Preghiere e proteste
Due sacerdoti, una bella assistente sociale, una bidonville ai margini di Buenos Aires ed un progetto edile del vescovato per trasformare questa zona fatiscente - e con essa l'Elefante Blanco del titolo, ovvero un vecchio enorme ospedale mai completato - in un luogo che possa finalmente accogliere in modo soddisfacente tutti coloro che per il momento risiedono clandestinamente.
Il tutto ovviamente è più facile a dirsi che a farsi soprattutto quando il controllo della zona in questione è oggetto di disputa tra due diversi gruppi di narcotrafficanti, e l'influenza che i due sacerdoti possono esercitare verso i tanti giovani, che ogni giorno vengono arruolati da queste gang, sempre più limitato.
Ispirandosi alla storia e al messaggio di Padre Carlos Mujica, un sacerdote ucciso in oscure circostanze negli anni '70 e citato in modo diretto anche dai personaggi del film, il regista e sceneggiatore parla ancora una volta della sua Argentina e della crisi, soprattutto sociale, che ha attraversato e sta ancora attraversando; ma anche della guerra, senza fine e senza possibilità di vittoria, che molti uomini e donne come i sacerdoti, i servizi sociali o i tanti volontari combattono ogni giorno contro le ingiustizie e la malavita nelle zone più disagiate del paese.
La tecnica di Trapero non è mai stata in discussione, e come spesso accade nei suoi film, anche in questo Elefante blanco non mancano alcune sequenze che lasciano davvero senza fiato per la coraggiosa ed elegante messa in scena, lunghi e complessi piani sequenza che contribuiscono a coinvolgere lo spettatore laddove la storia non riesce a farlo a causa di alcune banalità e di una caratterizzazione dei personaggi non particolarmente approfondita. Si tratta insomma dell'ennesimo discreto film di un autore a cui manca solo l'ultimo sforzo per sfondare e farsi conoscere anche al di fuori del circuito festivaliero. Purtroppo però anche questa non sembra essere la volta giusta.Movieplayer.it
3.0/5