"Oh mamma!" Lo esclamava il dottor Samuel Beckett, scienziato che ha scoperto come viaggiare nel tempo, in (quasi) ogni epilogo di puntata di In viaggio nel tempo (Quantum Leap), indimenticabile serie a cavallo tra anni 80 e 90 che più cult non si può. Il 5 maggio ricorre il ventennale dall'ultima puntata di uno show su cui NBC puntò ben poco (la prima stagione conta solo nove puntate) e che in Italia subì una programmazione inqualificabile (su Rai1 dal 1992, e poi su La7, Jimmy e Rai3) pensata per stravolgere l'ordine degli episodi (nonostante il finale di ognuno introducesse il successivo) e giocare a nascondino con la finale di serie.
In poco meno di cento puntate Quantum Leap mette in scena le avventure di Samuel Beckett, simpatico scienziato e genio in svariate discipline (comprese lingue e sport), che crea e utilizza una macchina del tempo e non riesce più a tornare al proprio presente. I viaggi di Sam lo portano in luoghi e momenti del passato recente americano, secondo modalità curiose: prende il posto di persone - uomini e donne di qualsiasi età ed etnia (e non solo, anche uno scimpanzé all'appello) - e vive un breve periodo delle loro vite. "Salta" verso una nuova missione quando riesce a risolvere in meglio il fato della guest dell'episodio. Lo assiste Al, il militare in borghese peggio vestito della Storia - predilige giacche argentate, camicie hawaiane e cappelli sgargianti -: cinque moglie all'attivo, sigaro tra le labbra e una specie di tricorder rumoroso sempre con sé, collegato al supercomputer Ziggy che lo informa di vita, morte e miracoli delle guest (in inglese leapees). Al compare in forma di ologramma solo a Sam - ma riescono a vederlo anche bimbi e cani, quasi fosse un fantasma - e lo aiuta nella speranza che lo scienziato riesca a tornare a casa. Nel corso di cinque stagioni Sam sostituisce decine di individui, mentre chi lo circonda lo vede con le sembianze dei leapee, in realtà parcheggiati in sala d'aspetto nel presente di Sam: questi sono puntini anonimi della Storia - tra i tanti un pugile, un pompiere, un pianista cieco, un rabbino -, e meno anonimi - Elvis Presley, Lee Harvey Oswald, la guardia del corpo di Marilyn Monroe -, vittime di pregiudizi - uno studente nero, una ragazzina incinta, una persona Down - e individui dalle professioni più fantasiose - un attore di soap, un cacciatore di fantasmi, un presunto vampiro, un vigilante mascherato. Tra una missione e l'altra Sam insegna a Michael Jackson il moonwalk, le parole di Peggy Sue a Buddy Holly, la manovra Heimlich al suo inventore e salva Jacqueline Kennedy dall'attentato che uccise JFK. Quantum Leap illude lo spettatore che vi si approccia con una sigla (quando le sigle ancora duravano un minuto e non tre secondi) accattivante e allegra e una spalla, Al, che fa da sollievo comico, ma il sollievo comico ha un passato tragico fatto di orfanotrofi, guerra, prigionia e alcol e anche Sam soffre vari patimenti. Con grazia e maestria la serie affronta temi delicati della Storia americana e mostra una profonda umanità poco in voga tra gli show analoghi. Creata dall'immarcescibile Donald P. Bellisario di Magnum P.I., Tequila e Bonetti, JAG - avvocati in divisa e NCIS - unità anticrimine, ha regalato al suo protagonista Scott Bakula lo statuto di icona della fantascienza (finirà poi a fare il capitano dell'Enterprise nel poco popolare spinoff omonimo di Star Trek e il babbo molto "beckettiano" di Bartowski in Chuck), e donato a Dean Stockwell (Al), una bella stella sulla Hollywood Walk of Fame, consegnata il 29 febbraio (in inglese... "Leap Day"!) del 1992. A distanza di vent'anni dall'ultima puntata - che regala ad Al un futuro felice con la sua amata prima moglie ma priva Sam del ritorno a casa - Quantum Leap è ancora un cult con un bacino di fan che citano ed evocano la serie. Tra questi Duncan Jones, che in Source Code ha ingaggiato Bakula per interpretare il padre del protagonista Colter, il quale, come Sam, prende il posto di altri per salvare vite. Scott presta la sua voce al padre di Colter durante una telefonata che evoca quella di Beckett con il proprio genitore in Quantum Leap ed esclama "Oh boy!" (la versione originale di "Oh mamma!", con cui lo scienziato commenta puntualmente le sue incarnazioni più improbabili). In italiano, ça va sans dire, la citazione si è persa. Ma i fan possono ancora sperare in un ritorno: al Comic Con di tre anni fa e alla Reunion della Philadelphia Comic Con 2012 si è parlato dell'eventualità di un revival di Quantum Leap. Notizia bella o brutta? Secondo noi sarebbe bello poter vedere Sam tornare, almeno una volta, a casa.Quantum Leap: A spasso nel tempo
A vent'anni dalla fine della serie, è tempo di celebrare Quantum Leap, straordinario cult seriale a metà tra fantascienza e un manuale di Storia sociale americana del XX secolo.