Affacciarsi all'universo femminile raccontato da Pedro Almodóvar nei suoi film significa varcare la soglia di un mondo ricco di storie, volti, emozioni, sentimenti.
Il regista spagnolo torna in questi giorni nelle sale con Madres Paralelas, film d'apertura dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia. Una nuova intrigante riflessione sulla maternità che si sdoppia, prende sentieri differenti e poi converge con un abbraccio.
Inutile negarlo, il cinema di Pedro Almodóvar è formato dai molteplici sguardi delle donne. Coraggiose, determinate, fragili, determinate a prendersi il proprio spazio e costruirsi un proprio contesto. Dalla Madrid post-franchista abitata da una Carmen Maura che diverrà volto e feticcio del suo comporre puzzle, alla camera d'ospedale in cui Penélope Cruz trascorre gli attimi susseguenti ad un parto.
"So che la maternità è un mistero che non posso sviscerare" ha commentato parlando del suo ultimo film. Cinema e donne. La sua passione nata in piena epoca di regime, trova sfogo nel periodo successivo, quello della rinascita iberica. Non è un caso che il suo primo film sia datato 1980, a cinque anni di distanza dalla morte di Franco. La schizofrenica resurrezione della società spagnola sembra trasporsi bene nell'universo schizofrenico e sull'orlo di una crisi di nervi del regista. E tutto raccontato dalle donne. Le sue donne. In un'intervista recente a Il Cinematografo.it racconta: "Ho sempre raccontato personaggi femminili con grande autonomia morale, credo siano più forti di noi uomini. Ci sono registe che hanno vinto a Cannes e Venezia, finalmente possono raccontare le loro storie".
Ed è proprio così che accade nei suoi film. Il cinema di Pedro Almodóvar sembra accompagnare lo sguardo dei suoi personaggi femminili, apre la porta al loro mondo ma in seguito, discretamente se ne scosta perché possano prendere loro stesse le redini della narrazione e avvicinare lo spettatore al loro vissuto. In occasione dell'uscita di Madres Paralelas nelle sale questo week-end abbiamo scoperto quali sono i 5 migliroi personaggi femminili di Pedro Almodóvar che hanno in qualche modo simboleggiato e caratterizzato il suo cinema.
1. Rossy de Palma (Il fiore del mio segreto, 1995)
Provare l'esperimento di chiudere gli occhi e visualizzare il primo volto associato al cinema di Pedro Almodóvar significa trovarsi faccia a faccia con il profilo magnetico e picassiano di Rossy de Palma, ritratto caratteristico e poliedrico della sua filmografia. Poche interpreti del cinema di Almodóvar possono vantare un legame così stretto con il cineasta castigliano, che in qualche modo ha scelto di farne un manifesto profondo della varietà dell'universo femminile, che de Palma esprime sullo schermo con un fascino unico e pungente. Dopo il debutto nel 1987 in La legge del desiderio, Rossy de Palma diventa una presenza costante, che sembra trasmettere una sensazione di eterna performance, come se le luci su di lei non si fossero mai spente. Tra i molteplici personaggi la scelta è ricaduta su Rosa, come il suo nome di battesimo, in Il fiore del mio segreto, film che le permise essere nominata al premio Goya.
2. Cecilia Roth (Tutto su mia madre, 1999)
Il tema della maternità è una costante nel cinema di Almodóvar ben prima di Madres Paralelas e Tutto su mia madre ne è un compendio perfetto; è una storia di genitori e figli, una relazione tanto cara al regista, che si avvale in questo caso di un'altra sua grande maschera, Cecilia Roth. Un cappotto rosso, uno sguardo sofferto, un rapporto spezzato. La vita di Manuela è quella di una madre single che cerca di riconnettersi con il figlio perduto innescando una rete di sostegno, amore, affetto e rinascita inaspettati. Un affresco completo del cinema di Pedro Almodóvar e un personaggio femminile determinato, mai domo, resiliente, che nel corso evolutivo della trama rifugge qualsiasi sentore pudico con ostinata sfacciataggine e avvolgente poesia.
Le donne nel cinema di Pedro Almodóvar: madri, mogli e amanti sull'orlo di una crisi di nervi
3. Carmen Maura (Donne sull'orlo di una crisi di nervi, 1988)
Titolo di culto all'interno del panorama cinematografico di Pedro Almodóvar, Donne sull'orlo di una crisi di nervi è una vera e propria passerella farsesca sulla femminilità, sul maschilismo imperante nella società contemporanea e sulla straordinarietà della vita insita in ogni esistenza ordinaria. Donne sull'orlo di una crisi di nervi è una sorta di Pulp Fiction di Almodóvar, del quale è una delle più grandi attrici del cinema spagnolo, Carmen Maura, a fare da perno in questo racconto colorito, esilarante e schizofrenico, liberamente ispirato a La voce umana di Jean Cocteau. Il personaggio di Pepa, una doppiatrice, è metafora della vita delle donne, in perenne equilibrio forzato fra realtà e finzione, in una società patriarcale che tenta costantemente di reprimerle.
4. Penélope Cruz (Volver, 2006)
Il volto più mainstream del cinema di Pedro Almodóvar è senza dubbio quello di Penélope Cruz, probabilmente mai così a proprio agio come nell'universo fittizio cucitole addosso dal regista di Calzada de Calatrava. E l'amore pare essere ricambiato tanto che a Penélope Cruz egli affida il ruolo principale in quello che probabilmente è il picco massimo di una riflessione toccante e arguta sull'universo femminile. In Volver, Cruz è la giovane donna Raimunda, figlia di Irene (ennesima struggente interpretazione di Carmen Maura), una madre scomparsa che ritorna per realizzarsi e non lasciare incomplete questioni in sospeso. Almodóvar scava nei propri ricordi per restituire al pubblico una storia di amore universale che permette di assistere alla miglior performance in carriera di Penélope Cruz.
5. Marisa Paredes (Il fiore del mio segreto, 1995)
Pochi registi sanno modellare ritratti femminili così autentici e affascinanti come Pedro Almodóvar. L'esempio lampante è Leocadia Macias, magistralmente interpretata da un'altra affezionata alla sua filmografia come Marisa Paredes, che dietro lo pseudonimo di Amanda Gris, sforna romanzi rosa di successo nella Spagna degli anni '90. Un racconto sulla solitudine e la malinconia, sulla fine di un sentimento e la sofferenza che pare non placarsi mai. Grazie allo sguardo austero di Paredes, in grado di celare un dolore profondo e apparentemente inestirpabile, Almodóvar confeziona uno dei suoi film maggiormente maturi e stratificati, sorretto da uno dei più autorevoli personaggi femminili del cinema europeo.