Recensione Captain America: The Winter Soldier (2014)
La seconda avventura dell'eroe Marvel assume una forte valenza politica, occhieggiando al miglior cinema americano degli anni '70, ed espandendo in dimensioni e complessità il suo universo di riferimento.
Due anni dopo gli eventi narrati in The Avengers, il capitano Steve Rogers risiede a Washington DC e cerca di adattarsi alla vita contemporanea. Quando una nave dello S.H.I.E.L.D. viene fatta oggetto di un attacco di pirati, e un gruppo di membri dell'organizzazione viene sequestrata, è relativamente facile per Captain America e la sua squadra fare irruzione nell'imbarcazione e liberare gli ostaggi. Tuttavia, Rogers scopre successivamente che il direttore dello S.H.I.E.L.D., Nick Fury, lo aveva tenuto all'oscuro di una parte dell'operazione: l'agente Natasha Romanoff aveva infatti il compito di prelevare e mettere al sicuro dei dati riguardanti un progetto top secret dell'organizzazione, consistente in un rivoluzionario sistema di difesa militare. Poco tempo dopo, Fury viene assassinato da ignoti sotto gli occhi di Rogers, dopo essersi rifugiato a casa dello stesso capitano. Rogers, sconvolto, apprende che la sua abitazione era piena di cimici, e che lo stesso Fury era accusato di essere la mente dietro il sequestro della nave. Immediatamente dopo la sua morte, lo S.H.I.E.L.D. cerca di arrestare Rogers, con l'accusa di essere coinvolto nel complotto; il militare riesce a fuggire, ma si ritrova da solo, braccato e alle prese con un mistero arduo da districare. Le ultime parole di Fury, che lo aveva invitato a non fidarsi di nessuno, gli risuonano insistentemente in mente...
The Avengers 1.5
Questo è stato il modo in cui Anthony Mackie, interprete nel film del personaggio di Sam Wilson/Falcon, ha definito questo Captain America: The Winter Soldier: e, vedendo il film e la sua struttura corale, non si può dargli torto. Il cosiddetto Marvel Cinematic Universe è sempre più integrato e coerente, e risulta sempre più difficile, di film in film, seguirne gli sviluppi senza conoscerne tutti i tasselli. Più che il singolo franchise, conta ormai la competenza spettatoriale sull'universo di riferimento, e sui rimandi multipli da serie a serie: competenza che diventa anche inter-mediale, visto che la serie televisiva Agents of S.H.I.E.L.D. è parte integrante di tale contesto. In effetti, per la comprensione di tutti gli elementi e gli snodi di trama qui presenti, la visione del primo Captain America: Il primo vendicatore si rivela necessaria quasi quanto quella del già citato The Avengers; a sua volta collegato a doppio filo alle rispettive saghe di Thor, Iron Man e Hulk. L'universo, con i prossimi Guardians of the Galaxy e Avengers: Age of Ultron, sembra destinato ad espandersi ulteriormente: i personaggi Marvel, che hanno impiegato oltre mezzo secolo per approdare nel cinema di serie A, sono ora protagonisti di un universo attentamente studiato e internamente coerente, di cui questo The Winter Soldier si avverte in ogni fotogramma essere parte.
Un thriller politico anni '70, mascherato da film di supereroi
Quest'ultima, invece, è stata la definizione che il produttore Kevin Feige ha dato al film: e, anche in questo caso, non si può che concordare. La presenza di un villain d'eccezione come Robert Redford (non crediamo di svelare molto, parlando della natura negativa del suo personaggio: se ne viene a conoscenza molto presto) non è casuale: pellicole come I tre giorni del Condor e Tutti gli uomini del presidente vengono in mente ad ogni inquadratura. The Winter Soldier, nella tessitura del suo plot, è improntato al realismo: e questo sembra un paradosso, per un film incentrato su supereroi mascherati, avveniristiche armi spaziali che minacciano il pianeta, coscienze di uomini del passato impiantate in computer, criminali dai poteri sovrumani con parti del corpo meccaniche e la memoria cancellata. Eppure, l'intrigo spionistico alla base del film ha una sua perfetta coerenza, e sopratutto una credibilità: ed è, nelle sue premesse, intimamente politico. Il senso di piccolezza che accompagna l'essere umano (finanche il supereroe) e la disarmante consapevolezza di esser parte di un ingranaggio di cui finora si è ignorata la vera natura, è un elemento-cardine della trama, mutuato dai migliori esempi del cinema a cui abbiamo accennato. Le conseguenze sono di portata enorme, anche e soprattutto per i prossimi sviluppi del già citato Marvel Cinematic Universe. La complessità della vicenda viene retta da una sceneggiatura ottimamente costruita e bilanciata; i cui sviluppi, come sempre, sono da verificarsi, in itinere, nei prossimi installments di un universo che continua a guadagnare in dimensioni e complessità.
