Una delle cose più affascinanti del lavoro della critica sta nella possibilità di utilizzare il cinema come una bussola. Uno strumento per poter orientarsi nella contemporaneità, tra i cambiamenti sociali e le correnti politiche. Un esercizio non facile, perché accade soprattutto nei momenti storici "grigi", come quello che stiamo vivendo, in cui la paura di non riuscire a trovare dei punti fermi nel mezzo di una fluidità generale rischia di farci perdere occasioni preziose che potremmo invece agguantare, tollerando l'incertezza e respingendo la tentazione di dover per forza far parte di una fazione o di un'altra.
Dal punto di vista della Settima Arte potrebbe essere utile riuscire ad individuare degli autori target, in grado di cavalcare le onde dei cambiamenti. Autori che sono fautori e, in ultima istanza (ma solo i più bravi), anche anticipatori. Yorgos Lanthimos per certi versi è uno di questi, e lo ha dimostrato prima con Dogtooth, nel quale ha denunciato un tradimento che si stava consumando in Grecia da parte di una generazione ai danni dell'altra, poi con La favorita e soprattutto con Povere Creature! (qui la nostra recensione) tracciando una contemporaneità nel quale la donna è il centro assoluto.
Non lo ha fatto in modo artificioso, cambiando la sua rotta per accaparrarsi una certa fetta di pubblico, ma secondo un percorso poetico coerente e quasi naturale nel suo procedere. Semmai la deriva di Yorgos Lanthimos verso un linguaggio più pop è conseguente alla decisione di parlare di tematiche così forti ad un audience maggiore, assumendosi anche il rischio di rimanere più attaccato alla superficie dei discorsi. Evenienza che si è in parte verificata, nonostante la bontà generale della sua ultima fatica, testimoniata dal Leone d'Oro a Venezia e le 11 nomination agli Oscar. A noi non resta quindi che rileggere il suo percorso artistico, sfruttando il fascino della critica cinematografica.
Yorgos Lanthimos: un surrealista è sempre attaccato alla realtà
I riferimenti cinematografici di Yorgos Lanthimos possono essere rintracciati, tra gli altri, in Luis Buñuel, Pier Paolo Pasolini o Michael Haneke, autori che non si sono mai fatti problemi nell'utilizzare il grottesco, il surreale e l'ottica nichilista per mettere in scena le proprie analisi delle società in cui vivevano. Il regista greco ha pescato da loro a piene mani dagli albori della sua carriera dato che, dopo essersi staccato dal suo maestro Lakis Lazopoulos, ha subito dato vita ad un tipo di cinema completamente surreale, costruendo i suoi microcosmi fatti da regole assurde, padri padroni che trasformano il significato delle parole come la neolingua orwelliana, giovani rivoluzionari antipaticissimi, alberghi per single che si trasformano in animali, rituali primordiali in grandi metropoli moderne e via dicendo.
Uno dei suoi primi topos faceva riferimento all'incomunicabilità tra le persone, soprattutto tra uomo e donna e, ancora meglio, tra padri e figli, riuscendo in modo egregio a non prendere mai posizione, ma, anzi, facendo della destrutturazione scientifica (sempre ironica e divertita) delle due parti la propria forza. Le nuove generazioni sono limitate, sole e incapaci di creare un nuovo mondo, mentre le vecchie si sono svuotate riducendosi a puntare solamente al dominio sui propri eredi. Il risultato è che tutti hanno perso la capacità di comunicare, ad ogni livello.
Espressione di questo stallo per Lanthimos sono gli uomini (sia giovani che vecchi), portatori di una lotta primitiva, che nella loro disperata ricerca di una autoaffermazione nel mondo contemporaneo rimangono fermi ad uno stato di pars destruens, incapaci di creare qualcosa di nuovo, ma solamente di mantenere un circolo vizioso di accanimento reciproco. Nel migliore dei casi il loro destino è divenire dei borghesi animati solo dal senso di colpa e neanche più in grado di mantenere un erezione, figurarsi avere una vita sessuale soddisfacente. Bisognava dunque trovare altro per portare avanti l'analisi e il regista greco, da bravo surrealista, ha guardato alla realtà cercando di capire come poter progredire coniugando la lettura del contemporaneo a quella di se stesso.
Povere creature!: Willem Dafoe e il ruolo del maschio nella società di oggi
Il presente è mostruoso
Il passaggio dalla collaborazione con Efthymis Filippou a quella con Tony McNamara si può far coincidere con questa presa di coscienza: l'uomo ha fatto il suo tempo, è arrivata l'ora di passare al punto di vista femminile. La favorita per Lanthimos è stato, come ha detto lui stesso, il momento del primo vero incontro con la donna, anche se lui, rileggendo i suoi punti di riferimento sopracitati, l'aveva già individuata come elemento alieno con il potenziale di alterare lo status quo maschile. Una trovata classica che egli ripropone anche nella pellicola del 2018, cercando di destrutturare un mondo al femminile, continuando però a negare alle sue componenti una possibilità di creazione. Donne, ma non madri. In Povere Creature! il regista compie il salto definitivo, riuscendo a mischiare tradizione e contemporaneità.
Secondo la letteratura gotica e poi secondo quella romantica, la donna era il mostro, nella misura in cui era l'essere che, per motivi biologici e costrutti sociali, rappresentava tutto ciò che poteva minacciare la morale cattolica e un mondo illuminista governato dall'uomo. Una creatura straniera oggetto di sentimenti ambivalenti (attrazione e paura); un essere al di fuori di un creato pudico e credibile, tant'è che il libro con il mostro per eccellenza, Frankenstein, è stato scritto da una donna, sintomo di una quasi naturale identificazione (a sottolineare questo ci sono tantissime autrici attive nella letteratura gotica). Una visione che è tornata in auge di recente, ne è testimonianza il film di Lanthimos stesso, tratto dal libro di Alisdar Gray datato 1992.
Povere creature! vs. La favorita: l'evoluzione (opposta) di Emma Stone
Povere Creature! e la donna contemporanea
Povere Creature!, infatti, mette al centro la donna contemporanea. E la donna contemporanea è pop, è fragile, ma anche dominante; è ingenua, ma decisa e lotta per un'autodeterminazione che (la) porta alla conoscenza. Una donna che fa progredire il mondo, scoprendo se stessa attraverso l'empirismo e svelando le idiosincrasie della società per distruggerla e crearne un'altra dove l'uomo, ferito dai suoi padri (come il Godwin di Willem Dafoe), deve assumere un posto diverso da quello che ha sempre pensato di avere il diritto di occupare. Il nuovo presente (che è il nostro presente secondo Lanthimos) è mostruoso, è freak e quindi è donna. E quella donna è la Bella Baxter di Emma Stone. Il regista costruisce la sua creatura sineddoche del femminile privandola di natali comuni per renderla figlia di se stessa, superando in modo totale l'aspetto della natalità negata e arrivando così a metterla metaforicamente a capo del microcosmo che in principio aveva rappresentato in Dogtooth, tornando simbolicamente a rileggere la sua visione del mondo, ora completamente nuovo e pronto a far nascere nuovi fiori.