Gli anni d'oro della grande commedia, l'approccio famigliare, un botteghino da urlo (a fronte di un budget molto limitato), una sequela di momenti (s)cult (la marmotta al volante, iconic) e, naturalmente, la verve di Bill Murray. Tutto vero, tutto giusto. Come ogni pellicola memorabile che finisce per fare il giro lungo, trangugiata e analizzata negli anni - e dunque rivista, come fosse una tradizione, come fosse un mantra - anche Groundhog Day di Harold Ramis, divenuto in italiano Ricomincio da capo, è la faccia comica di una medaglia amara, che racchiude il ciclo ripetitivo di una vita da cui sembra impossibile uscire. Anzi, per non sembrare troppo pessimisti, è il ciclo esatto di una dimensione che ci siamo inconsciamente costruiti, finendo per essere l'esatta copia (ripetitiva) di noi stessi.
Il soggetto di Danny Rubin, dopo aver girato diverse casa di produzione, finì tra le mani di Harold Ramis, che aveva da poco girato Ghostbusters II insieme a Bill Murray: il loop temporale, che fa da laccio alla storia, venne poi in parte riscritto, creando così un senso generale più adatto ai family movies che, negli anni Novanta, stavano piano piano conquistando il mercato, complice l'avvento dinamitardo dei videonoleggi. Il tocco da commedia - di diritto, tra le migliori - è ampliato dal processo di cambiamento del protagonista, Phil Connors, meteorologo televisivo scontroso e arrogante cucito su misura a Bill Murray.
I Got You Babe e un loop temporale
La trama di Ricomincio da capo, ricorderete, è riassumibile in una riga: Phil, in occasione del Giorno della Marmotta (festività folklorista statunitense che cade il 2 febbraio), deve recarsi nella piccola cittadina di Punxsutawney, in Pennsylvania, per seguire live la profezia della leggendaria marmotta Phil (sì, il nome è lo stesso), che ogni anno anticipa o allunga la fine dell'interno. Qui, però, come in una sorta di sci-fi disfunzionale, resta bloccato in un loop temporale.
Ogni mattina si sveglia nello stesso identico 2 febbraio, nella stanza dello stesso Bed & Breakfast (in verità una casa privata, antica villa costruita un Secolo Prima, e ora diventata metà turistica da cine-tour) e con la stessa identica I Got You Babe di Sonny & Cher che suona alla radiosveglia, provando a spiegare l'incastro a Rita, la producer del broadcast tv, con lo splendido volto 90s di Andie MacDowell. Un incubo che appare infinito per il borioso Phil (ed effettivamente non sappiamo quante volte abbia dovuto ripetere il Giorno della Marmotta), ma anche una sceneggiatura di ferro che, nella sua semplicità, mette in moto la più classica delle catarsi in stile Charles Dickens.
I migliori film di Bill Murray
"E se non ci fosse un domani? Oggi non c'è stato!"
Ma il cambiamento di Phil Connors/Bill Murray, se è materia pregiata nel linguaggio cinematografico, è il riflesso esatto dei nostri confini. Rivedendo oggi Ricomincio da capo, a trent'anni dall'uscita (era il 12 febbraio 1993, dopo una première tenutasi a Los Angeles), come ogni pellicola della nostra memoria, sembra parlarci in modo diretto e in modo diverso: il burbero meteorologo diventa l'estensione di una vita accartocciata e rigirata su sé stessa, chiusa al prossimo e blindata in un'evoluzione fine a sé stessa. Il loop di Phil è anche il riflesso diretto di una società che, già all'epoca, si stava allungando verso l'egoismo e l'incomunicabilità. Una catena di montaggio, che ripete in copia gli identici movimenti senza possibilità di fuga.
Del resto, il film di Harold Ramis, come ogni cult movie, ha avuto un lascito enorme: l'eredità, nello specifico, arriva proprio dal titolo originale, Groundhog Day, utilizzato nel lessico inglese per esplicare una situazione monotona e spiacevole. Perché, e lo abbiamo testato nella più stretta quotidianità, non c'è niente di più terribile dell'assenza di futuro. Un'ombra grigia e le prospettive che si azzerano: impossibile estendere l'abbrivio verso un domani, ormai negato e azzerato in una fredda giornata di febbraio. "E se non ci fosse un domani? Oggi non c'è stato!", dice al telefono Phill.
Eppure, sotto l'amarezza può trasformarsi in una spinta che ci porta ad agire, a muoverci e a (ri)prendere le redini del destino. Costi quel che costi, solo accettando le emozioni (che Phil respinge, così come la marmotta che respinge la sua ombra), possiamo liberarci dalla staticità di un loop temporale che ci incatena al presente, affrontando il tempo come un alleato e non come un nemico. Un contrappasso cinematografico, molto simile all'amore. "They say we're young and we don't know. We won't find out until we grow - Well I don't know if all that's true 'Cause you got me, and baby I got you!"