In collegamento da quello che sembra lo scantinato di IT (non proprio la location in cui ce lo immaginavamo, lui che è così abile nel far volare la mente con l'immaginazione), Pete Docter, maglietta bianca e occhiali dalla montatura inconfondibile, ha sfoggiato il suo sorriso migliore per ricevere il Premio alla Carriera alla 15esima Festa del cinema di Roma. Siamo nel 2020 e purtroppo il regista della Pixar ha potuto incontrare pubblico e stampa italiana soltanto virtualmente.
La sua ultima fatica, Soul, ha infatti aperto questa edizione, dopo essere stata già scelta per il Festival di Cannes, che quest'anno non ha potuto svolgersi, ma ha ceduto a Roma il nuovo capolavoro creato dalla mente iperattiva di Pete Docter. Inizialmente pensata per l'uscita in sala, la pellicola, vista la situazione mondiale, uscirà direttamente in streaming su Disney+ il prossimo 25 dicembre. Ma il premio Oscar non ha fatto perdere le speranze: a chi ha chiesto se si potrà mai vedere sul grande schermo ha infatti detto: "Dipende dalla pandemia: vogliamo che le persone siano al sicuro e che possano goderselo al meglio. Stiamo pensando di farlo uscire in sala magari più tardi, ma ancora non sappiamo. L'abbiamo pensato per il grande schermo e speriamo che la gente un giorno possa vederlo così."
Soul racconta la storia di un musicista jazz di New York, Joe (che in originale ha la voce di Jamie Foxx), la cui vita sta finalmente per prendere la direzione che ha sempre voluto. E però si interrompe sul più bello: arrivata nell'aldilà, la sua anima incontra diversi personaggi, tra cui 22, una potenziale anima che non riesce a trovare una motivazione per vivere. Il film è stato il punto di partenza per l'Incontro Ravvicinato condotto da Antonio Monda, direttore artistico della Festa, in cui Docter ha ripercorso le tappe fondamentali della sua carriera.
Soul: la magia della Pixar si è compiuta di nuovo
È sempre stato evidente che la Pixar fosse in grado di raccontare storie adatte sia a un pubblico giovane che a quello più adulto: questa volta però con Soul si è superata, realizzando un lungometraggio che sembra la fusione del cinema di Hayao Miyazaki (di cui Pete Docter è un grande fan), La La Land e The Tree of Life di Terrence Malick. Una sfida importante per il regista: "Le persone ancora vedono i film animati come qualcosa destinato soltanto ai bambini. Invece possiamo dare al pubblico qualcosa che in superficie è ricoperto di zucchero, ha un buon sapore e profumo, ma al cuore possiamo parlare di temi molto profondi. Rappresentare un mondo etereo è stato difficile: non è fisico, tutto è più sfumato e vaporoso. Dovevamo scomporre come siamo fatti: la parte fisica, tattile, fatta di carne, ossa e sangue, e poi la nostra essenza. Abbiamo cominciato pensando all'Antica Grecia e a Roma: ma dovevamo essere più astratti, perché questo è il posto da cui veniamo tutti e doveva essere uguale per le persone che vengono dalla Cina come per gli americani. Non potevamo dargli una forte identità culturale. Il design aiuta a esprimere questi concetti: quando cambiano dimensione i palazzi e tutto ciò che compone la realtà si deformano."
Soul: ecco perché è il nuovo capolavoro Pixar
Da Monsters & Co., ad Up e Inside Out, ogni pellicola pensata da Docter parte da un'esperienza personale. Soul non fa eccezione: "Non so se è nato da una crisi di mezza età: ho avuto il mio primo lavoro a 15 anni e non mi sono mai fermato. Chiedete a mia moglie, sono ossessionato. Con Inside Out mi sono fermato un attimo a riflettere sulla mia vita. Cos'è la vita? È davvero tutto basato sulle tue passioni? Alla Pixar abbiamo l'opportunità di farci domande così complesse divertendoci."
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Nel film Joe si confronta con 22, un'anima che non ha ancora trovato la sua scintilla. Il regista invece l'ha trovata molto presto: "Abbiamo pensato a 22 come a un'adolescente che crede di sapere e di aver visto tutto ma magari non è esattamente così. L'abbiamo spinta nella vita vera da una realtà fatta di teoria. Ho trovato la mia scintilla quando ho visto un fumetto di Topolino: ho cominciato a disegnare ma non ero soddisfatto dalle mie abilità. La scintilla si è accesa con il disegno animato: il movimento l'ha accesa."
Joe invece è profondamente connesso con la sua città, New York: "In genere quando penso a una nuova storia comincio dal protagonista e poi capisco cosa lo circonda. Con l'animazione non puoi puntare la telecamera e inquadrare una strada o una città, dobbiamo ricostruire tutto al computer. New York e New Orleans sono le capitali del jazz e siccome New Orleans era stata già scelta per un altro film Disney (La principessa e il ranocchio n.d.r.), abbiamo pensato a New York: abbiamo pensato alle cose che rendono unico il Queens."
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Monsters & Co. e i mostri sotto al letto
Monsters & Co. (2001), diretto insieme a Lee Unkrich e David Silverman, è stato il primo grande successo di Pete Docter: "È nato dal desiderio di animare un mostro. Volevo trovare la connessione tra umani e mostri: da piccolo ero convinto che ci fosse un mostro sotto il mio letto. E ho cominciato a pensare alle regole del loro mondo: l'idea è nata così. Monsters è la risposta alla domanda: come si fa a essere un bravo professionista e un bravo genitore? È tutta una questione di ritmo: io sono la pecora nera della famiglia perché sono l'unico che non si è dedicato alla musica: ma anche l'animazione si basa sul ritmo e sui tempi. Basta un fotogramma fuori posto e non funziona."
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Up e l'avventura della vita
Chiunque dica che non piange ogni volta che vede i primi dieci minuti di Up sta mentendo: il film del 2010 ha fatto vincere il primo premio Oscar a Pete Docter: "Questo film si basa sull'idea di ridefinire l'avventura: Carl pensa di averla persa, perché non è andato in posti avventurosi. Ma poi capisce che ha vissuto l'avventura più bella di tutte con sua moglie. È stato molto influenzato dal cinema di Miyazaki: dai piccoli gesti capisci che lui osserva la vita con attenzione. Lo vedi dal comportamento delle creature e dei bambini: ho visto bambini mangiare nel modo in cui si vede nei suoi film. Tutto sembra vero: sembra quasi di sentire l'odore del cibo."
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Inside Out e l'equilibrio tra gioia e tristezza
Il secondo premio Oscar è arrivato con il film successivo: Inside Out, presentato al Festival di Cannes del 2015. La pellicola si collega in modo naturale a Soul e alla visione del mondo di Docter, di religione cristiana: "Ogni credo ti influenza e ti cambia: da spettatore non mi piace sentirmi fare delle prediche, ma allo stesso tempo mi piace farmi domande filosofiche, come in Soul. Quindi mi affido al personaggio: appena capisco che sto per fare una lezione cambio punto di vista. Joe è un esistenzialista, mentre 22 è una nichilista: due filosofie diverse che facciamo scontrare tra loro per dare un punto di vista diverso. Ogni tanto penso di fare un live action ma ogni cosa che ho realizzato è tutta inventata: non c'è una singola cosa che non sia stata creata appositamente. È esaltante. Quindi penso che rimarrò con l'animazione ancora per molto tempo. Soul si fa una domanda: perché vivere? Che è una domanda importante. Se fossimo un'anima che ancora non è nata e ci dicessero che la vita è anche sofferenza sceglieremmo di vivere lo stesso? È lo spunto di partenza."