Il paradiso lungo una strada
Cosa c'è di più bello dell'andarsene in giro per il mondo, scoprire posti nuovi, incontrare persone sempre diverse, insomma di collezionare frammenti di umanità che ci facciano uscire dalla nostra prospettiva limitata? Per Furio, ad esempio, è molto meglio stare alla pompa di benzina, aspettando che sia il mondo ad andare a lui, e non viceversa.
E' senz'altro un personaggio molto particolare quello che Diego Abatantuono sceglie di interpretare in occasione del suo esordio, dopo trentacinque anni di onorata carriera nel cinema e nella televisione, dietro la macchina da presa (affiancato da Armando Trivellini). Finalmente ha l'occasione di raccontare le cose come le vede, o le vorrebbe vedere, lui, il milanese che ha conosciuto il successo nella parte del meridionale, e che al pubblico del RomaFictionFest non nasconde l'entusiasmo con cui ha affrontato questa nuova esperienza. E c'è da dire che Abatantuono in questo suo primo doppio ruolo non ha lasciato nulla al caso, a partire proprio dal suo stesso personaggio, quello di un uomo generoso, sempre pronto al dialogo ma senza mai essere accondiscendente, saggio ma anche duro, e che però ha una paura patologica del mondo esterno, e non riesce ad allontanarsi da quella che un tempo era casa sua e che ora è anche il suo posto di lavoro. Posto di lavoro che è minacciato dalla crisi economica, come quasi tutto il resto: la società proprietaria della stazione di servizio deve infatti chiudere la loro Area Paradiso o, in alternativa, un altro autogrill delle vicinanze. Inutile dire che tra i due concorrenti si scatenerà una guerra senza esclusione di colpi, subdoli quanto plateali, in cui le parti in causa metteranno in luce il peggio di sé. Ma l'intento del regista, più che quello di denunciare la crudeltà della legge del mercato, è quello di mettere in evidenza la qualità umana che emerge nelle situazioni di crisi, la solidarietà che, sola, può salvare il salvabile.
Nell'Area Paradiso, questo sentimento di vicinanza è sì agevolato dalla collaborazione professionale, e dall'amicizia, cementate dagli anni, ma è comunque inevitabile che caratteri diversi quali quelli che convivono lungo questo sperduto scampolo di statale vengano spesso ai ferri corti. Il lavoro sui personaggi, sulle loro peculiarità e sugli incontri e scontri che ne derivano si vede, ed è anche merito di un cast eterogeneo e azzeccato, in cui ognuno fa la propria parte nel garantire freschezza e originalità alla varia umanità che prende parte alla vicenda. Il personaggio di Saman, interpretato da Ale, è quasi commovente per la sua saggezza e la sua ingenuità insieme, che ne fa anno una sorta di Forrest Gump della campagna italiana, mentre il compagno Franz non è da meno nel ruolo del dirigente arrabbiato con la vita che non gli ha dato abbastanza, sempre in cerca della rivalsa che non arriverà da dove se lo aspettava.Nell'Area Paradiso c'è spazio per sotterfugi amorosi, difficili convivenze in cucina e anche per un figlio che non si sapeva di avere. E, pur stando sempre ferma nello stesso posto, quello che questa eterogenea compagnia compie è un viaggio da fare un po' insieme e un po' all'interno di se stessi, un viaggio con dei protagonisti un po' sopra le righe, ma nemmeno troppo, e che però riesce, simpaticamente, a parlare a tutti. A dire che non sempre il fatturato è il punto, che la volontà spesso non paga, ma che mettendo tutto te stesso in qualcosa potrai almeno dire di non avere rimpianti, che a volte per salvare qualcosa bisogna andare oltre i propri limiti. E chissà che prossimamente non saremo testimoni di nuove imprese della forza lavoro dell'Area Paradiso, magari tali da coinvolgere, come nei più cari ricordi di Furio, anche i Pooh o il Papa: se da questo primo film per la televisione nascerà una serie sarà anche la risposta del pubblico a decretarlo.
Movieplayer.it
3.0/5