Il passaggio (o ritorno) al cinema è quasi sempre un'esperienza traumatica per le star della tv. Lo è stato per Jon Hamm, che a due anni dalla fine di Mad Men fatica a trovare un ruolo che ne esalti il talento anche solo la metà del benamato Don Draper. Idem per il super Bryan Cranston che, pur avendo a disposizione una maggiore varietà di progetti, vive ancora nell'ombra di Walter White. Nikolaj Coster-Waldau, noto principalmente per il ruolo di Jaime Lannister nella serie televisiva Il trono di spade, si sta mettendo alla prova a una sola stagione dalla fine dello show che l'ha reso una star planetaria. Non aveva convinto nel drammatico Second Chance di Susanne Bier, ci riprova con La fratellanza, terzo film del regista californiano Ric Roman Waugh.
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History repeating
La storia è piuttosto lineare. La tranquilla vita di Jacob Marlon (Nikolaj Coster-Waldau), un broker di Pasadena, viene sconvolta in seguito ad un terribile incidente stradale in cui perde la vita il suo migliore amico. Jacob è al volante ed è ritenuto il colpevole sia dai suoi amici che dalla legge ed è pertanto costretto a scontare la pena in prigione. Gli unici che si ostinano a rimanere al suo fianco sono la moglie e il figlio ma, entrato in carcere, Jacob è costretto a farsi valere per non soccombere alla dura legge che vige all'interno del penitenziario. Dieci anni più tardi è ormai un criminale a tutti gli effetti, determinato a tenere i suoi affetti il più lontano possibile dal mondo di violenza di cui è diventato parte integrante.
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Prevedibilità, errori, armonia
Certamente non brilla per originalità La Fratellanza, prison thriller infarcito di stereotipi (dalla famiglia da Mulino Bianco di Jacob alle guardie carcerarie corrotte) con una trama di cui avrete facilmente sentito parlare. Più riuscito e meno retorico di Snitch - L'infiltrato, il precedente film di Waugh con un protagonista decisamente meno raffinato come Dwayne Johnson. In questo caso a ripulire le falle di una sceneggiatura piuttosto prevedibile è sicuramente una regia sobria e funzionale ma anche l'interpretazione di Coster-Waldau, calibrata e in perfetta armonia con lo stile e le intenzioni di Waugh. Ottima anche la performance di Jon Bernthal, purtroppo sottoutilizzato.
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Qualche ambiguità di troppo
Peccato che il film insista a più riprese sul concetto di predestinazione, sottolineando continuamente il destino tristemente inevitabile di Jacob. Ma la sua traiettoria contiene più ambiguità di quante il film stesso sia capace di contenere. Da padre amorevole a criminale senza pietà, da vittima del sistema carcerario a indomito ribelle. Tutto sommato un brav'uomo che continua a mantenere una propria moralità, un uomo per bene imprigionato nel corpo di un criminale. Jacob e la sua storia non sono né esilaranti come quelle di Walter White di Breaking Bad né penetranti come quelle de Il profeta di Jacques Audiard. La critica al sistema carcerario che crea criminali piuttosto che riformarli è approssimativa e questa regia così priva di facili sentimentalismi finisce per tramortire lo spettatore che segue Jacob e le sue sventure con una sommaria indifferenza.
Movieplayer.it
2.0/5