Dopo essere stato presentato in concorso alla 77esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Pieces of a Woman è arrivato su Netflix il 7 gennaio. La pellicola segue Martha, interpretata da Vanessa Kirby (premiata con la Coppa Volpi alla migliore attrice), donna che sta per partorire e decide di farlo in casa, aiutata semplicemente dal suo compagno, Sean (Shia LaBoeuf) e da una levatrice.
Il parto non va però come sperato e all'immensa gioia di sostituisce una voragine nera di disperazione, perdita e sensi di colpa. Ognuno reagisce a modo suo: la madre di Martha, Elizabeth (il premio Oscar Ellen Burstyn), vuole giustizia e si rivolge a un avvocato, il compagno si allontana, lei è come se rimanesse sospesa.
Non è un film facile Pieces of a Woman: per lo spettatore, per gli attori (soprattutto nell'incredibile piano sequenza iniziale, in cui sembra di assistere a un vero parto) e in particolare per i suoi autori. Il regista Kornél Mundruczó e la sceneggiatrice Kata Wéber, un tempo sposati, hanno raccontato la loro esperienza reale, che è alla base del film prodotto da Martin Scorsese. Li abbiamo incontrati via Zoom.
La video intervista a Kornél Mundruczó e Kata Wéber
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Pieces of a Woman e l'elaborazione del lutto
In questo film vediamo che il lutto è una cosa molto personale, ma tutti i personaggi che circondano Martha la giudicano per il modo in cui lo affronta. Perché secondo voi a volte le persone sentono il bisogno di giudicare gli altri per come affrontano il dolore?
Kata Wéber: Credo dipenda dal fatto che una tragedia del genere va contro il cerchio della vita. È davvero molto difficile parlarne e affrontarla. Credo sia un tentativo di tornare alla vita com'era prima, cercando di far andare avanti quella persona. Non credo che sia frutto di cattive intenzioni, ma un modo per rimanere uniti. Volevamo mostrare Matha, il personaggio di Vanessa Kirby, come qualcuno che non riesce ad andare avanti, non riesce a superare i cinque stadi del lutto. Ha una buona ragione per farlo: vuole rimanere con la sua bambina. Sente che andare avanti sarebbe un tradimento nei suoi confronti. Per noi era molto importante mostrare le motivazioni del comportamento di ogni personaggio, ma certamente ci concentriamo soprattutto sulla maternità e sull'amore che prova lei. Volevamo onorarlo.
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I ponti di Pieces of a Woman
Nel corso del film vediamo costantemente dei ponti, c'è anche un quadro con un ponte importante. Perché? Cosa significa per voi?
Kornél Mundruczó: Vengo da Budapest: abbiamo un fiume importante e moltissimi ponti, quindi li amo. Ma certamente simboleggia molte cose: è un elemento architettonico dal forte valore simbolico. Connette due rive. Sembra banale ma è vero: come possiamo avvicinarci e connetterci, in modo da poter andare l'uno sulle sponde dell'altro? Per me era molto importante dire, alla fine del film, una verità banale e semplice: dobbiamo costruire dei ponti. Tra le culture, tra noi. Per me era davvero importante."
Pieces of a Woman e l'importanza dei sentimenti al cinema
Questo film è davvero emozionante, mi ha davvero commosso. Tu però eri il regista, quindi sei dovuto rimanere razionale in quei momenti: come ci sei riuscito? Il film è così intenso, potente: come sei riuscito a mantenere il controllo?
Kornél Mundruczó: Volevamo fare un film emotivo: abbiamo fatto un film su un tabù, in qualche modo volevamo rompere il silenzio. Volevamo raccontare il viaggio interiore di una donna, il suo trionfo sul dolore. E questo non può che essere emotivo. Oggi usare le emozioni al cinema è quasi un tabù: ci sono gli stereotipi da soap opera o film molto freddi, intellettuali e riflessivi. Ma come possiamo riconquistare le nostre emozioni in quanto esseri umani? Per me era importante condividere la mia esperienza, infatti è un film molto personale, e allo stesso tempo dare la possibilità al pubblico di sentire le proprie emozioni.
Kata Wéber: Esatto, parliamo di come rompere un tabù, come rompere il silenzio. Bisogna parlare: una volta che riesci a parlare di qualcosa te ne liberi, in qualche modo non ti trattiene più. Quindi per noi era importante raccontarla in modo esplicito.
Pieces of a Woman e la speranza
Penso che il finale sia pieno di speranza: in qualche modo la vita va avanti. Volevate mostrare anche la speranza oltre ai momenti più difficili?
Kata Wéber: Certamente. Deriva anche dal fatto che una gravidanza su quattro finisce con un aborto, o con la perdita del bambino, che nasce morto. È una cosa molto comune. Con quell'epilogo non volevo semplicemente dare un lieto fine, ma dire che può succedere a chiunque. Ho sentito moltissime madri dire: "Ho due figli: uno non è vivo, mentre l'altro è con me". Era un modo per dire che non possiamo sapere chi ha una storia del genere: quando ho fatto le ricerche sono rimasta sorpresa di sentire tutte quelle storie di perdita da persone così diverse tra loro. Volevo dire questo invece di dare semplicemente un lieto fine.
Kornél Mundruczó: Questo film parla di perdita tanto quanto di vita: la morte è un tema importante per noi. Bisogna andare avanti: fa parte del cerchio della vita.