"Mi hanno tolto l'anima e io me la riprendo". A cosa è disposto un uomo vittima di un'ingiustizia pur di riappropriarsi della sua vita e ristabilirne lo status quo? Il secondo film di Ciro D'Emilio (qui potete leggere la recensione di Per niente al mondo in sala dal 15 settembre) scritto ancora una volta a quattro mani con Cosimo Calamini, come era già successo per l'esordio Un giorno all'improvviso, parte da questo interrogativo per sviluppare una storia che solleverà altrettanti dilemmi sul concetto di giustizia e libero arbitrio. Dove finisce la libertà di scelta? E che possibilità abbiamo come esseri umani di opporci all'ineluttabilità del destino? "Homo faber fortunae suae" ovvero "ognuno è artefice del proprio destino", recita la celebre massima latina, ma qui siamo da tutt'altra parte e il principio di autodeterminazione sembra dover cedere il passo alla furia degli eventi, che appaiono però spesso poco plausibili, complice una sceneggiatura non propriamente solida.
Tra crime giudiziario e dramma carcerario
Un errore giudiziario, la vergogna della condanna, l'ossessione di riprendersi ciò di cui si è stati privati, poi un tragico scherzo del destino, la furia del caos che spariglia le carte e l'impossibilità di tornare indietro. _Per niente al mondo di Ciro D'Emilio si ispira a fatti reali, lo spunto narrativo arriva da un caso di malagiustizia ma poi l'intento diventa altro dalla semplice cronaca, la narrazione si fa frammentaria e il tempo si espande in un andirivieni di flashback. Toccherà allo spettatore ricostruire la vicenda di Bernardo (Guido Caprino), chef di successo, uomo affascinante con la passione per le auto da corsa e una irrequieta quanto incessante smania di testare i propri limiti. Nella provincia del nord est italiano operoso e livido, Bernardo si gode le propria vita di agi tra cene con gli amici di vecchia data, il lavoro al ristorante in procinto di ricevere la prima stella Michelin e il rally insieme al fidato Sergio (Antonio Zavatteri). Un giorno però la sorte gli giocherà un tiro mancino: arrestato con l'accusa di associazione a delinquere finirà ingiustamente in carcere per un anno. E una volta uscito nulla sarà come prima: senza più un lavoro, costretto a subire la gogna del giudizio altrui, pur avendo dimostrato la propria innocenza, ossessionato dalla voglia di riconquistare la fiducia degli altri e riprendersi ciò che ha perso, si ritrova a dover scegliere tra accettare quello che è successo e diventare un altro, per riappropriarsi di una vita che un tragico errore gli ha portato via forse per sempre.
Il dramma umano
È sempre il realismo a guidare il racconto del regista, che agisce utilizzando più linguaggi: il crime giudiziario, il dramma carcerario e infine la tragicità dell'inesorabile, un dramma tutto umano che si consuma negli occhi e nel corpo visibilmente provato di Guido Caprino, superbo come sempre nel rappresentare le sfumature di un personaggio quasi shakespeariano, un uomo carico di rabbia e disposto a tutto, anche a sfidare la legge pur di riavere la vita di prima. Perché in carcere, dove i concetti di giusto e sbagliato si ridefiniscono, ha imparato dal compagno di cella Elia, che "se fai una cosa fuori dalle regole Dio lo sa e te le farà andare bene". Non tutto però funziona e il film non ha sempre ben chiara la direzione da prendere, mentre l'esplorazione dei generi e lo spostarsi su e giù attraverso varie linee temporali, rischia di confondere lo spettatore.
Manca forse il coraggio di seguire fino in fondo almeno una delle tematiche snocciolate in un film che troppe volte rischia di restare in superficie, con personaggi che appaiono per una manciata di minuti salvo scomparire e perdersi poi nei meandri del racconto, scelta non giustificabile dalla decisione di non rendere il pubblico pienamente consapevole dei fatti. Non fanno eccezione alcuni comportamenti di Bernardo difficili da accettare come verosimili anche nell'ottica di un uomo talmente ossessionato dalla voglia di recuperare la vita precedente, da arrivare a commettere follie. Restano però una certa cura formale, la capacità di sollevare dubbi e le suggestioni di un paesaggio che diventa protagonista insieme alla folle corsa di Bernardo verso gli abissi.
Conclusioni
La recensione di Per niente al mondo si chiude con la consapevolezza di trovarsi davanti a un film, che seppur non completamente riuscito, può contare sullo sguardo mai banale del regista Ciro D’Emilio, autore attento a catturare tutte le suggestioni del reale orchestrando un racconto pieno di spunti. L’abilità nel cucire insieme dramma carcerario, tragedia umana e crime giudiziario fa il resto, peccato che il film non prenda mai una direzione precisa perdendosi in passaggi troppo poco plausibili e rimanendo in superficie anche nella tematiche affrontate.
Perché ci piace
- Guido Caprino si conferma attore di grande talento, capace di restituire sfumature di un personaggio a tratti shakespeariano: folle, disperato e pronto a tutto per riprendersi ciò che gli è stato ingiustamente tolto.
- La cura formale e la scelta di andare oltre la cronaca: l’errore giudiziario diventa il pretesto per sollevare interrogativi sul libero arbitrio e il concetto di giustizia.
Cosa non va
- Molti passaggi risultano poco plausibili, come anche alcuni comportamenti del protagonista che innescheranno una spirale di eventi tragici e irreversibili.
- L’esplorazione dei generi e il continuo andirivieni di flashback avanti e indietro nel tempo rischiano di confondere lo spettatore.
- Il film rimane spesso in superficie senza perseguire una direzione chiara nell’esplorazione delle tematiche affrontate.