C'è un prima e un dopo E.R. - medici in prima linea e c'è un prima e un dopo Grey's Anatomy. Due titoli che hanno cambiato il modo di approcciarsi al genere medical drama, modernizzandolo e da una parte puntando al realismo, dall'altro al romanzare i fatti. Il risultato? Un successo incredibile di pubblico e critica e i due titoli più longevi della categoria finora, entrambi provenienti dalla cara "vecchia" tv broadcast.

Non stupisce quindi che anche le piattaforme streaming provino a stare al passo e a diventare sempre più "generaliste" loro stesse, soprattutto Netflix. Non sorprende di conseguenza che propongano titoli su quella scia, ma non sempre riuscendo nell'intento: tra questi annoveriamo Pulse, ultimo arrivato e ovviamente già in Top 10.
Pulse: un medical drama "al passo coi tempi"
La serie Netflix parte con tutti i crismi volti al successo, in parte pensati con l'algoritmo. Un cast abbastanza conosciuto al pubblico appassionato seriale e che allo stesso tempo avrà modo di sbocciare: Willa Fitzgerald (gà vista in Reacher e sul colosso streaming nella Casa Usher), Colin Woodell (il lupo mannaro Aiden di The Originals e il giovane Winston di The Continental), Justina Machado (Giorno per giorno sul servizio), Jack Bannon (il giovane Alfred di Pennyworth), Jessie T. Usher (A-Train di The Boys) e Néstor Carbonell (Lost, The Morning Show, Shogun). Non a caso a produrre è Carlton Cuse di Lost insieme alla showrunner Zoe Robyn. Aggiungiamo tutte le dinamiche - lavorative e sentimentali - tipiche del genere e agitiamo senza mescolare.
Il risultato è un chiaro erede più del sensazionalismo di Grey's Anatomy che del realismo di E.R. ma con meno mordente. Questo perché c'è la caratterizzazione dei personaggi, c'è la presentazione del loro background, ci sono i flashback che sono una tecnica oramai quasi abusata dopo Lost, ci sono le performance sentite degli interpreti ma allo stesso tempo tutto sembra correre ad una velocità doppia per non dare il tempo agli spettatori contemporanei di distrarsi. È un po' più difficile quindi affezionarsi davvero ai protagonisti, al loro vissuto e a ciò che verrà.
Uno sguardo al presente nella serie Netflix

Contemporaneamente, Pulse prova a guardare all'oggi mettendo parallelamente sul piatto anche un'accusa di molestie sessuali ai danni di un superiore da parte di una sua sottoposta. I già nominati tasselli dal passato insieme a ciò che accade nel presente provano a spiegare le vicissitudini che hanno portato a questo risultato, continuando ad instillare dubbi negli spettatori così come negli altri personaggi - proprio come avviene nella realtà quando ci imbattiamo in una notizia simile, affrettandoci a prendere le parti di qualcuno invece di provare a guardare il quadro generale. Il montaggio a volte confuso non aiuta però a fare ordine, così come le sfaccettature che il serial prova ad indagare, tra le azioni e violenze verbali e psicologiche prim'ancora che fisiche.

Non è tutto: la serie (almeno nella sua prima parte) sembra un lungo episodio maxi-disastro come le puntate speciali dei buoni vecchi procedurali generalisti. Solo che in questo caso l'incipit è in medias res e ci troviamo subito nell'occhio del ciclone. O meglio, nel cuore dell'uragano Abby che colpisce Miami (la città marittima dove è ambientato lo show) e che porta ulteriori disagi anche elettrici e tecnologici, oltre ad un sovraffollamento esponenziale del pronto soccorso. L'ospedale, come se tutto ciò non bastasse, è ovviamente anche sede di insegnamento nonché centro traumatologico di primo livello. Tra amicizie, rapporti amorosi finiti male, disabilità sul lavoro e difficoltà di apprendimento, c'è tutto e il contrario di tutto concentrato in dieci episodi che si sarebbero potuti anche consumare settimanalmente.

La scorpacciata da binge watching non aiuta e porta facilmente ad un'indigestione di visione, vista anche la durata altalenante delle puntate (tra i 40 minuti tipici della generalista e i 60 più vicini al via cavo). Pulse sceglie di non guardare alla denuncia sociale di The Resident e della recente spagnola Respira bensì di puntare al mix che ha fatto il successo della prima serie di Shonda Rhimes. Peccato che casi come quello siano unici e rimangano tali, soprattutto quando si vuole copiarli malamente con dinamiche già viste, pur cercando di aggiornarle con le tematiche della sensibilità ed inclusività dell'oggi.
Conclusioni
Pulse è un concentrato di protagonisti ed elementi già visti nel genere medical drama, prendendo a piene mani da Grey’s Anatomy. Non riesce però a trovare una propria identità fino in fondo, nemmeno ammiccando alle molestie sessuali o alla disabilità sul lavoro come tematiche attuali e rischiose, risultando confusa nella gestione nel montaggio dei flashback per far comprendere al pubblico l’involuzione di quella relazione apparentemente tossica.
Perché ci piace
- Entra da subito nel cuore dell’azione.
- Il tema delle molestie sul lavoro, tra responsabili e sottoposti, e della disabilità.
- Prende il buono da Grey’s Anatomy…
Cosa non va
- …ma anche il brutto.
- Dinamiche e personaggi già visti.
- Sembra un maxi-disastro lungo una stagione.
- I flashback, abusati, e il montaggio, confuso.