Ci sono attori ai quali, per entrare negli annali del cinema, basta un singolo ruolo. A dispetto di carriere lunghissime, di grandi successi, di filmografie che superano perfino i cento titoli. A Omar Sharif, per esempio, sarebbe stato sufficiente lui, Yuri Zivago, travolto da un amore impossibile per la bellissima Lara Antipova, per essere ricordato anche mezzo secolo dopo l'uscita de Il dottor Zivago (ancora oggi, nella classifica dei dieci film più visti di tutti i tempi).
Ma per sua fortuna, non c'era solo Yuri Zivago nel curriculum di Omar Sharif, che ci ha lasciato oggi, a El Cairo, a ottantatré anni di età, in seguito a un arresto cardiaco. Nel corso di una carriera pluridecennale Michel Demitri Shalhoub (questo il suo vero nome), sangue libanese e siriano, ma egiziano di nascita e d'adozione, aveva collezionato infatti tante altre pellicole: alcune apprezzatissime, altre interpretate per semplice timidezza dopo il trasferimento a Hollywood (e per timore di dire di no alla Columbia Pictures), altre ancora accettate solo per pagarsi i debiti di gioco; almeno fin quando, stanco di dover lavorare per 'mantenersi', Sharif non aveva deciso di rinunciare al gioco d'azzardo, guadagnando così la possibilità di dedicarsi solo ai progetti a cui teneva davvero.
E se è innegabile che, per ammissione dello stesso Omar Sharif, parte del suo percorso professionale è stata legata a motivazioni economiche, scorrendo l'elenco dei film a cui aveva lavorato non mancano tuttavia alcuni veri e propri classici, così come opere più sofisticate. Perciò, quale modo migliore di ricordare l'attore egiziano se non attraverso i personaggi più celebri e i titoli più significativi di una carriera durata quasi sessant'anni? Di seguito, riscopriamo dunque cinque ruoli simbolo di colui che è stato senza dubbio uno dei divi più affascinanti del grande schermo...
Nel deserto con Lawrence d'Arabia
Di rado una "entrata in scena" è stata tanto suggestiva e maestosa quanto quella di Omar Sharif in Lawrence d'Arabia: l'ingresso del suo personaggio, lo Sharif Ali ibn al-Kharish, ma allo stesso tempo anche l'ingresso di Sharif nel cinema internazionale, dopo essere già diventato una star in Egitto grazie a una serie di produzioni locali. All'inizio, agli occhi dell'ufficiale Thomas Edward Lawrence, si tratta appena di una minuscola sagoma in lontananza nel deserto, sulla linea dell'orizzonte: una sagoma che si avvicina a poco a poco, fino ad assumere i contorni di una figura ammantata di nero in sella ad un cammello. Tafas, il beduino che accompagna Lawrence, prova ad estrarre una pistola, ma viene freddato da un colpo di fucile; in silenzio, il cavaliere dal mantello nero scende dal cammello, si scopre il volto e, rivolgendosi a Lawrence, dichiara "Questa è la mia proprietà", per poi dargli il benvenuto.
Diretto nel 1962 dal regista inglese David Lean, basandosi sugli appunti di viaggio di T.E. Lawrence, Lawrence d'Arabia è considerato ancora oggi uno dei massimi kolossal storici mai realizzati: uno straordinario affresco in cui si fondono biografia ed epica, ricompensato all'epoca da uno spettacolare successo di pubblico e dalla vittoria di sette premi Oscar, tra cui miglior film e regia. Omar Sharif, al suo primo ingaggio in una pellicola in lingua inglese, lasciò il segno nel ruolo dello Sharif arabo che, dopo un primo approccio non troppo rassicurante, stringerà una fraterna amicizia con l'avventuriero impersonato da un memorabile Peter O'Toole. All'interno di un cast ricchissimo che comprendeva anche Alec Guinness, Anthony Quinn, José Ferrer e Claude Rains, Sharif ottenne il Golden Globe come miglior attore supporter (oltre a un trofeo speciale come miglior attore emergente) e la nomination all'Oscar, e sul set strinse una duratura amicizia con l'irlandese O'Toole, il quale l'aveva soprannominato Freddy (perché, spiegava O'Toole, "Nessuno potrebbe mai chiamarsi Omar Sharif!").
Dalla Russia con amore: Il dottor Zivago
È ancora David Lean, tre anni più tardi, a regalare ad Omar Sharif il ruolo che lo avrebbe consacrato per sempre fra i volti indelebili del cinema mondiale: quello del protagonista de Il dottor Zivago, sontuosa trasposizione dell'omonimo romanzo dello scrittore Boris Pasternak, bandito in Unione Sovietica per la sua controversa cronaca della Rivoluzione Russa. Co-produzione fra Gran Bretagna e Stati Uniti, girato prevalentemente in Spagna con un budget di undici milioni di dollari e presentato in concorso al Festival di Cannes 1965, Il dottor Zivago commosse il pubblico di tutto il mondo grazie alla malinconica storia d'amore fra Yuri Zivago, un giovane specializzando in medicina di stanza a Mosca alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, e Lara Antipova (Julie Christie), una ragazza di modestra estrazione sociale, che si fa mantenere dal ricco Victor Komarovsky (Rod Steiger), ma ricambierà il sentimento di Zivago.
