"Dà l'impressione di essere amore." "Certo, ho scritto facendo attenzione." "Non credi che forse sono la stessa cosa? Amore e attenzione?"
In Lady Bird Christine McPherson, studentessa al suo ultimo anno in un liceo cattolico di Sacramento e determinata a trasferirsi sulla East Coast, dedicava il saggio da presentare ai selezionatori delle università alla vita nella propria città natale: una città che a Christine, rinominatasi Lady Bird, sta terribilmente 'stretta', ma che è in grado di descrivere con quella cura per i dettagli che costituisce un inconfondibile sintomo di affetto. Basterebbe già questo a segnalare un'evidente analogia fra Christine e Jo March, il personaggio principale di Piccole donne, trasposizione del classico di Louisa May Alcott a cura di Greta Gerwig.
Terza prova dietro la macchina da presa per l'autrice californiana (considerando anche la co-regia di Nights and Weekends con Joe Swanberg, nel 2008), Piccole donne è il settimo adattamento per il grande schermo del romanzo della Alcott, che aveva già ricevuto almeno tre riduzioni cinematografiche degne di nota e accolte da un notevole successo: quella diretta nel 1933 da George Cukor (la terza in assoluto, ma la prima dall'invenzione del sonoro), con Katharine Hepburn e Joan Bennett; la fastosa versione in Technicolor di Melvin LeRoy nel 1949, con June Allyson ed Elizabeth Taylor; e la pellicola diretta da Gillian Armstrong nel 1994, con protagonista Winona Ryder.
Dalla Sacramento di Lady Bird alle Piccole donne della Alcott
L'annuncio che Greta Gerwig era stata ingaggiata per scrivere un nuovo adattamento di Piccole donne risale all'agosto 2016, ma ci sono voluti quasi due anni prima che la Sony Pictures mettesse ufficialmente in cantiere il progetto, con la Gerwig al timone di regia. Probabilmente a "chiudere l'affare" aveva contribuito, nei dodici mesi precedenti, l'entusiasmo trasversale suscitato da Lady Bird: critica galvanizzata in patria ma non solo, ottanta milioni di dollari d'incasso, due Golden Globe e cinque nomination agli Oscar (tra cui miglior film e regia). Un successo replicato, nelle proporzioni relative al passaggio da una produzione indipendente a quella di un grande studio, anche dal nuovo lavoro della Gerwig, che in America si è rivelato uno dei titoli più amati della stagione natalizia (qui vi rimandiamo alla nostra recensione di Piccole donne).
Ma il fatto che l'autrice di Lady Bird abbia deciso di confrontarsi con un soggetto sfruttatissimo al cinema è meno scontato del previsto: finora, infatti, tutti i copioni di Greta Gerwig erano nati da soggetti totalmente originali, talvolta con una matrice dichiaratamente autobiografica (il caso di Lady Bird), e con caratteristiche ben definite già dalle sue collaborazioni con il compagno Noah Baumbach, assieme al quale ha realizzato gli splendidi Frances Ha e Mistress America. Ma rispetto al tono intimo e personale adottato nei film appena citati, quale poteva essere l'apporto della Gerwig a una storia già proposta, fin dagli albori della settima arte, a quasi ogni singola generazione di spettatori?
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Le sorelle March fra adolescenza e vita adulta
A partire da questa domanda si può individuare il primo 'paradosso' del Piccole donne del 2019: un film che si attiene all'opera della Alcott con una fedeltà quasi filologica sul piano della fabula, ma che ne capovolge e rielabora l'intreccio creando un continuo gioco di specchi fra il passato, ovvero la quotidianità familiare in Massachusetts fra il 1861 e il 1862, e il presente, con le vicende delle sorelle March e degli altri personaggi nel 1868. Non un puro vezzo anticlassicista, ma un approccio che sottolinea con intelligenza uno degli aspetti-chiave del film nel suo complesso: il confronto, costante e inesorabile, fra il calore, la tenerezza, i desideri di evasione dell'adolescenza e le nuove sfide della vita adulta, che comporta l'allontanamento da casa, il distacco dalle persone amate e la presa d'atto delle conseguenze delle proprie scelte.
In tal modo il percorso di tutte le comprimarie, e non solo della Jo di Saoirse Ronan, assume contorni più netti: per la Meg di Emma Watson, che opta per un matrimonio d'amore e pertanto dovrà fare i conti con le sue limitate possibilità economiche; e per la Amy di Florence Pugh, prima una teenager invidiosa e ribelle e in seguito una giovane donna sempre più consapevole del peso delle sue decisioni. E se, per ragioni legate alla fonte letteraria, il ruolo della sorella minore Beth (Eliza Scanlen) rimane più limitato, il suo rapporto con il Mr. Laurence di Chris Cooper assume in compenso un'inedita portata emotiva, dando origine ad alcuni dei momenti più commoventi di un film che non lesina certo il senso di vicinanza e di pathos per i suoi personaggi: personaggi di cui la Gerwig e i suoi interpreti riescono ad esprimere sentimenti e palpiti con un naturalismo e una vitalità straordinari.
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Jo e Lady Bird: piccole donne crescono
Se tale vitalità, paragonabile a quella di Mistress America o di Lady Bird, rappresenta una conferma del talento di Greta Gerwig, è comunque la parabola di Jo a risuonare con maggior forza e ad offrire numerosi punti di contatto fra l'intraprendente primogenita della famiglia March e la Christine di Lady Bird, altro ruolo affidato all'intensità e al carisma di Saoirse Ronan. Entrambe le protagoniste subiscono la fascinazione del mondo dell'arte e della cultura, ma non si limitano a questo: vogliono diventarne una parte attiva e mettere a frutto le proprie inclinazioni. Christine aderisce al programma di teatro del liceo, porta in scena il musical Merrily We Roll Along e focalizza tutti i suoi sforzi sul farsi ammettere a un'università della East Coast; Jo ha una predisposizione per la recitazione, ma una passione ancora più profonda per la scrittura.
Per tutte e due, il romanticismo finisce per passare in secondo piano: per Christine, divisa fra due ragazzi dai quali rimarrà delusa, rappresenta solo una componente del suo percorso di formazione; per Jo, è il sentimento che non sarà mai in grado di provare per l'amico del cuore, il Laurie di Timothée Chalamet, e a cui si abbandonerà solo in ultima battuta con l'intellettuale Friedrich Bhaer (Louis Garrel). Ma si tratta di un epilogo palesemente ironico e metatestuale, quasi una forma di mise en abîme: una soluzione 'obbligata' per non deludere le aspettative del pubblico, come rimarca Jo al cospetto di Mr. Dashwood (Tracy Letts), l'editore del suo romanzo autobiografico. L'implicito omaggio a Louisa May Alcott, ma anche all'atto stesso del narrare e alla creatività di Jo e Lady Bird: una creatività contraddistinta da quella sincerità e attenzione che come si diceva in apertura, e come la Gerwig ci dimostra ancora una volta, sono i segni inconfutabili dell'amore per ciò che si racconta.
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