Una carriera lunga 40 anni decisa da 208 secondi. Il sangue dell'esperto e compassato pilota Chesley "Sully" Sullenberger deve essere più freddo delle gelide acque che sta sorvolando con entrambi i motori in avaria. È un giorno di metà gennaio quando il volo US Airways 1549, dopo essere stato investito da uno stormo di uccelli, inizia a perdere quota cinque minuti dopo il decollo. In mezzo a grattacieli e palazzi sempre più vicini, il riflesso del fiume Hudson appare come un disperato miraggio di salvezza, e lo sarà. Il felice destino di equipaggio e passeggeri è noto, perché Sully rimane sulla pista della realtà, ricostruendo la vera storia di un miracoloso ammaraggio avvenuto nel 2009. Eppure, nonostante l'incredibile salvataggio di 155 persone, il gesto decisivo di Sully viene messo in discussione. Il suo, forse, è stato un rischio eccessivo, una scelta sfrontata, perché le alternative c'erano ed erano due piste d'atterraggio alla portata.
Allora, mentre l'opinione pubblica elegge subito il suo eroe nazionale, una commissione ridimensiona il personaggio in un uomo. Un uomo da osservare con qualche sospetto, di cui va valutato l'operato. Sully ha dei vizi? Ha problemi familiari? Ha preso davvero la decisione migliore per la salvaguardia dei suoi passeggeri? Senza erigersi a custode di verità e di giudizi, Clint Eastwood ricostruisce gli eventi con uno sguardo lucido, pragmatico, rigoroso ma coinvolgente. Parte dal dubbio per farci aggrappare a delle certezze, decolla dalle domande per farci atterrare in un'agognata risposta. Il merito è soprattutto di quello straordinario comandante di nome Tom Hanks.
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Scelte decisive
Che cosa hanno in comune un cecchino e un pilota? È curioso il legame che unisce Sully e American Sniper, ovvero uno sguardo affine su protagonisti accomunati dallo stesso, inaspettato destino. Negli ultimi due film diretti da Eeastwood siamo davanti a due uomini dalle cui mani dipendono altre vite. Due uomini che, tra grilletti e plance di comando, hanno poco tempo per fare scelte decisive. Da una parte il soldato che può sparare o meno, dall'altra il pilota che decide dove atterrare; in ogni caso al buon vecchio Clint interessa parlare di responsabilità, testare la moralità di personaggi in cui le persone, di solito, riversano la loro fiducia. Basandosi un fatto realmente accaduto, Sully, ovviamente, non punta l'accento sul destino del volo (noto a tutti), ma insinuarsi nel dubbio etico che avvolge il suo risoluto protagonista. Appassionante come un giallo nello scovare presunte colpe, l'ultimo film di Eastwood ricostruisce con rigore e pathos l'ammaraggio del volo Airways, mentre corrode le certezze di un uomo ligio al dovere come Sully e attraversa il labile confine tra scelte giuste e scelte migliori.
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In questo limbo tra colpevolezza ed eroismo, Tom Hanks indossa l'uniforme e i baffi con un'umanità spontanea e toccante, assorbe complimenti e accuse mantenendo una dignità commovente. Imbolsito incanutito e in netta antitesi con il pilota vizioso e saturo delle sue stesse bugie visto in Flight, Sully è un eroe riluttante, che ritiene il dovere non meritevole di pubblico clamore. Il suo esempio affascina lo stesso regista, così sembra quasi che questo pilota sotto le righe abbia guidato Eastwood verso una regia non retorica, spontanea, dal messaggio commovente.
Il fattore umano
Quando si parla di incidenti, di disastri o tragedie, il fattore umano è sempre sottinteso come errore, viziato da sospetti e pregiudizi che già propendono per una colpa da affibbiare. Sully, invece, vuole depistare questo preconcetto e fare dell'umanità un valore determinante. Un valore evidentemente raro, perché in questo caso stiamo parlando di un evento incredibile, al limite del miracoloso. In questa ritrovata allergia ad un eroismo esibito e sensazionale, Eastwood ci tiene a diluire i meriti tra più persone. Lo fa con la gratitudine dei sopravvissuti, con la riconoscenza dei colleghi, l'impegno dei soccorritori e soprattutto con il bellissimo rapporto di complicità e stima reciproca tra Sully e il suo copilota Jeff Skiles (Aaron Eckhart). Anche in questo caso l'affinità tra i due è gestita con mano discreta, accennata da dettagli come i look speculari (il co-pilota porta i baffi come il suo capitano), cenni di intesa, pacche sulle spalle. Così Eastwood ci regala un film sincero, condito da un'ironia pungente e amarognola, mentre ritrova il tatto dei tempi migliori. Senza dimenticare un incubo ricorrente, sempre negli occhi di Sully e ancora nei nostri: aerei che volano troppo bassi tra i palazzi di New York.
Movieplayer.it
4.0/5