Una "orchestra" ben assortita
Uno dei pregi principali del film è dunque l'eccellente fattura dello script, che delinea al meglio, in una struttura che come detto è più corale che in passato, i diversi personaggi che ruotano attorno all'eroe col volto di Chris Evans: particolarmente riuscito si rivela, a questo proposito, l'ingresso del già citato Falcon, mentre la Black Widow di Scarlett Johansson, alla sua terza apparizione in un prodotto Marvel, rappresenta una gradita conferma. Redford, nell'insolito ruolo di un personaggio negativo, offre una prova piena di gusto ed ironia, ma anche della giusta dose di ambiguità; così come il suo contraltare positivo, un Samuel L. Jackson il cui personaggio rivelerà nel corso del film più di una sorpresa (oltre a una graditissima citazione, che evitiamo di rivelare). Il "misterioso" villain che dà il titolo al film (virgolette d'obbligo, visto che i fan ne conoscono già vita, morte e miracoli) ha il volto di un Sebastian Stan che viene gestito al meglio nelle sue apparizioni, quasi tutte mute e col volto coperto dalla sua maschera metallica: lo scontro finale con l'eroe, dalla forte dimensione archetipica, assume la valenza di culmine di un climax accumulato sapientemente per tutta la pellicola.
Messa in scena di un complotto
All'ottima sceneggiatura si accompagna una messa in scena accattivante e consapevole. I due registi, i fratelli Anthony e Joe Russo, superano a pieni voti il loro primo esame nel campo dei comic-movie: la loro regia si muove disinvoltamente tra distruzioni urbane, stunt spericolati, acrobazie e sequenze corpo a corpo dalla notevole fisicità; mantenendo sempre un'ottima leggibilità dell'azione, malgrado il frequente uso di piani ravvicinati. L'uso della stereoscopia, pur non strettamente necessario ai fini della resa estetica del film, risulta tuttavia complessivamente più efficace che in passato; dando profondità e spessore all'azione, e non disturbando la resa delle sequenze più movimentate, in un film complessivamente caratterizzato da un notevole dinamismo visivo. Sia narrativamente, che dal punto di vista della messa in scena, questo The Winter Soldier si rivela quindi notevolmente più riuscito del suo predecessore del 2011; quest'ultimo, anche alla luce degli altri film dell'universo Marvel usciti nel frattempo, assume sempre più, in quest'ottica, i contorni di un'opera "preparatoria", quasi di un'introduzione.
What's next?
L'universo dei personaggi Marvel, qui forzatamente rivoluzionato (evitiamo di dire di più: il rischio dello "spoiler", in simili occasioni, è sempre in agguato) sembra destinato a ingrandirsi e a diramarsi in un ulteriori direzioni: all'ovvio terzo episodio delle avventure di Steve Rogers (previsto per il 2016), e ai già citati Guardians of the Galaxy e Avengers: Age of Ultron (che vedranno rispettivamente James Gunn e il ritorno di Joss Whedon in cabina di regia) vanno aggiunti il già in cantiere Ant-Man (per la regia di Edgar Wright) e le prossime, probabili ancorché non confermate, ipotesi di adattamento dei personaggi di Doctor Strange e Black Panther. Il filone, stimolato anche dai lusinghieri risultati commerciali degli ultimi adattamenti, sembra in piena salute, e potenzialmente foriero di ulteriori sorprese. Il fan, ma anche il semplice spettatore neutro, affascinato da una costruzione inter-filmica così ambiziosa, non può che mettersi in curiosa attesa.