Come avremo modo di approfondire nella nostra recensione di Procession - Più forti insieme, il documentario disponibile su Netflix non è un'opera a cui approcciarsi in maniera superficiale e semplice. Anzi, al suo interno, proprio per la struttura, per le tematiche e persino per lo stesso titolo, si percepisce un racconto che trascende la semplice documentazione andando a fondo nel vissuto personale e instaurando un dialogo tra diverse messe in scena. Il sottotitolo italiano descrive al meglio il senso dell'operazione messa in atto dal regista Robert Greene: un elogio alla comunione, alla condivisione e al dialogo, al racconto orale che si trasforma in opera cinematografica, non legato a un singolo individuo ma a un gruppo di persone, che proprio nel trovarsi parte di un collettivo costruiscono la possibilità di riprendersi un potere negato. Quello di smettere di essere vittime e tornare, finalmente, a vivere.
Esorcizzare il potere della Chiesa
Una storia di guarigione. Potremmo riassumerla in così poche semplici parole la vicenda documentata, giorno per giorno, passo per passo, in Procession - Più forti insieme. Il film si concentra sulla storia di sei uomini di Kansas City, vittime di abusi sessuali da parte di esponenti della Chiesa Cattolica quando erano ancora bambini. Portatori di un trauma che non trova sfogo, i sei vengono chiamati da Rebecca Randles, un'avvocatessa specializzata in casi di questo tipo, e da Monica Phinney, una drammaterapista che aiuta i pazienti a esprimersi per processare il loro terribile trauma attraverso l'utilizzo intenzionale di tecniche di gioco di ruolo teatrali a fini terapeutici. Dove non arriva la giustizia, arriva l'arte. I sei uomini, ognuno con il proprio scoglio da superare, ognuno con le proprie paure e i ricordi da esorcizzare, decideranno di dare vita a una serie di cortometraggi, basati sul loro trascorso, per sentirsi finalmente liberi del peso che portano da anni, cercando di riprendersi quel potere a lungo negato. Il film si presenta subito attraverso una delle sequenze del "film nel film", di chiara matrice horror. Un primo capovolgimento di ruoli in cui, al contrario di quanto accade nei classici racconti di fiction, il demone da esorcizzare è proprio legato alla Chiesa.
La processione per processare
Il titolo originale Procession sembra avere un duplice significato. Da un lato, il riferimento è alla cerimonia liturgica, in cui si pone lo sguardo su una reliquia da adorare, come atto di un rapporto che lega l'uomo a Dio e allo Spirito Santo. Dall'altro, invece, si tratta della consapevolezza di processare quanto vissuto, superare alcuni ostacoli, soprattutto mentali, che hanno definito e bloccato la vita delle vittime, per poter quantomeno convivere col trauma. Con un dialogo che si esplicita lungo tutto il corso del film, più che un capovolgimento parodistico delle funzioni ecclesiastiche si assiste a una distorsione. Anche le frasi più banali acquistano un significato oscuro, trasformando Procession non solo in un film terapeutico, ma anche in un atto d'accusa e di denuncia verso la Chiesa Cattolica. Da qui un terzo significato che possiamo applicare al titolo: quello di un processo, in cui finalmente una giuria, composta dallo spettatore, può ascoltare le testimonianze e ridare forza a queste storie di vita.
I migliori documentari true crime su Netflix
L'imperfezione della rabbia
Seguendo il progetto cinematografico e cambiando continuamente faccia (il film è un documentario, un atto di accusa, un insieme di cortometraggi di fiction basati sulla realtà, una testimonianza, ma anche un film ragionato e a tratti sin troppo studiato per arrivare alla maggior parte del pubblico), Procession lascia anche libero sfogo alla rabbia, anche irrazionale, che spesso trasuda da parte dei sei uomini. È una rabbia talvolta così viscerale, così desiderosa di fuoriuscire che spiazza lo spettatore e può anche infastidirlo, ma che in altro modo è così vera da poter costruire un legame emotivo che troverà il suo apice nel finale.
I 20 migliori documentari su Netflix da vedere assolutamente
Come spettatori assistiamo al percorso doloroso e non semplice che i sei decidono di affrontare, non escludendo una certa difficoltà lungo la visione, sia per i temi trattati e parecchio insistiti, sia per la durata che a volte tende a mettere in mostra certe dinamiche un po' troppo ripetute, ma come esseri umani non possiamo fare a meno di rimanere coinvolti dal coraggio e dalla forza dimostrata dal gruppo di fronte alla macchina da presa. A dimostrazione che proprio la condivisione, il dialogo tra schermo e spettatore, rendono il cinema e l'arte una perfetta quanto inusuale terapia per guarire.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Procession – Più forti insieme sottolineando come il documentario disponibile su Netflix sia non solo un film in cui si crea una forte empatia con i protagonisti della vicenda, ma anche un forte e coraggioso atto d’accusa nei confronti della Chiesa. Attraverso la drammaterapia, le sei vittime di abusi sessuali attraversano un percorso di guarigione personale che non lascia indifferenti. A quel punto, si perdona una lunga durata fortemente basata su temi non di facile assimilazione: con lo spettatore si è creato un gruppo di condivisione e l’esorcismo è completo.
Perché ci piace
- La schiettezza senza filtri con cui vengono affrontate certe tematiche.
- Il racconto a tratti rabbioso, a tratti emotivo, dei protagonisti.
- La riflessione sul potere dell’arte e del creare gruppo per esorcizzare i propri traumi.
Cosa non va
- Qualche dinamica un po’ troppo ripetuta nel corso delle due ore.
- I temi trattati e parecchio insistiti potrebbero rendere non facile la visione.