A cinque anni di distanza da Tokyo Sonata, Kiyoshi Kurosawa torna dietro la macchina da presa con una fiaba nera made in Japan che riunisce atmosfere hypertech, universo dei fumetti, creature mostruose e due protagonisti giovani e algidi interpretati da Takeru Sato e Haruka Ayase. Real, adattamento del pluripremiato romanzo di Rokurô Inui A Perfect Day for Plesiosaur, si apre in un gelido ospedale dove viene praticata una tecnica innovativa, il sensing, che permette di instaturare un contatto tra l'inconscio dei pazienti in coma e i loro cari. A giacere in ospedale è Atsumi, giovane disegnatrice di manga immobilizzata da un anno a causa di un tentato suicidio. L'amico Koichi, che sembra tenere molto a lei, si adopera per svegliarla in tutti i modi sottoponendosi a numerose sedute di sensing, ma pian pian l'uomo scoprirà che la realtà non è sempre quella che appare. In attesa di sapere se le allucinazioni e il romanticismo orientale di Kiyoshi Kurosawa convinceranno la giuria del concorso internazionale di Locarno, il regista ci parla della genesi della sua nuova opera.
Il titolo di Real fa riferimento alla realtà, ma anche al mondo virtuale che appare nel film. C'è un riferimento ironico?Kiyoshi Kurosawa: Il film è tratto da un romanzo il cui titolo è molto più complicato e il produttore ha chiesto di semplificarlo. Così ci siamo limitati a intitolare il film Real. In sede di montaggio mi sono detto che tutto ciò che si vede potrebbe essere reale quindi il titolo è perfetto per il mio film. Di fronte a una certa situazione capita a tutti di chiedersi: "E' reale o sto sognando?". Il tema del contrasto tra realtà e finzione è intrigante e complesso. Girando un film ci sono gli attori che recitano e la storia, che ha una sua realtà.
Secondo te che genere è questo film? Fantascienza? Fantasy? Melodramma?
Domanda difficile. La mia idea era fare un film di fantascienza giapponese, ma questo genere può essere recepito in modo diverso negli altri paesi visto che da noi la fantascienza non è così diffusa.
Nel film convivono fantasmi, manga, illusione e fantasia. Come sei riuscito a far convivere tutti questi aspetti?
La storia è talmente complicata perciò non so se sono riuscito davvero a descriverla nel migliore dei modi. Forse mi serviva più tempo, ma il film dura già due ore. Questa è la prima volta che il film viene mostrato all'estero e la cosa mi preoccupava. Non so se il pubblico occidentale sarà in grado di cogliere fino in fondo la profondità del film. Ciò che si vede è la realtà visibile, ma c'è un'altra realtà che va al di là del tangibile. Io ho provato a catturare l'invisibile con la macchina da presa e sono entrato nel mondo del caos. Per me è stata un'esperienza del tutto nuova, una sfida, spiegare tutto questo in modo semplice.
Questa domanda è troppo difficile per me. Ho fatto il film proprio per dare una risposta. Fino a oggi non avevo dubbi, ma dopo aver fatto il film ho capito che ciò che la macchina da presa riprende è la realtà perciò il film è reale. Ma io sono in grado di capire cosa è reale e cosa no? Forse no. Questo dubbio mi ha spinto a continuare a fare il film.
Il film mescola digitale, ma anche macchina del tempo, immagini del passato e del presente.
Le immagini del passato e del presente si mescolano più facilmente in letteratura. In un film c'è la perfomance degli attori e diventa tutto più difficile. Io ho cercato di capire come mostrare il passato in modo che sembrasse presente, coinvolgendo il pubblico e facendogli capire il passato. Ho mescolato passato e presente in modo quasi impercettibile. Alla fine io stesso non sapevo più quale fosse il presente e quale il passato e questo aspetto forse dà al film un'essenza immaginifica. Credo che l'estetica di un film non serva solo da puntello alla storia, ma vada oltre. Per me diventa un elemento narrativo vero e proprio. In conseguenza di ciò il mio è un film che esula da un genere preciso, parte dalla fantascienza per prendere strade diverse.