Non sono passati poi tanti anni da quando chi scrive era una di loro. Ok, sì, sono passati tanti anni, o almeno un lasso di tempo sufficiente a perdere di vista irrimediabilmente quel mistero, il mistero delle risate senza motivo delle ragazze, dell'intesa che travalica gli interessi e le aspirazioni in comune, della vita piena di possibilità e di giornate lunghissime da riempire di nuove avventure.
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Giuseppe Piccioni è evidentemente affascinato da questo mistero, e prova a catturarlo in Questi giorni, pellicola in concorso alla 73. Mostra del Cinema di Venezia che vanta, accanto a quattro giovani eroine, anche un manipolo di veterani in piccoli ruoli.
Amiche assortite
Pur proiettato verso il viaggio che faremo al fianco delle ragazze, Questi giorni indugia non poco in una fase introduttiva che zoppica in più punti, come nella parentesi surreale della lettura delle lettere con le giovani attrici che si mettono in posa e guardano in macchina, nell'uso goffo della voce fuori capo, dei momenti in cui Maria Roveran duetta con Filippo Timi - il quale, per essere un balbuziente, è incredibilmente in difficoltà nell'intepretarne uno in scena. Le ragazze, da parte loro, sono caratterizzate con qualche semplificazione di troppo: c'è la ribelle criptolesbica che vuole andarsene da casa, la gattina sexy incompresa, la svampita incinta e, naturalmente, la moribonda. Le giovani attrici però abbracciano i loro personaggi con abbandono e freschezza, e finiscono non solo per conquistarci ma anche per rendere un film con evidenti debolezze nella sceneggiatura una visione scorrevole e niente affatto spiacevole. Le migliori sono la più navigata Marta Gastini e la buffa ed espressiva semi-esordiente (è apparsa nella versione nostrana di In Treatment) Caterina Le Caselle.
I "grandi", che disastro
Dicevamo di Timi e del suo ridicolo e un po' disturbante professore di letteratura. È sconcertante vedere un attore consumato e di enorme talento, diretto per di più da un regista esperto, così disorientato. Ma il fenomeno si ripete purtroppo con Sergio Rubini, protagonista di una manciata di imbarazzanti minuti nei panni del padre della bellissima Angela (Laura Andriani). Se la cava meglio Margherita Buy, che probabilmente ha materiale migliore di quello dei colleghi nel ruolo della madre di Liliana (Roveran), genitrice egoista e distratta costretta a fare i conti col terribile segreto di sua figlia. Neanche l'infallibile Margherita tuttavia ci è sembrata del tutto convincente; forse è troppo intelligente e raffinata per incarnare questa mamma un po' disattenta e discretamente cafona.
Il mistero che ci sfugge
Come accennavamo più sopra, il tempo del viaggio, quello che trascorriamo con le quattro ragazze, è il cuore del film e la parte che funziona meglio, grazie soprattutto alla spontaneità delle attrici e all'immediatezza della messa in scena: il mistero che cerca di catturare Piccioni, però, gli sfugge, e forse è giusto che sia così. Ammirato e affettuoso, il regista racconta le sue protagoniste da lontano, resta in superficie sulle dinamiche tra loro, non riesce fino in fondo a rivelarci le ragioni per cui 'questi giorni' che, a sentire la voce off, sono uno spartiacque nella vita delle giovani, finiscono per essere così cruciali e indimenticabili. Gesti semplici, eventi banali come una gita in canoa con un bel ragazzo serbo o un vaticinio espresso davanti alla fiamma delle candele, sono ciò di cui dobbiamo accontentarci per ritrovare questo tempo perduto: il limine tra la magia fuggevole della spensieratezza giovanile e la banale e prosaica realtà dell'età adulta.
Movieplayer.it
2.0/5