La seconda parte della conferenza stampa romana per il lancio di Kill Bill: Volume 2 ha visto la straordinaria partecipazione del regista Quentin Tarantino, in collegamento via satellite da New York.
A Cannes sarai presidente della giuria. Con che criteri giudicherai le opere altrui?
Uno dei compiti del presidente della giuria è determinare l'andamento delle preferenze: c'è chi lo caratterizza politicamente, chi nazionalisticamente... per me l'unico criterio sarà l'amore per il cinema. Vorrei soltanto vedere vincere il film più bello, e vorrei che i giurati difendessero fino alla fine i film che amano.
Tu hai una cultura cinematografica sterminata. Molto spesso si si lamenta che ha Hollywood non si ha una sufficiente conoscienza del cinema del passato. Credi che il futuro del cinema appartenga a chi ne sa di più, a chi ne conosce le origini?
A me piace molto vedere venir fuori giovani registi con un proprio background cinematografico: pensiamo al Kevin Smith di Clerks - commessi, ad esempio. Io sono cresciuto vedendo ogni genere di film, dai classici americani agli europei, dai film di Hong Kong ai giapponesi, e mi picco di pensare che tutto questo si rifletta nei miei lavoro. Sì, credo che i registi migliori siano quelli che vedono molti film, che si nutrono di cinema.
Nella parte finale di Kill Bill: Volume 2 c'è un monologo in cui David Carradine parla di supereroi. Lei ama i fumetti quasi quanto ama il cinema. Aveva in mente i fumetti di supereroi mentre scriveva Kill Bill? Kill Bill non è ambientato nel nostro mondo, ma in un'altra dimensione di cinema nel cinema, in cui anche i fumetti trovano il loro spazio e che ha le sue regole e la sua logica, un po' più elastiche delle nostre ma che cerco sempre di rispettare. Quel monologo non era nella sceneggiatura iniziale: mi venne in mente mentre ero a cena a Pechino, e lo scrissi appena tornai a casa, un mese prima dell'inizio delle riprese.
Tu ami molto il cinema hongkongese. Oggi la produzione cinematografica di Hong Kong ristagna: come mai, secondo te?
Io credo che non ci sia un motivo, semplicemente dipende dai momenti. Ad esempio, all'inizio degli anni '80 andava fortissimo il cinema australiano: poi, quasi più nulla. Hong Kong è in una fase di stanca, ma l'energia creativa sembra essersi trasferita in Corea, dove invece oggi sono attivissimi.
Come mai hai fatto un'edizione del film specifica per il mercato giapponese?
Io conosco un po' il tipo di pubblico di tutto il mondo. Non faccio film per gli Stati Uniti, faccio film per il pianeta Terra. Ci sono paesi che accolgono con maggiore apertura mentale la violenza nel cinema, ad esempio l'Italia. In Giappone, poi, i combattimenti vanno forte: per questo, per quel mercato, ho optato per la scena di presentazione di Bill con il duello con Michael Jay White. Per l'Europa invece ho inserito un'altra scena che svolge la stessa funzione ma che mi sembrava più interessante.
Una tendenza recente del cinema americano è quella del "docudrama", che cerca una rappresentazione realistica della realtà superando gli stereotipi. Tu vai nella direzione opposta: prendi gli stereotipi e li rielabori. Ti piace quel genere di cinema, così diverso dal tuo?
Mi piace quel tipo di film, come mi piacciono tutti gli altri. Dipende anche dal soggetto: il cinema non deve essere tutto uguale! Uno dei miei film preferiti degli anni '90 è La vita è un sogno di Richard Linklater, girato con due soldi, con un piglio molto documetaristico... se avessi un soggetto adatto farei anch'io un film così.
In Italia è circolata una voce che ti vuole interessato a girare un film su James Bond. C'è qualcosa di vero?
Sì! Mi piacerebbe molto trarre un film da Casino Royale, che è il primo romanzo della serie. Ma bisogna vedere se i produttori me lo faranno fare. Sarebbe divertente e a basso budget, e cercherebbe di ritrovare lo spirito del Bond anni '60.
L'unione europea sta per allargarsi ai paesi dell'est, inglobando anche un divcerso e ricco bagaglio culturale e anche cinematografico. Pensi che questo potrebbe rafforzare il cinema europeo e fargli guadagnare punti sul mercato americano?
