La scintilla indiretta
In-sung è un regista ai margini dello show-business coreano, spesso in lite con i produttori, che sta cercando di ottenere un finanziamento per una sua sceneggiatura. L'uomo, che vive a Seoul, va spesso a rilassarsi nei weekend a Gangneung, una località balneare di cui apprezza la tranquillità e il cibo. Yu-jeong, invece, è un'infermiera che vive da sempre a Gangneung e, annoiata dalla mancanza di vita culturale della cittadina, si reca appena può a Seoul, per respirare un po' dell'aria della capitale. I due vengono casualmente a contatto attraverso un amico comune, un barista di Gangneung, e scoprono che i loro interessi sono conciliabili: Yu-jeong, infatti, è attualmente impossibilitata a stare dall'amica di Seoul che la ospitava, in quanto questa ha trovato un fidanzato. Dietro insistenza di In-sung, e dopo lunghi tentennamenti, la donna accetta un singolare accordo: i due si scambieranno le abitazioni nel weekend, senza che nessuno dei due paghi nulla all'altro, e con la regola di non portare altre persone in casa e di limitarsi a usare la stanza degli ospiti. L'accordo fa in modo che ognuno dei due entri, pur indirettamente, nel mondo dell'altro...

Il film di Cho strappa comunque molti sorrisi, grazie all'indubbia simpatia dei due protagonisti Kim Tae-woo e Yeh Ji-won (intensi, ma con una recitazione "sotto traccia" per gran parte del film) e a una pletora di convincenti caratteri secondari: personaggi, dall'amico barista alla simpatica cugina del regista, che aggiungono vigore e sostanza alla narrazione, mantenendo sempre, alla base della loro presenza, una precisa funzionalità narrativa. Stupisce, soprattutto (e ancora una volta ispira sorrisi) il fatto che tutti, intorno ai due protagonisti, sembrino accorgersi di ciò che sta accadendo tra loro, con l'esclusione di loro stessi: la sincerità dei due, quando negano con convinzione l'interesse reciproco, non cancella l'evidenza della dinamica, pur insolita, che lentamente li coinvolge. Il tono lieve della narrazione, mantenuto per tutti i 100 minuti di film, favorisce l'immedesimazione in una vicenda in sé credibile, che coinvolge proprio per il senso di quotidianità e "calore" (lo stesso citato dal titolo) che la pervade. La riuscita di un'opera come questa può essere considerata la riprova che, per coinvolgere emotivamente lo spettatore, non sempre è necessario giocare in modo scoperto con le emozioni: ma che al contrario si può essere lievi, e limitarsi a suggerire, mantenendo un identico spessore di fondo.
Movieplayer.it
4.0/5