C'è una bugia lunga quasi 130 anni. Una bugia alla quale abbiamo sempre creduto tutti molto volentieri. Perché il potere delle vecchie storie è talmente forte da tramandare persino una piccola menzogna. Lo abbiamo chiamato sempre burattino anche se in realtà Pinocchio è una marionetta. E va bene così. I fili che lo legano all'immaginario collettivo non verranno certo spezzati da una definizione sbagliata.
Pubblicato nel 1883 Le avventure di Pinocchio - Storia di un burattino è stato il libro che ha fatto di Carlo Collodi uno dei padri della fiaba moderna. Semplice senza mai essere banale, pieno di allegorie eppure sempre accessibile, la storia di Pinocchio porta dentro di sé un insegnamento senza tempo, carico di un valore pedagogico mai sbiadito dal tempo. Lo sa bene anche Matteo Garrone, un regista innamorato della nostra tradizione fiabesca, del mostruoso, dell'oscurità, di storie in cui al centro c'è spesso il desiderio. Desiderio di trasformarsi, di affermarsi, di diventare qualcos'altro. Elementi alla base del malessere esistenziale di Pinocchio, il "burattino" che voleva diventare un bambino vero.
Però, questa volta, Garrone non è interessato solo all'oscurità. Pur senza tralasciare sprazzi disturbanti pieni di grottesco, il suo Pinocchio è a tutti gli effetti un riuscito film per famiglie. Un caldo omaggio a Collodi, sfociato in una fiaba commovente in cui Garrone ha dimostrato tutto il suo amore e la sua fedeltà al materiale originale. Senza correre il rischio che il nostro naso si allunghi, vi spieghiamo perché Pinocchio è la fiaba perfetta da vedere questo Natale.
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Come davanti al camino
È come se un bravo narratore abbia usato il grande schermo come un camino e ci abbia chiesto gentilmente di sederci ad ascoltare una vecchia storia. Guardare Pinocchio in sala ha il sapore del vecchio racconto orale tramandato dai saggi ai bambini. Attraverso un linguaggio semplice e una comicità fanciullesca, Garrone rivolge il suo film ai più piccoli. Se Pinocchio vuole diventare un bambino, il regista romano ci chiede di fare lo stesso: torna bambino, cambia prospettiva, abbandona l'adulto. Quello dei Balocchi non è mai stato un posto per grandi. Prendere o lasciare. Un punto di vista non banale di un regista ambizioso e affermato come Garrone, che con questo Pinocchio decide di abbandonare il suo solito pubblico per dedicarsi a un target molto diverso: le famiglie, appunto. Questo atto d'amore nei confronti della fiaba è anche un grande inno alla semplicità, un ritorno a un cinema più ingenuo, garbato e meno malizioso di quello a cui siamo abituati. Quasi un atto di umiltà da parte di regista che si è fatto da parte per onorare al meglio una fiaba che non perde mai il suo valore eterno.
Le vere fiabe
Non di solo miele e spensieratezza vivono le fiabe. Laddove l'immaginario disneyano ha spesso imposto una visione edulcorata e zuccherosa dei vecchi racconti, Garrone sfrutta Pinocchio per riportare a galla le sfumature più disturbanti del genere fiabesco. Il contenuto educativo delle fiabe, infatti, è sempre passato dallo spavento, dalla paura, dal desiderio di scuotere le coscienza dei piccoli anche attraverso elementi poco piacevoli. Tutte cose che in questo Pinocchio non mancano. Tra momenti stranianti e personaggi mostruosi, il film di Garrone è tutt'altro che immacolato, ma dedicato a personaggi a volte sporchi, deformi e respingenti. Senza dimenticare la felice scelta di un'ambientazione sempre realistica, mai troppo fantasiosa e distante da un verosimile passato, e per questo ancora più credibile nel suo valore pedagogico. Se il sottovalutato ma bellissimo Il racconto dei racconti ha ricordato agli adulti il lato oscuro delle fiabe, questo Pinocchio lo fa anche con i piccoli. Senza paura di spaventarli ricordando quanto male fanno le bugie.
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Un grande Roberto Benigni
C'è un dettaglio che ci ha subito colpito guardando la locandina di Pinocchio. Il nome e cognome di Roberto Benigni sono quelli più visibili dopo il titolo stesso del film. Dopo aver visto il film, diventa subito chiaro e lampante perché Roberto Benigni sia scritto così grande. E non è certo per una ragione puramente commerciale. Perché l'attore toscano in questo Pinocchio ha dato davvero il meglio di sé. Proprio come Garrone, anche Benigni ha avuto il coraggio di rimettersi in gioco con un ruolo inedito nella sua filmografia. Non sappiamo se avesse ancora un conto in sospeso con Pinocchio, memore del flop della sua versione del 2002, ma in questo Geppetto Benigni ci ha messo tanto cuore e tanta umanità.
Garrone gli cuce addosso un personaggio che non verrà affatto dimenticato. Anzi, sarà ricordato come una delle migliori prove d'attore di Benigni. Intenso, svuotato della solita energia e con uno sguardo pieno di dignità, Benigni scolpisce un altro padre amorevole, che per tatto e tenerezza ci ha riportato in mente quello de La vita è bella. Dentro gli occhi del suo falegname stanco ma non arreso, povero ma ricco di entusiasmo, troviamo la morale più bella di un film dal sapore antico.
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