Per me non è importante che il film d'autore polacco si venda bene in America, ma che i paesi europei sappiano gestire il proprio mercato interno in maniera varia, dando spazio a tutte le tipologie di film. L'Italia è un ottimo esempio di ciò: dagli anni '50 ai '70 avete avuto tutti i generi di cinema. Accanto a Fellini, De Sica e Visconti c'erano i Mario Bava, Lucio Fulci, Riccardo Freda, Fernando Di Leo, Alberto De Martino, i film con Ercole, quelli di mafia, gli spaghetti western... Non si vive di soli film d'autore bisogna che ci siano anche quelli di consumo e di puro intrattenimento.
Hai contrapposto due donne come Uma Thurman e Daryl Hannah, dotate di una bellezza fragile e delicata, e ne hai fatto due micidiali e furiose valchirie. In questo, non credi di avere "tradito il biondo"?
Il combattimento tra Uma e Daryl doveva richiamare i monster movie giapponesi: se avessi potuto le avrei fatte alte come Godzilla. Ma dovevo stare al minimo di realismo delle mie regole. Certo, dovevano anche essere belle, perché più erano belle, più sarebbe stato impressionante quanto male si facevano!
La divisione del film in due volumi ti ha imposto delle modifiche alla sceneggiatura?
Beh, veramente se leggete la sceneggiatura vi accorgerete che è già tutto lì, più o meno come è giunto sullo schermo. E' proprio la mia idea di film epico, un po' anni '60, che vuole un cambio di tono tra la prima e la seconda parte: una prima parte di exploitation, film d'azione e di vendetta, con un grande showdown come quello alla House of the Blue Leaves, e una seconda parte più dialogica e narrativa, che risponde alle domande poste dalla prima parte.
Per questo è stato facile, alla fine, dividere in due volumi il film.
Cosa ci dici del DVD? E, tu che hai lavorato per anni in un videonologgio, cosa pensi del fenomeno che ha rivoluzionato l'home video?
La ritengo una cosa molto interessante: molte gente non noleggia più i film, ma li compra in DVD, perché vuole il Making of, i trailer, gli speciali.
Non ho avuto molto tempo da dedicare al DVD di Kill Bill: Volume 1, anche se ho fatto quanto potevo. Alla fine intendo realizzare una gigantesca Collector's Edition per il film intero, approfittandone anche per parlare delle molteplici influenze che sono alla base di Kill Bill.
Il tuo film è una metafora sui problemi dell'affidamento dei figli dopo la separazione?
Più che altro è una metafora sulle relazioni uomo-donna.
Cosa pensi di La passione di Cristo di Mel Gibson? Lei è tra quelli che lo giudicano violento o tra quelli che lo trovano molto spirituale?
L'ho visto solo tre settimane fa, ed è un film molto, molto violento, ma anche spirituale. Per me è un capolavoro assoluto. Uno dei più potenti esempi di narrazione visiva dai tempi del muto: David W. Griffith avrebbe apprezzato La passione.
Credi che la divisione in due episodi abbia creato qualche problema ai riferimenti interni più ironici della sceneggiatura? Non so, le battute sul vero nome della protagonista?
Dovete considerare che, quando è uscito il Volume 1, il Volume 2 non esisteva se non come girato ancora da assemblare, e non potevo avere un idea dell'organicità del tutto. Nel complesso, mi sembra di aver tenuto sotto controllo tutto senza problemi.
Quanto al nome del personaggio di Uma, l'ho "tenuto nascosto" perché volevo che fosse come "l'uomo senza nome" dei film di Sergio Leone con Clint Eastwood: nelle recensioni, nelle discussioni, nell'immaginario, lei doveva essere soltanto "la Sposa".
Il mondo è martoriato dalla violenza vera, quella delle guerra e del terrorismo. Che rapporto hai con questo fatto?
Io sono nato e cresciuto in America, la violenza cui ho assistito, che è praticamente nel mio DNA, è quella delle strade. La violenza di cui parli mi colpisce, senza dubbio, ma non mi ha ancora influenzato artisticamente - anche se non escludo che un giorno possa succedere.