Donne a metà
Il cinema italiano, anche quello più illuminato, fino ad ora non ha mai elargito grandi regali alle sue protagoniste femminili. Anzi, relegandole spesso in una zona interpretativa ben delimitata tra l'happy end sentimentale e una solitudine inevitabilmente sofferta, sembra non essersi posto il problema di dar voce a delle figure più consapevoli e meno artificiose dal punto di vista drammaturgico. Un piccolo grande miracolo, invece, riuscito a Maria Sole Tognazzi che, con l'appoggio in fase di scrittura di Ivan Cotroneo e Francesca Marciano, ha definito le caratteristiche di una donna finalmente plausibile, mai scontata e moderna senza troppe forzature. E' per questo, dunque, che Irene, ispettore a sorpresa nelle strutture alberghiere extra lusso, si guadagna di diritto il titolo di protagonista innovativa, riflettendo con ironia e un pizzico d'introspezione sui limiti imposti da una società che ancora sembra opporsi ciecamente al diritto di scelta di una vita diversa. Così, arrivata ai critici quarant'anni senza un marito e dei figli, agli occhi di chi la osserva sembra essere l'emblema della solitudine e dell'egoismo più feroce. Ma questa è esattamente la vita che Irene ha voluto per se stessa, fatta di spostamenti continui, aerei da prende, camere d'albergo da visitare per pochi giorni, una casa spoglia e una sorella un po' nevrotica cui tornare.
Una prospettiva desolante per molti ma non per lei che, facendo leva sulla consapevolezza della propria natura, ha definito il rifiuto di una regola sociale predisposta non per ottuso dispetto o per opposizione culturale ma, semplicemente, per continuare a rispettare se stessa anche nelle necessità più bizzarre. Dunque, con Viaggio sola il nostro cinema al femminile si apre finalmente alla tematica della libertà che, non negando certo spazio al romanticismo o alla maternità, ha semplicemente concentrato la sua attenzione su una realtà diversa anche se raramente visibile. In questo modo, le così dette donne a metà, per comprenderci quelle prive di una fede nuziale o di un passeggino da spingere orgogliose, hanno avuto la possibilità di dimostrare tutta la loro interezza. Sarà per questo che il film, ruotando intorno ad un intreccio di per sé semplice fondato su degli avvenimenti quotidiani, rintraccia completamente la sua ricchezza nella profondità dei protagonisti. Definiti senza esasperazione alcune e naturali nei loro movimenti emotivi, Irene e il suo entourage affettivo abbandonano decisamente i toni isterici e ossessivamente sofferti che spesso abitano i nostri racconti. Al loro posto lasciano fluire la vita, quella vera e concreta capace di metterli alla prova giorno dopo giorno, di porli di fronte i propri limiti lasciando loro la possibilità di scegliere la soluzione migliore per se stessi. Così, regista e sceneggiatori non si pongono certo nella condizione di elargire soluzioni universali ma, concentrandosi su di un racconto fortemente soggettivo, lasciano che a parlare siano le esistenze dei singoli personaggi. Figure, queste, sicuramente, non definite per tranquillizzare gli animi con reazioni sempre rassicuranti, ma capaci di porre lo spettatore di fronte all'avventurosa possibilità del libero arbitrio. Una novità, questa, che sembra aver donato particolarmente a Margherita Buy, finalmente al di sopra di toni troppo acuti ed esasperanti. Maria Sole Tognazzi le ha fatto dono di una donna concreta alla ricerca del proprio equilibrio e lei l'ha ripagata con un'interpretazione equilibrata e mai artefatta, tutta giocata sulle attese, gli sguardi e i tempi comici sul cui ritmo si muovono anche i passi di Stefano Accorsi e Fabrizia Sacchi. Perché della vita e dei suoi limiti si può riflettere anche sorridendo, comprendendo che le parole intimità e famiglia rappresentano, senza alcun dubbio, concetti fondamentali, ma che ognuno è libero di interpretare e applicare a proprio piacimento.
Movieplayer.it
4.0/5