"Filmare la musica è molto difficile: l'unica possibilità è quella di entrare dentro la musica, capire la giusta distanza e posizione. E per trovare la giusta posizione all'interno dell'auditorium abbiamo impegnato tre mesi. Un tempo necessario per comprendere la distanza tra i musicisti e la cabina di regia e quali equilibri e tensioni potessero far emergere maggiormente la musica."
Con queste parole Fabrizio Ferraro presenta il suo documentario Wenn aus dem Himmel... Quando dal cielo..., realizzato in tre anni e grazie al telento musicale di due tra i più importanti musicisti di jazz del panorama internazionale, Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura.
Attraverso la loro ricerca del suono, la costruzione della struttura musicale e l'esecuzione, il regista realizza il sogno di filmare e la musica, attribuendogli un corpo e una forma destinato ad una continua mutazione. I due artisti sono stati osservati da Ferrero durante la registrazione dell'album In Maggiore, sotto la stretta sorveglianza creativa di Manfred Eicher, probabilmente uno degli ultimi grandi discografici e fondatore dell'etichetta ECM. In questo modo Quando il cielo sembra essere un film in costante composizione, proprio come i brani scelti e trasformati sotto l'influsso di ispirazioni sempre diverse. Perché la musica, proprio come il cinema, pur conoscendo regole ben precise, trova la genialità al di fuori di queste. Il film sarà distribuito da Boudu dal 16 aprile, anche se a Roma non è prevista programmazione, fatta eccezione per due proiezioni speciali al Cinema Aquila e all'Eden.
Vedere la musica
Il film di Ferrero, come gran parte del suo lavoro, si discosta dalla realizzazione classica di un'opera cinematografica. Questo perché, mettendo da parte la necessità di costruire un percorso narrativo definito e prestabilito, il regista preferisce di gran lunga avventurarsi con il pubblico un una avventura di sperimentazione ed esperienze impreviste. Proprio da questa visione nasce Quando dal cielo, un viaggio acustico al quale abbandonarsi completamente. "Sentivo l'esigenza di realizzare un film che richiamasse e ravvivasse il senso del vedere attraverso e nella musica. In questo modo sono tornato ad esaltare il processo della visione - spiega Ferrero - siamo abituati a pensare che la forza del cinema sia quella di far arrivare a noi l'immagine, ma quello è solo il punto di partenza e certo non di arrivo." Per portare a termine il suo scopo il regista è rimasto per mesi in invisibile osservazione di Fresu e Di Bonaventura, chiusi a loro volta in un auditorium vuoto a Lugano per registrare un album.
Un'impresa che ha richiesto, da parte della troupe cinematografica, una assoluta predisposizione all'invisibilità. "Il nostro scopo era rimanere in ascolto per cercare un'esperienza umana e artistica. A dire la verità Manfred all'inizio non era molto entusiasta, aveva paura di sentirsi troppo invaso e diretto. Quando, poi, ha capito le nostre intenzioni è stato entusiasta del progetto. Così, ci siamo messi in attesa delle meraviglie che potevano arrivare. Ma, per fare questo, c'è comunque bisogno di una grande preparazione. Il che vuol dire anche impegnare quattro mesi per scegliere dove mettere la macchina da presa. "
Fresu e Di Bonaventura, gli strumenti del suono
Il talento di questi due grandi musicisti, armati da tromba e bandoneon, ha rappresentato sia la materia di osservazione che lo strumento attraverso il quale dare una tangibilità al suono. "Con Fabrizio già ci conoscevamo ed avevamo un rapporto di grande stima - racconta Di Bonaventura - Per questo motivo ho capito fin da subito cosa stava cercando in questa avventura sul suono e sapevo che le sue esigenze si abbinavano perfettamente alle nostre. In fin dei conti, anche noi partiamo dal suono. Questo vuol dire che è una dota a dirci dove dobbiamo andare e, soprattutto, quale strada evitare. Per questo motivo, posso dire che Roberto è stato come un altro membro all'interno del gruppo. E' stato un po' come suonare con un terzo elemento. Anche se, a dire il vero, non ci siamo mai resi conto della sua presenza." Evidente, anche nelle immagini del film, è stata quella di Manfred Eicher, un uomo e un professionista che sa perfettamente cosa vuole dalla musica. "Manfred è un personaggio dall'incredibile carisma - continua Di Bonaventura - lavorare con lui è come lasciarsi guidare da un grande regista. Questo vuol dire che è in grado di costruire la sua opera anche attraverso il linguaggio di altri. In definitiva, lui ha una idea assolutamente chiara di come deve essere il disco e la persegue. Collaborare con lui è un'esperienza che tutti i musicisti dovrebbero fare, anche se richiede una certa apertura mentale e buona disposizione al cambiamento."