Recensione Looper (2012)

Tanti i riferimenti per un thriller che, dietro la patina del disimpegno spettacolare, è un'acuta meditazione sul valore dell'esistenza.

L'uomo del futuro

Action raffinato e al tempo stesso spettacolare, Looper riesce a coniugare complessità e dimensione popolare, originalità e tradizione. Il film rielabora temi chiave della fantascienza mascherando le fonti con intelligenza e affianca la star action Bruce Willis, simbolo di un cinema ruvido e di cassetta, a un giovane interprete di talento formatosi nella fucina indie come Joseph Gordon-Levitt. Sono queste le ragioni del successo immediato della terza regia di Rian Johnson, autore che già in passato si era fatto notare con l'ottimo Brick - Dose mortale e con l'eccentrico The Brothers Bloom, mai distribuito in Italia. Looper parte da un tema ripetutamente esplorato nel genere sci-fi (i viaggi nel tempo) declinandolo in un'accezione nuova. Il film immagina una società futura dominata dalla criminalità in cui i nemici scomodi vengono spediti nel passato (il 2044) dove li attendono i looper, killer senza scrupoli pronti a chiudere il cerchio (il loop temporale) freddandoli senza pietà e sbarazzandosi dei cadaveri. Il sistema va in corto circuito quando Joe, un looper abile e spietato che in anni di attività ha raccolto un piccolo bottino, si trova di fronte al sé stesso di trent'anni più vecchio e non riesce a portare a termine il compito. Un attimo di esitazione è sufficiente per lasciare che la sua vittima, il suo io anziano, fugga.


Difficile riassumere in poche righe un film dalla trama ricca e complessa, ma mai complicata. Rian Johnson sembra aver appreso alla perfezione la lezione di opere come i nolaniani Inception e The Prestige e mette in tavola gli ingredienti necessari a rendere la vicenda accessibile allo spettatore, evitando spiegazioni pesanti e poco cinematografiche. A fronte di una splendida messa in scena, il regista è concentrato soprattutto sulla necessità di tenere saldamente sotto controllo i fili dello svolgimento narrativo di un lavoro a cui non sono concesse sbavature logiche né vuoti di senso. Gli ingranaggi del meccanismo a orologeria che fa funzionare il film vengono piazzati fin dal primo minuto, ma la prima parte di Looper, cupa e frenetica, è talmente avvincente da risucchiare lo spettatore nel turbine degli eventi distogliendolo dagli enigmi che verranno dipanati in seguito. Il passo del film cambia dopo l'incontro nel fast food tra il Joe del presente e quello del futuro, punto di svolta oltre il quale il thriller metropolitano si sposta in campagna ed entra in scena il personaggio interpretato da Emily Blunt, aprendo a un plot sentimentale e intimista. Il ritmo claustrofobico rallenta in preparazione dei fuochi d'artificio di un finale raccapricciante e la riflessione trova spazio in una dimensione più rurale e (solo apparentemente) pacifica. Questa varietà rappresenta un valore aggiunto per il film debitore, in primis, dell'opera di Philip K. Dick.

Tanti i riferimenti, da L'esercito delle dodici scimmie a Matrix, passando per Fenomeni paranormali incontrollabili, per un thriller che, dietro la patina del disimpegno spettacolare, è un'acuta meditazione sul valore dell'esistenza. Se gli obiettivi dei looper, guidati dal cinico boss Jeff Daniels, sono per lo più spettri incappucciati privi d'identità, uomini che, nel presente in cui Joe opera, hanno davanti a sé ancora trent'anni di vita, la situazione cambia nel momento in cui entrano in scena gli affetti del killer costringendolo a rimettere in discussione i propri valori. Nei panni del protagonista, Joseph Gordon-Levitt supera l'esame a pieni voti. Il trucco prostetico necessario a renderlo più somigliante a Bruce Willis gli indurisce i lineamenti, rendendo il volto meno mobile e costringendolo a una perfomance più fisica, plasmata sul cipiglio da duro del maturo collega. Materna, indipendente e volitiva la Blunt, che ci ha già abituato a perfomance di livello ed è ormai una sicurezza nel panorama attuale, mentre la vera sorpresa arriva da Jeff Daniels e Paul Dano, entrambi impegnati in ruoli di contorno, ma capaci di calamitare l'attenzione con prove attoriali che avrebbero meritato più spazio. Terrificante al punto giusto il piccolo Pierce Gagnon, rivelazione in miniatura del film.

Movieplayer.it

4.0/5