Recensione Cenerentola (2011)

La mini-serie Rai in due puntate è una sorta di declinazione della fiaba classica ambientata nel secondo dopoguerra, in cui non ci sono fate o scarpette di cristallo, ma è ancora possibile sognare il principe azzurro.

Favole del boom economico

Cenerentola: forse la fiaba che ha alimentato, più di tutte le altre, le illusioni di bambine, giovani e meno giovani, destinate a essere spazzate via senza remore dalla cruda realtà. Eppure sembra che ogni occasione sia buona per ritornare in quel mondo di fantasia, in cui è qualcun altro a prendersi carico dei tuoi problemi e a traghettarti verso la felicità. Nessuno, meglio del grande e del piccolo schermo, sa dimostrare quanto la fiction sia più bella della vita vera, e infatti il prossimo autunno ci basterà sedere sul nostro divano per sognare di principi e fate, amori e riscatti, grazie a uno di quelli che Fabrizio Del Noce ha definito uno dei prodotti di punta della prossima stagione: Cenerentola, appunto.

La mini-serie in due puntate non ricalca però pedissequamente la fiaba della tradizione, già tante volte protagonista di trasposizioni cinematografiche, ma ne rilegge gli eventi ambientandoli nell'Italia del boom economico. Qui, Cenerentola, che si chiama Aurora e sogna di diventare una pianista, è rimasta effettivamente orfana ed è costretta a lavorare come tuttofare nell'albergo in cui la matrigna ha trasformato la villa di famiglia. Ma i topolini sono due ragazzini di strada che Aurora sfama con i propri pranzi, e la fatina buona è un'eccentrica signora americana che prenderà possesso della suite, non perdendo occasione di riservare commenti sardonici all'acida matrigna. E il principe? Il principe qui non è l'incontro di una notte, ma è un ricordo conservato per anni nel cuore di Aurora: è il ragazzino (effettivamente di nobili natali) che la accompagnò attraverso il labirinto del proprio giardino tanti anni prima, e che le insegnò la magia delle parole e delle storie. Quando nella villa accanto all'albergo, disabitata da allora, ritornano i legittimi proprietari, Aurora si illude che l'amore della sua infanzia possa finalmente realizzarsi, ma tutto quello che il futuro sembra riservarle è l'incontro con Sebastian, un ragazzo altezzoso, interessato solo agli affari, e che sembra aver dimenticato i sogni che lo guidavano da bambino.

Vanessa Hessler non potrebbe incarnare meglio la Cenerentola che tutti ci siamo sempre immaginati: bella, generosa, ma non priva di determinazione e inventiva. Anche la declinazione anni Cinquanta degli altri protagonisti della vicenda riesce a riallacciarsi alla controparte storica, con cui condivide alcuni aspetti propriamente fiabeschi, come la caratterizzazione un po' estrema della personalità e dell'espressività, ma risulta comunque abbastanza realistica per prendere parte a una vicenda verosimile. Di magia, insomma, non ce n'è, ma i piccoli espedienti che la sceneggiatura utilizza per supplire alla sua assenza funzionano, e traghettano gli eventi nella giusta direzione senza essere pretestuosi; non per questo, però, viene messa in secondo piano la componente di freschezza e vaga surrealtà che dà ragione dell'ispirazione fantastica della pellicola. La scelta di utilizzare il secondo dopoguerra come teatro dell'azione è interessante, e permette di intrecciare la vicenda classica con sottotrame che offrono lo spunto per un approfondimento della natura dei protagonisti: emergono così la sensibilità e l'arguzia dimostrata da Sebastian rispetto ai suoi soci, nel suo insistere nel ritenere la televisione un'innovazione potenzialmente gradita alle masse, e il cinismo di suo padre, disposto a sacrificare tutto, persino la felicità del figlio, pur di aggiudicarsi un buon affare.

Nonostante i dialoghi non sempre esenti da una facile retorica e uno sviluppo della trama prevedibile oltre quanto fosse lecito aspettarsi, questa Cenerentola televisiva è un piacevole diversivo per tutti coloro che sanno ancora farsi emozionare dalle favole, e che vogliono regalarsi qualche ora per credere che, seppur con una buona dose di fortuna, realizzare i propri sogni si può.

Movieplayer.it

2.0/5