Diventata celebre per il ruolo di Denise in Master of None, la serie di e con Aziz Ansari prodotta da Netflix, in cui recita anche l'italiana Alessandra Mastronardi, Lena Waithe è entrata nella storia quando, all'ultima edizione dei premi Emmy, è diventata la prima donna di colore ad aggiudicarsi un premio per la sceneggiatura, grazie proprio a un episodio di Master of None, Thanksgiving, ispirato parzialmente ad elementi autobiografici, legati a quando ha rivelato alla madre la propria omosessualità.
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Sceneggiatrice televisiva (tra i suoi lavori anche diversi episodi di Bones e The Chi, che ha creato), produttrice, attrice: Waithe in America sta diventando un nome da tenere d'occhio, sempre più presente sulle copertine delle riviste e indicata come una delle persone più influenti per parlare di diritti delle donne e delle persone LGBT.
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Lena è ora anche nel nuovo film di Steven Spielberg, Ready Player One, tratto dall'omonimo romanzo di Ernest Cline, nelle sale italiane dal 28 marzo, in cui ha un ruolo importante, grazie al quale ha potuto realizzare uno dei suoi sogni, lavorare con l'uomo che le ha cambiato la vita con i suoi film: "Mi ha cambiato la vita con più di un film" ci ha detto a Londra, all'anteprima europea di Ready Player One, proseguendo: "E.T. L'Extraterrestre è il primo film di Spielberg che ho visto, a scuola, è stato fantastico. Sono una figlia di genitori divorziati e solo dopo mi sono resa conto che è ciò di cui parla il film, una cosa fenomenale, quando sei un bambino non cogli il significato completo. Poi ho visto Jurassic Park al cinema, incredibile: credo di essere diventata una persona diversa uscita dalla sala, perché avevo vissuto un'esperienza fenomenale. E poi anche Il colore viola ha cambiato la mia vita, grazie alla scena in cui due donne afroamericane condividono una scena intima, qualcosa di più dell'amicizia, per me ha significato molto vedere una cosa del genere sullo schermo. Ci sono molti film che mi hanno emozionato: quando mi chiedono qual è il tuo film di Spielberg preferito non riesco a dirne soltanto uno. Questi tre film hanno tutti avuto un impatto enorme su di me".
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La passione e l'entusiasmo di Steven Spielberg
Sul set di Ready Player One - che racconta la storia di una caccia al tesoro, ambientata in un futuro non lontano, il 2045, in cui la popolazione preferisce vivere dentro a Oasis, realtà virtuale creata da James Halliday (Mark Rylance), genio dell'informatica che ha creato un software in grado di cambiare il futuro -, Waithe ha scoperto che Spielberg è una persona piena di un entusiasmo incredibile: "Avere passione è molto importante, è alla base di tutto ciò che facciamo: se qualcosa non ci piace credo si veda. La cosa bella di questo film e di lavorare con Steven è che lui ama molto tutto ciò che fa e credo che la sua passione si veda guardando i suoi film, per cui non dà il 100%, ma il 120%, una cosa che spinge chi lo circonda a fare lo stesso. La sua passione è contagiosa: credo che tutti dovremmo esser pieni di entusiasmo come Steven, per tutto. Lui ama fare film, ma credo che onestamente contribuisca a rendere felice il mondo, lo ha fatto per tanti anni e gli sono molto grata per questo".
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Pensieri felici e contatto umano
Visto che è una grande amante del lavoro di Spielbeg, citando un altro suo film, Hook - Capitan Uncino, abbiamo chiesto a Waithe qual è il suo pensiero felice oggi, la risposta è stata dolcissima: "Il mio pensiero felice è la mia fidanzata: ogni volta che penso a lei sorrido. È ciò per cui sono grata: grazie a lei avrò pensieri felici per tutta la vita". Mentre invece, parlando della difficoltà che il creatore di Oasis e il protagonista, Wade Watts (Tye Sheridan), ragazzo che cerca di vincere la gara per il controllo del software, hanno nel confrontarsi dal vivo con le altre persone, Waithe ci ha detto: "Forse le persone si innervosiscono perché sono talmente abituate a stare dietro uno schermo che, quando devono relazionarsi con una persona dal vivo, non sanno cosa fare. Credo si debba abbracciare entrambe le cose: va bene usare la tecnologia, ma dobbiamo anche uscire e parlare con gli altri, guardarci negli occhi, stringerci le mani... Altrimenti non so cosa ci succederà".
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