Luca Guadagnino ha raccontato più volte come, quasi richiamato da una voce, sia stato attirato dal libro Queer di William Burroughs, in una libreria, quando era un ragazzo di 16 anni. Uscito in Italia solo nel 1985, si tratta di un romanzo in cui lo scrittore parla di se stesso grazie all'alter ego di Lee, fuggito dagli Stati Uniti a Città del Messico. A interpretarlo è Daniel Craig, in una delle prove più intense (e sudate) della sua carriera.

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, Queer esce finalmente in sala. Sono 30 anni che il regista cercava di fare questo film. E dentro ci ha messo tutto: il desiderio, la ricerca di una connessione profonda, sogni, metafore, simboli. È un viaggio affascinante alla ricerca delle emozioni rimosse del protagonista, che, in qualche modo, ci spinge a guardare le cose da un punto di vista laterale.
Luca Guadagnino e Daniel Craig hanno presentato il film in Italia, a Milano, ed è lì che li abbiamo incontrati. E nella nostra intervista ci hanno rivelato una curiosità: Burroughs diceva che il Messico è una terra in cui i fiumi sono pieni di mostri indicibili. Alla domanda se abbiano trovato davvero dei mostri nella loro Città del Messico ricostruita a Cinecittà, il regista ha ammesso: "Abbiamo una bellissima sequenza di mostri, che però non abbiamo inserito nel film. Quindi, in realtà, abbiamo rimosso i mostri!".
Queer: intervista a Luca Guadagnino e Daniel Craig
Sempre Burroughs diceva che il modo per uccidere un uomo, o una nazione, è distruggere i suoi sogni. Le scene oniriche del film sono quindi un modo per dialogare direttamente con lui e riportarlo quasi in vita?
Guadagnino: "Nel libro Queer ci sono molti sogni, soprattutto alla fine. C'è una falsa convinzione che sia incompiuto. Non lo è. Lee non permette che assumano la droga durante il viaggio attraverso l'Ecuador. Ma poi, due anni dopo, torna in Messico. In quel momento, Lee si addormenta e sogna se stesso nel ruolo dell'investigatore alla ricerca di Allerton. E poi discutono dell'affare. Ho pensato che la logica onirica del libro stesso, ma anche dei sogni nel libro, dovesse esserci. Dovevamo averla. Questo è un libro che non è una biografia. Non è un'autobiografia di William Burroughs a Città del Messico. Probabilmente è quasi come una seduta di auto-terapia in cui sta riversando fuori le associazioni mentali legate a quell'esperienza emotiva. Quindi il film doveva avere quel tipo di logica".
E Craig? Come mantiene vivi i suoi sogni? L'attore: "Sì, certo. Ma sono molto controllati. Riguardano la mia famiglia".
I dettagli sono tutto
Queer è un film complesso, che per essere apprezzato appieno richiede non soltanto aver letto il libro, ma anche conoscere la vita dell'autore. Dietro a questo racconto c'è infatti, molto probabilmente, il senso di colpa per la morte della moglie dello scrittore, uccisa da un colpo di pistola durante un gioco finito male. Quindi i simboli, i dettagli (come il ciondolo a forma di millepiedi) sono molto importanti.

Lo stesso Burroughs, dando un consiglio agli scrittori, disse: "Tenete gli occhi aperti, perché la maggior parte delle persone non si accorge di ciò che accade intorno a loro". Ecco, oggi che siamo tutti distratti dagli schermi dei nostri cellulari, cosa ci direbbe? Secondo Craig: "Penso che sia solo un lavoro. Voglio dire, sì, ci sono molte distrazioni, ma ci sono sempre state delle distrazioni. C'è sempre qualcosa. Ed è compito di un artista permettersi di vedere le cose, di uscire e osservare. È da lì che traggo tutta la mia ispirazione. È da lì che traggo tutta la mia ispirazione. Quindi siamo distratti dai telefoni e da altre cose, ma non bisogna esserlo".
Queer e la magia
Burroughs parla spesso di magia nelle sue lettere in relazione al Messico. E in effetti anche nel film di Guadagnino c'è questa sensazione di qualcosa che non si riesce bene a spiegare razionalmente. Quanto è importante la magia nella vita e nel cinema? Il regista: "In Sud America praticano due magie diverse, quella che chiamano brujeria, che è la magia nera. E l'altra, non conosco il nome, ma è la magia bianca. E se devo supporre che ci sia una magia in gioco qui, di certo non è nera. Penso che ci sia un'emancipazione attraverso la magia che avviene nel film, soprattutto quando si incontra la dottoressa Cotter. Probabilmente più che di nera, parlerei, si spera, di ciò che è, diciamo, dentro, uno spazio interiore. Potrebbe essere buio, a volte sì, a volte no".

E Craig crede nella magia? Dove la trova? L'interprete: "Logicamente, non credo nella magia. Ma penso che la magia derivi da momenti estremi della propria vita. Penso che sia lo stesso se invochi un Dio, o se chiedi aiuto, in un certo senso, quando sei nei guai. A volte le coincidenze nella vita sembrano magiche. E forse lo sono".
Luca Guadagnino è un grande cuoco

Negli anni, si è diffusa la voce che Luca Guadagnino ami cucinare sul set per i suoi attori e la troupe. Lo hanno detto, tra gli altri, anche Zendaya e Timothée Chalamet. Abbiamo chiesto quindi a Daniel Craig di dirci che tipo di cuoco sia il regista. La risposta ci ha messo molta curiosità: "Non è solo bravo. È brillante. Lui gestirebbe un ristorante stellato Michelin se non facesse questo". E se Queer fosse un sapore, quale sarebbe? Guadagnino non ha dubbi: "Quello di quando baci qualcuno e lo mordi accidentalmente: il sangue che esce dalle sue labbra. Quello è Queer".