Il racconto di una grande storia sportiva, ma anche il racconto di come i dettagli possano far la differenza cambiando il corso del destino. Che sia il destino di un uomo, o di un marchio leggendario. Una sfida ideologica, tra ossessione, intuizioni, velocità. Partendo da uno spunto, rimarcando quanto sia vero, ma anche inventato per esigenze narrative, Stefano Mordini porta al cinema una battaglia epica in Race for Glory - Audi vs Lancia. E lo diciamo subito, in apertura di recensione: il film ha le giuste vibrazioni, il giusto grado popolare, e il giusto spunto che guarda all'intrattenimento. Del resto, il paradigma tra cinema e sport è sempre gagliardo e suggestivo, ed è ancora più coeso quando il cinema racconta il mondo delle corse automobilistiche.
Tra l'altro, in Race for Glory, il protagonista è il rally. Uno sport che attraversa la natura, attraversa le case e le persone. Uno sport di forte impatto, complicato da essere raccontato al cinema. Perché il rally non è la Formula 1: gli spazi si ristringono, e l'ecosistema circostante diventa parte integrante della gara. Dunque, più spazio alle sensazioni e alle emozioni; più spazio anche alle parole, ai volti, alle situazioni. Magari, non tutto gira al meglio, tuttavia Mordini, su sceneggiatura scritta insieme a Filippo Bologna e Riccardo Scamarcio, è bravo a non perdere il controllo, e anzi finisce in crescendo. Come nelle migliori prove a tempo.
Race for Glory, la trama: l'istinto di Cesare Fiorio
Race for Glory: Audi VS Lancia ci porta nel 1983, epoca d'oro per il rally. L'anno in cui "si fece la storia". L'anno della Lancia contro l'Audi. Passione e istinto contro tecnica e raziocinio. Da una parte Cesare Fiorio, interpretato da Riccardo Scamarcio (anche produttore), che guida il team della Lancia, dall'altra c'è Roland Gumpert (Daniel Brühl), a guida del team Audi. Il team manager Fiorio, portando avanti una rivoluzione ideologica e tecnica, e convincendo il campione Walter Rohrl (Volker Brunch) a correre per la scuderia italiana, riesce ad imporsi, puntando ad una vittoria dai riverberi tutt'ora importanti.
Buona tecnica per uno sport movie dai riverberi attuali
Ma se "solo i perdenti vogliono vincere", Race for Glory ha l'intelligenza di puntare non tanto sulla credibilità storica, bensì sull'emotività e le emozioni dei protagonisti. Insomma, si ha successo solo se si è disposti a perdere. Certo, qualche passaggio narrativo, complici i dialoghi ridondati, sfrutta probabilmente ed eccessivamente l'enfatizzazione della vicenda, ciononostante la funzione logica della corsa sottolinea la metafora voluta, sintetizzata nel dualismo tra le due ideologie che, merito delle contraddizioni, fanno da specchio per un'epoca (non solo sportiva) che appare lontana. Se oggi la competizione e la rivalità sono concetti ormai sviliti da un'omologazione di pensiero (e ripetiamo, un'omologazione anche sportiva), le auto da rally di Race for Glory tornano a seguire una strada sterrata che risulta godibile tanto nelle scene di corsa quanto nella ricerca di una perfezione che, per antitesi, passa per l'imperfezione stessa.
Allora, guardandolo, il paragone va necessariamente a Ferrari di Michael Mann, che tanto aveva acceso il dibattito a Venezia: se quella di Cesare Fiorio e quella di Enzo Ferrari sono due figure che mettono la fallibilità come centro del pensiero, Mordini è riuscito a fare meglio del regista americano, riuscendo ad allontanare lo spettro della macchietta (e no, non stiamo esagerando), fotografando, magari per aforismi, un altro elemento portante del film (presente anche in Ferrari), ossia il tempo e la perdita del controllo. Parentesi a parte (e paragone a parte, possibile solo in questo contesto narrativo), Race for Glory ha l'onestà e la semplicità di farsi cinema artigianale, tanto pensato quanto sviluppato per illuminare gli stilemi del tipico sport movies. Sostanza, ideologia, coraggio, vittorie e sconfitte. Un mix che si conferma efficace. Ancora più efficace se il mix è poi accompagnato dalle musiche di Venerus. Un'intuizione sonora diremmo sorprendente, nonché di altissima qualità.
Conclusioni
La storia vera di Cesarie Fiorio rivista in chiave cinematografica da Stefano Mordini, strutturando un film dove il rally si fa metafora di un cambiamento portato avanti dalle intuizioni e dalle ossessioni di un uomo capace di vincere accettando, però, la sconfitta. Come scritto nella nostra recensione, se alcune sequenze finiscono per essere un po' troppo enfatizzate (così come i dialoghi), il mix finale funziona, riuscendo ad intrattenere grazie ad un cinema artigianale e popolare.
Perché ci piace
- Il marchio Lancia, sempre affascinante.
- L'archetipo sportivo.
- Le scene automobilistiche funzionano.
Cosa non va
- Forse il tono è un po' troppo enfatizzato.
- I dialoghi a volte sfumano nello slogan.