"Elvis Has Left The Building". È un'espressione che viene coniata nel 1956, quando il pubblico aspettava sotto il palco per avere ancora una canzone del Re del rock, e una persona disse loro che ormai aveva lasciato l'edificio. È un'espressione che, da allora, viene usata per dire che una cosa è finita, andata, che non c'è speranza. È una frase che sentiamo nei primi minuti di Quel giorno d'estate (titolo originale, Amanda), in un dialogo tra Amanda, una bambina di sette anni, e la madre, Sandrine, e che ritornerà in un momento topico del film. Dalla recensione di Quel giorno d'estate, il film di Mikhaël Hers in uscita il 30 maggio, capirete che si tratta di un film bellissimo e molto particolare: potrebbe essere un film di Eric Rohmer per come racconta gli incontri e le relazioni tra le persone, se non fosse che in un film di Rohmer difficilmente troveremmo una tragedia come un attentato terroristico. La grandezza di un film come quello di Hers è proprio questa: riuscire a raccontare la tragedia concentrandosi su quello che non vediamo mai, i rapporti tra le persone, e la vita che va avanti. Il titolo originale del film è Amanda, il nome della piccola protagonista. Amanda significa che è da amare. E la chiave del film è tutta qui.
La trama: un attentato a Parigi
La vita di David (Vincent Lacoste) scorre tranquilla. È un ventenne single che per vivere fa saltuariamente il giardiniere e si occupa di gestire gli affitti per un grosso proprietario di immobili. È molto legato alla sorella Sandrine (Ophélia Kolb), madre single della piccola Amanda (Isaure Multrier) di 7 anni, che adora. Durante il suo lavoro incontra Lena (Stacy Martin), una bella ragazza che si è appena trasferita a Parigi, della quale potrebbe innamorarsi. Ma un pomeriggio come tanti, un attentato terroristico sconvolge le loro vite: Sandrine perde la vita, e David, oltre a elaborare il lutto, deve pensare anche a occuparsi di Amanda.
Il tocco di Eric Rohmer
Quel giorno d'estate è un film davvero particolare. È commovente ma senza volerlo essere a tutti i costi, senza che alcune situazioni siano forzate, senza quelle scene madri e quelle situazioni che, nella maggior parte dei film, sembrano volerci portare a una reazione emotiva a tutti i costi. È insomma lontano da certe scelte tipiche del cinema drammatico mainstream, quello americano per intenderci, da certi "ricatti" che a volte la scrittura e la regia di un film ci propongono. È naturale pensare alla scuola di tutta una serie di autori, nel cui solo si muove Mikhael Hers. Il regista di Quel giorno d'estate ci ricorda Eric Rohmer (e alcuni suoi seguaci, anche non francesi, come Richard Linklater), per come mette in scena la vita e, nonostante la tragedia, il suo scorrere naturale. Guardare questo film, come accade con quelli del maestro francese, è come assistere alla vita di alcuni tuoi amici, persone a cui vuoi bene, e che guarderesti vivere a lungo, anche oltre le due ore del film.
Fuori campo
Quel giorno d'estate è uno di quei film la cui classe si nota anche da piccoli particolari. Da alcune cose che vengono lasciate fuori campo. Una di queste è l'attacco terroristico, che non viene mostrato, perché i media ci hanno abituato a vivisezionare in loop ogni istante di questi momenti (come è avvenuto proprio con una tragedia parigina, quella del Bataclan), e perché, in fondo, la chiave del film non è la tragedia, ma la reazione ad essa, un tema di cui, proprio in occasione degli attentati del novembre 2015, tanto si è discusso. Alla tragedia assistiamo solo per un attimo, a cose già avvenute, nel momento in cui David arriva nel parco dov'è avvenuta. Solo alcune persone per terra, qualche traccia di sangue. Il resto lo capiamo da soli. E poi c'è la scena in cui David, qualche tempo dopo, incontra una vecchia amica che non sa nulla, che gli chiede di Sandrine. Non le dice subito che cos'è successo, ma poi la raggiunge, e lo vediamo parlare con lei in campo lungo, ma non sentiamo quello che dice. Questa sorta di pudore, di volersi fermare sempre un attimo prima che la situazione diventi troppo drammatica, è una delle carte vincenti del film.