Accompagnato dalle splendide musiche di Maurice Jarre (chi non ricorda il celeberrimo Tema di Lara?) e ambientato nella cornice di paesaggi ammantati di neve, Il dottor Zivago rappresenta il prototipo del kolossal romantico: tre ore e venti minuti di durata, un formidabile amalgama fra toni epici e momenti più intimi e soprattutto l'alchimia fra Omar Sharif e Julie Christie, nei ruoli dei due amanti clandestini in lotta contro la storia, ma anche contro le convenzioni sociali - Zivago, infatti, è già sposato con Tonja Gromekova (Geraldine Chaplin). Ingredienti che hanno permesso alla pellicola di Lean di diventare uno dei massimi successi mai registrati: all'epoca della sua uscita, Il dottor Zivago divenne il quarto film più visto di sempre in Nord America (circa centoventi milioni di spettatori) dopo Via col vento, Tutti insieme appassionatamente (distribuito pochi mesi prima) e I dieci comandamenti, mentre attualmente si trova all'ottavo posto. Il kolossal di Lean vinse inoltre cinque premi Oscar, ma Sharif, pur essendosi aggiudicato il Golden Globe come miglior attore, venne snobbato a sorpresa dall'Academy, che gli negò una seconda e quasi scontata nomination.
Assassinio a Varsavia: La notte dei generali
Cinque anni dopo aver condiviso la scena nel classico Lawrence d'Arabia, Omar Sharif e Peter O'Toole si ritrovarono a collaborare ancora una volta sul set di uno dei più famosi drammi storici prodotti negli anni Sessanta: La notte dei generali, diretto dal regista ucraino Anatole Litvak e basato sull'omonimo romanzo di Hans Hellmut Kirst. Girato eccezionalmente a Varsavia (nel pieno della Guerra Fredda), il film di Litvak possiede le sfumature di un thriller, aprendosi infatti con un'indagine per omicidio: nella Polonia del 1942, occupata dalle truppe tedesche, il Maggiore Grau, impersonato da Sharif, viene incaricato delle indagini sull'assassinio di una prostituta. La vittima, tuttavia, faceva parte dei servizi segreti del regime nazista, e i sospetti di Grau si indirizzano pertanto verso tre generali dell'esercito tedesco: il Generale General von Seydlitz-Gabler (Charles Gray), il Generale Kahlenberg (Donald Pleasence) e il Generale Tanz (Peter O'Toole). Costruito su un meccanismo narrativo sospeso su due linee temporali differenti (una delle quali collocata ad Amburgo nel 1965), La notte dei generali conserva ancora oggi un profondo carico di intensità e di suspense, pure in virtù dell'eccezionale 'duetto' fra due attori del calibro di Sharif e O'Toole.
Cantando con Barbra Streisand: Funny Girl
L'altra grande passione di Omar Sharif, oltre alla recitazione, è sempre stata il Bridge: l'attore egiziano, infatti, è stato un rinomato giocatore di Bridge, tanto da aver firmato diversi libri sull'argomento. E così come Sharif era uno specialista delle carte e del gioco d'azzardo (al punto da indebitarsi fino al collo!), le stesse caratteristiche si ritrovano pure in uno dei suoi personaggi più noti: Nicky Arnstein, il fascinoso corteggiatore - e in seguito il marito - della star in ascesa Fanny Brice in Funny Girl, adattamento cinematografico del musical teatrale ispirato alla vita della Brice. Diretto dal maestro William Wyler, il film d'esordio di Barbra Streisand ottenne uno strepitoso successo di pubblico, piazzandosi al primo posto nella classifica dei maggiori incassi del 1968 in Nord America, e valse alla Streisand il premio Oscar come miglior attrice. La scelta di casting di Omar Sharif, egiziano e di fede islamica, accanto alla cantante ebrea, suscitò diverse polemiche legate alle tensioni fra Israele e Palestina: i dirigenti della Columbia pensarono di rescindere l'ingaggio di Sharif, ma Barbra Streisand prese le difese dell'attore, minacciando di abbandonare il film, e a proposito dello scalpore provocato in Egitto dal suo film con Sharif replicò ai giornalisti con una frase memorabile: "Credete che gli egiziani siano arrabbiati? Dovreste vedere la lettera che ho ricevuto da mia zia Rose!". E benché in Funny Girl sia la Streisand a dominare la scena, Sharif, che non disponeva di particolari doti canore, ebbe comunque l'onore di poter duettare insieme alla voce più bella d'America nella divertente sequenza della cena romantica di Nicky e Fanny, sulle note della canzone You Are Woman, I Am Man.
Il ruggito di un "vecchio leone": Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
Non si è trattato dell'ultimo lavoro sul curriculum di Omar Sharif (attivo sul set fino agli ottant'anni), ma è stato probabilmente l'ultimo ruolo da ricordare nel repertorio dell'attore. Tratto da un romanzo di Eric-Emmanuel Schmitt e portato sullo schermo dal regista François Dupeyron, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano ha ricevuto grandi apprezzamenti da critica e pubblico, sia in Europa che negli Stati Uniti. Proiettato fuori concorso al Festival di Venezia 2003, nello stesso anno in cui la Mostra del Cinema ha reso omaggio a Omar Sharif conferendogli il Leone d'Oro alla carriera, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano ha riportato il settantenne Sharif all'attenzione di nuove generazioni di spettatori, oltre ad avergli fatto vincere il premio César come miglior attore. Ambientata nei quartieri popolari di Parigi durante gli anni Sessanta, la pellicola di Dupeyron è incentrata sull'insolita amicizia che si instaura fra Moїse Schmidt (Pierre Boulanger), un adolescente di famiglia ebraica abbandonato a se stesso, e Monsieur Ibrahim (Omar Sharif), l'anziano proprietario di un negozio di alimentari, che per il ragazzo diventerà una sorta di padre putativo. "Ciò che tu dai è tuo per sempre, ciò che tieni è perso per sempre", insegnerà Monsieur Ibrahim al giovane Moїse, da lui soprannominato Momo, nel corso di un racconto tenero e malinconico, che ha suggellato il talento (talvolta sottovalutato) di un attore dal carisma davvero fuori dal comune.