Maria Salomea Sklodowska, origini polacche, si trasferisce a Parigi nel 1981 per poter studiare; nel suo Paese natale infatti alle donne era proibito di continuare nelle scuole superiori. Proprio dopo essersi iscritta alla Sorbona, dove comincia a perorare i suoi progetti sullo studio degli elementi, dimostrandosi portentosa nei campi della fisica e della chimica, ha modo di conoscere Pierre Curie, un collega e amico che ben presto diventerà suo marito.
Come vi raccontiamo nella recensione di Radioactive, l'amore tra loro non darà soltanto vita a una splendida famiglia ma anche ad alcune importanti scoperte che hanno rivoluzionato il settore. I loro studi sulla radioattività hanno permesso passi in avanti incredibili in moltissimi campi, non soltanto medici, ma il successo e la felicità della coppia rischia di essere incrinato da un destino crudele, con Maria che si ritroverà a lottare da sola in un ambiente tipicamente patriarcale, diventando un simbolo per i diritti delle donne e la parità dei sessi anche nell'ambito scientifico.
Chi si rivede
Soltanto tre anni prima era uscito nelle sale un altro film dedicato alla vita di Marie Curie, donna simbolo della sua epoca le cui invenzioni si riversano come non mai nel mondo contemporaneo, avendo segnato un fondamentale cambio di passo in molti dei nostri utilizzi quotidiani e non solo. Intitolato semplicemente Marie Curie (2016), il film ci offriva un ritratto intimo e personale di una figura ricca di fascino e sfumature, con l'attrice polacca Karolina Gruszka ben calata in quel ruolo più scomodo del previsto. A seguirne le orme in questa successiva produzione britannica è Rosamund Pike, anch'essa adagiatasi con una certa intensità e una buona dose di mestiere nei panni di questa geniale scienziata che ha dovuto fare i conti con le idiosincrasie del suo tempo, mina vagante in una realtà allora di soli uomini.
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Di qua e di là
L'impressione fin dai primi minuti è quella di assistere ad una narrazione fin troppo frammentaria, che ci catapulta sin da subito in una delle fasi clou della protagonista, prossima all'incontro con colui che diventerà il suo partner non soltanto nella vita privata ma anche a livello professionale. Ecco così che Maria / Marie viene continuamente trascinata in questo flusso di eventi che si susseguono, senza mai trovare una vera e propria stabilità di fondo che garantisca all'insieme un'adeguata coerenza. Tutto accade velocemente e inoltre la scelta di alternare alcuni spezzoni dove viene mostrato come le scoperte della coppia abbiano influito, nel bene e nel male, sul futuro dell'umanità acuisce questo senso di inorganicità generale. Dalla bomba atomica a Hiroshima al disastro di Chernobyl, o ancora la radioterapia quale contraltare - mostrando i pro e i contro - il racconto si apre a dettagli non sempre necessari, tradendo l'anima da puro bio-pic per trasformarsi in qualcosa di inutilmente didascalico.
Radiopolis
Non che Radioactive sia del tutto privo di meriti e soprattutto nella già citata performance di Rosamund Pike si intravedono le fiammate di una personalità fuori dagli schemi, capace di emergere in un contesto a lei potenzialmente ostile. Merito anche della regia soventemente attenta di Marjane Satrapi, non sempre coadiuvata da montaggio e sceneggiatura, che illumina alcuni dei passaggi chiave di una storia vera degna di essere raccontata al grande pubblico. L'autrice di Persepolis (2014) torna dietro la macchina da presa cinque anni dopo la sottovalutata horror-comedy The Voices (2019) e a tratti mostra i lampi del suo cinema libero e primigenio, dall'approccio piacevolmente femminista. Peccato che nei cento minuti di visione non tutto funzioni e si viva per l'appunto a sprazzi, con l'adattamento dell'omonima graphic novel alla base di Lauren Redniss che, nel passaggio in live-action, ha sofferto di alcune scelte controproducenti, che hanno impedito di dar vita a uno sguardo a tutto tondo anche credibile oltre che divulgativo.
Conclusioni
Marie Curie, vincitrice di due premi Nobel, non ha avuto una vita semplice e ha dovuto lottare con le unghie e con i denti per affermarsi in un ambito scientifico ai tempi prerogativa esclusiva dell'universo maschile. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Radioactive, il bio-pic firmato da Marjane Satrapi - trasposizione di un'omonima graphic novel - è spesso troppo frammentario nella sua evoluzione narrativa, che impedisce di entrare pienamente in sintonia con la protagonista nonostante la sentita interpretazione di Rosamund Pike. Un film che vive di sussulti ma altrove si adagia su soluzioni poco omogenee, tra battaglie femministe e rivelazioni scientifiche che hanno cambiato, tra pro e contro, la storia dell'umanità.
Perché ci piace
- Un'ottima Rosamund Pike nei panni della protagonista.
- Lo stile di Marjane Satrapi emerge a tratti con personalità...
Cosa non va
- ...ma la messa in scena è vittima di una sceneggiatura e di scelte narrative imprecise.
- Difficile entrare pienamente nella storia e nel relativo contesto storico.