Vincent Lacoste e Stacy Martin, che sorprese
Se tutto questo funziona, oltre che della regia, è merito degli attori. David, il protagonista, è interpretato da Vincent Lacoste, un volto particolarissimo, affascinante ma al tempo stesso buffo, l'aria un po' svagata, i capelli arruffati, la bocca imbronciata. Ricorda un po' il primo Francesco Nuti, ed è una vera sorpresa. Come lo è, in questo ruolo, la splendida Stacy Martin[/PEOPLE], che dona a Léna prima tutta la malizia insita in quel suo musino affilato, poi una dolcezza dolente inedita per chi ricorda i suoi ruoli in Nymphomaniac di Von Trier e ne Il racconto dei racconti di Garrone.
È la prova che l'attrice sa toccare anche altre corde e altri registri. Se l'esordiente Isaure Multrier, nel ruolo di Amanda, è molto lontana dalle solite bamboline che interpretano le bambine nei film americani, e regala un altro po' di verità al film, ci siamo sorpresi anche nel vedere - in una parte secondaria - Nabiha Akkari, in un ruolo lontano dal cinema pop di Checco Zalone e delle Lezioni di cioccolato: i suoi occhi, il suo sorriso, la voce melodiosa colpiscono comunque. E l'attrice ci dimostra che può essere utilizzata anche in altri modi, volendo anche dal nostro cinema. A proposito, c'è anche un cameo intenso di Greta Scacchi.
Mentre tutto scorre
Mentre David e Amanda elaborano il lutto, e contemporaneamente costruiscono il loro rapporto, la vita intorno a loro scorre comunque, scorre uguale a prima. È una cosa crudele, per loro. Ma è così che deve andare, è quello che si è detto più volte proprio dopo l'attentato al Bataclan di Parigi. Quel giorno d'estate non è un film sul terrorismo, ma un film sui legami tra le persone, sulla vita dopo un lutto. Ma, scrive il sociologo Gerome Truc, "Quel giorno d'estate sarà probabilmente un indicatore di come il cinema francese abbia reagito agli attacchi del 13 novembre. Molto più che un film sul 13 novembre, è una pietra miliare nel cinema francese post-13 novembre". E alla fine arriva Amanda, che nella scena più bella del film, all'improvviso, tira fuori quella frase che le aveva insegnato la mamma, "Elvis Has Left The Building" (è anche il titolo della canzone che Jarvis Cocker, ex leader dei Pulp, canta sui titoli di coda). Perché realizza: è finita, è andata, non c'è speranza. E invece non è finita, c'è ancora speranza, le fa capire in qualche modo David. Basta trovare la chiave che apre certe porte, come fa Amanda con quella chiave che apre quell'appartamento.
Conclusioni
Dalla recensione di Quel giorno d’estate capirete che si tratta di un film bellissimo e molto particolare: a tratti sembra un'opera di Eric Rohmer. Riesce a raccontare una tragedia con una delicatezza e una sensibilità rare, concentrandosi sui rapporti tra le persone, e la vita che va avanti.
Perché ci piace
- Il film riesce a raccontare la tragedia concentrandosi su quello che non vediamo mai, i rapporti tra le persone, e la vita che va avanti.
- È commovente ma senza volerlo essere a tutti i costi, senza situazioni forzate, senza volerci portare a una reazione emotiva a tutti i costi.
- Il regista ci ricorda Eric Rohmer per come mette in scena la vita e, nonostante la tragedia, il suo scorrere naturale.
Cosa non va
- Solo qualche dettaglio, come qualche difficoltà del protagonista nelle scene in cui piange.