 40 anni di Taxi Driver Sulle strade di New York con Robert De Niro: i 40 anni di Taxi Driver

Travis Bickle, il tassista di notte

Taxi Driver Deniro
Taxi Driver: un'immagine di Robert De Niro

Insomma, il talento dell'attore è già comprovato quando Scorsese lo richiama per Taxi Driver, frutto di un copione in cui lo sceneggiatore Paul Schrader riversa suggestioni e inquietudini che caratterizzeranno molti suoi film a venire, inclusi quelli che lo vedranno impegnato anche dietro la macchina da presa (incluso Hardcore, del 1979, che presenta diversi punti in comune con il capolavoro del 1976). Ventiseienne reduce dal Vietnam, sebbene lo script scelga di non fare ulteriori riferimenti alla sua esperienza in guerra, Travis Bickle incarna appieno l'alienazione di un uomo il quale desidera ardentemente trovare un senso di appartenenza, potersi riconoscere in una 'ordinarietà' che invece sembra invece essergli preclusa. Un uomo in preda all'insonnia, che sceglie di trascorrere le notti guidando un taxi lungo le strade di New York perché "i giorni sono interminabili, non finiscono mai".

Taxi Driver
Taxi Driver: Cybill Shepherd e Robert De Niro

Se la voce narrante di Travis ci riporta le sue frustrazioni e ossessioni, è significativa la compostezza, perlomeno apparente, nel tono e ancor più nelle espressioni dell'uomo. È una scelta, quella operata da Robert De Niro, per certi versi complementare alla performance di Jack Nicholson in Qualcuno volò sul nido del cuculo, uscito con neppure tre mesi di anticipo sul film di Martin Scorsese. Nel dramma di Milos Forman, l'istrionismo di Nicholson e il feroce sarcasmo del suo Randle McMurphy fungevano da veicoli per un ribellismo mascherato dietro una presunta 'follia', in una smaccata non aderenza alla norma. Travis, al contrario, desidera più di ogni cosa sentirsi 'normale', entrare in relazione con gli altri; "Io ho sempre sentito il bisogno di avere uno scopo nella vita", dichiara in voice over, mentre la ricerca di uno scopo lo conduce sempre più in profondità verso l'abisso.

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Il ritratto di una sanguinaria follia

Taxi Driver
Robert De Niro nel ruolo di Travis Bickle

Si tratta però di una discesa graduale, tanto più impercettibile quanto più Travis agisce con disinvoltura: una disinvoltura a tratti straniante, come quella esibita quando per il loro primo appuntamento porta l'angelica Betsy di Cybill Shepherd in un cinema porno, o quando fredda un rapinatore all'interno di un negozio con un colpo di pistola. Ma questa interpretazione 'dimessa', talvolta addirittura sotto le righe, assume tinte quanto mai angosciose proprio laddove, di colpo, la rabbia repressa emerge in maniera lampante: il celeberrimo monologo "Ma dici a me?" pronunciato da De Niro davanti allo specchio, con la pistola puntata contro il proprio riflesso, in una scena emblematica della sua schizofrenia; e l'improvvisa metamorfosi in una "macchina di morte" come ai tempi del Vietnam, con il giubbetto militare, la testa rasata e l'acconciatura in stile mohawk.

Robert De Niro in Taxi Driver
Robert De Niro in Taxi Driver

Accolto con diffuso entusiasmo, a dispetto della crudezza del racconto e di quell'epilogo sanguinario e scioccante, Taxi Driver si impone fin da subito come una pietra miliare del cinema degli anni Settanta, ma la cui influenza resta solidissima perfino a mezzo secolo di distanza. Robert De Niro verrà candidato all'Oscar come miglior attore, premio attribuito postumo a Peter Finch per il ruolo di Howard Beale, il delirante anchor-man di Quinto potere di Sidney Lumet: un altro ritratto, seppur diversissimo, di una follia come tratto distintivo di un'America ormai priva di punti di riferimento. Un'America di cui un film come Taxi Driver, grazie al suo straordinario protagonista, ha saputo esplorare in maniera eccezionalmente vivida il lato oscuro e i demoni senza nome.