Recensione Solo gli amanti sopravvivono (2013)

In un periodo in cui il vampiro fa tendenza, un regista non propriamente commerciale come Jarmusch prova a tornare alle origini filosofiche della figura del vampiro, a rendere il senso di malinconia e di solitudine che sono proprie della vita eterna. Una sensazione di profonda angoscia e dolente bellezza pervade il film, ma non mancano i momenti divertenti e un gran numero di citazioni colte e raffinate.

La solitudine dell'eternità

Adam ed Eve si amano intensamente, da secoli e da lontano; da diversi anni i due vampiri vivono ormai separati, lui a Detroit lei a Tangeri, ma fanno pressappoco la stessa vita solitaria, dedicandosi al piacere, all'arte, al ricordo di tempi andati. Non vanno più a caccia, ma si procurano il sangue necessario per la sopravvivenza pagando infermieri e dottori degli ospedali; non frequentano gli umani, che chiamano anzi zombie, ma li disprezzano da lontano per la loro stupidità e la tendenza a distruggere noncuranti il mondo in cui viviamo.
Decidono di riunirsi quando Eve si accorge che la depressione di Adam sta raggiungendo livelli preoccupanti, ed è così che la donna prende un volo per Detroit, dove verrà ben presto raggiunta anche da sua sorella Ava e i guai che inevitabilmente porterà con sé.

Se per Abel Ferrara ed il suo The Addiction il vampirismo era una metafora della tossicodipendenza, per il regista Jim Jarmusch e questo suo Only Lovers Left Alive i vampiri sono sì dipendenti, non solo dal sangue, ma principalmente dalla bellezza e la purezza dell'arte - musica, architettura, letteratura - o della scienza, o comunque dalle creazioni positive dell'uomo contrapposte alle brutture commesse verso la natura (inquinamento dell'aria e dell'acqua) o verso il corpo umano (la contaminazione del sangue attraverso la malattia).

I vampiri invece, ci dice Jarmusch, esistono da sempre (come sottointende il simbolico nome dato ai due protagonisti) e da sempre hanno contribuito, in modo diretto ed indiretto, a tutto ciò che di buono hanno fatto gli esseri umani: per esempio è stato il vampiro Cris Marlowe a scrivere le opere di Shakespeare, mentre lo stesso Adam ha ispirato Schubert e chissà quanti altri musicisti per chissà quante epoche. D'altronde anche i pochi "zombie" che hanno del vero talento o del vero genio spesso non vengono riconosciuti, se non addirittura perseguitati (Galileo docet) dai propri simili, quindi cosa provare se non disprezzo per queste creature deludenti che attraversano la vita assuefatti alla banalità e all'idiozia?

In un momento storico e cinematografico in cui il vampiro fa tendenza, è sinonimo di cool e sexy per milioni di teenager, un regista non esattamente commerciale come Jarmusch prova a tornare alle origini filosofiche della figura del vampiro, a rendere il senso di malinconia e di solitudine che sono proprie della vita eterna e lo fa con dei personaggi letteralmente belli e dannati (i bravi Tom Hiddleston e Tilda Swinton, perfetti l'uno per l'altra), laconici e misteriosi, medidativi e per nulla spaventosi, che vagano di notte per città desolate e silenziose uniti solo dal loro infinito amore e dalla tenerezza e pena per un modo in sfacelo.
Una sensazione di profonda angoscia e dolente bellezza pervade il film grazie anche ad un'ottima colonna sonora ed una fantastica fotografia, ma non mancano i momenti divertenti soprattutto con l'arrivo dell'imprevedibile Mia Wasikowska e un gran numero di citazioni colte e raffinate. E' casomai sul versante (melo)drammatico che il film viene un po' a mancare tanto da sembrare quasi etereo nei suoi contenuti, ma d'altronde per chi cerca struggimenti e amori impossibili a tema vampiresco alternative ben più "facili" ed accessibili di questi tempi certo non mancano.

Movieplayer.it

3.5/5