Paolo Sorrentino si limita a fornire risposte nette e concise alla conferenza stampa cannense del suo Parthenope. Non c'è spazio per l'emozione di trovarsi, unico italiano in concorso, in gara per il prestigioso premio. Per il suo nuovo film, Sorrentino si è scelto un alter ego femminile, una donna libera e affascinante come la città che la origina, Napoli, seguita nelle varie fasi della sua vita. Una storia autobiografica, almeno per quanto riguarda la napoletanità.
"Parthenope è una donna belissima, libera, spontanea, priva di pregiudizi. Il riflesso della città in cui sono cresciuto" chiarisce. "C'è una coincidenza tra personaggio e città, come dimostra il nome della donna, che è l'antico nome di Napoli". E c'è una stretta corrispondenza anche tra il personaggio e il suo autore, come ammette lui stesso: "Io e Parthenope condividiamo la curiosità verso le altre persone, questo spirito antropologica, e abbiamo molto in comune. Nonostante i traumi dell'esistenza, lei non perde il suo interesse verso gli altri. Nasce in una condizione perfetta per essere libera e lotta per questo suo diritto".
Bellezza, giovinezza, libertà
Venire a patti col suo passato, per Paolo Sorrentino non è stato semplice. Prima con È stata la mano di Dio e adesso con Parthenope, il regista è tornato a raccontare storie ispirate al suo vissuto, ambientate nella città che gli ha dato i natali, "bellissima in certi stadi della vita e insopportabile in altri" per dirla con le sue parole. "Raffaele LaCapria l'ha definita una città in vacanza permanente. Quando cresci diventa meno importante, sono tanti i napoletani che se ne vanno. Il mio interesse per la mia città è ritornato da adulto, ho imparato ad apprezzarla con la maturità".
Per incarnare la bellissima Parthenope nel fiore della giovinezza, Sorrentino ha voluto un volto nuovo, l'esordiente Celeste Dalla Porta che ammette di sentirsi "Come in un sogno. Diventare un'attrice per me era un'ambizione astratta finché non mi sono ritrovata sul set. Il percorso di questo film mi ha reso più consapevole". Pur non essendo napoletana, per Celeste incarnare Parthenope non è stato uno sforzo: "Ho cercato di seguire il personaggio nella sua libertà e nel suo guardare oltre la superficie delle cose. La sua libertà mi ha parlato tanto e ho cercato di seguirla in quello che è stato un viaggio indimenticabile".
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La saggezza di Gary Oldman
Se Celeste Dalla Porta muove i primi passi nel cinema, il veterano Gary Oldman interpreta John Cheever, uno scrittore alcolizzato affascinato da Parthenope. "Sono un veterano, recito da oltre quarant'anni e Celeste è un'attrice giovane la cui vita cambierà dopo questo film" dichiara il divo inglese. "Innocenza e purezza saranno perse per sempre anche solo per il fatto che lei è nel film ed è esposta a tutti voi". L'attore riflette, poi, sul passare del tempo, uno dei temi affrontati nel film che ritrae Parthenope nei vari stadi dell'esistenza interpretata, da adulta, da Luisa Ranieri e poi da Stefania Sandrelli. "Quando sei giovane desideri crescere, adesso abbiamo un piede nel passato e uno nel futuro e pisciamo sulla morte" spiega Oldman. "Oggi mi sento meglio nella mia pelle di quando ero giovane, ho una famiglia fantastica e mi sono lasciato alle spalle il caos e il dolore del passato. Tutti sanno che ero alcolizzato, ho festeggiato da poco 27 anni di sobrietà e oggi sono qui. Diventando vecchio spero di essere anche più saggio di prima".
Naturalmente, in un film di Paolo Sorrentino non può mancare l'attenzione all'aspetto visivo, curato dal regista insieme alla direttrice della fotografia Daria D'Antonio, a cui il regista si affida spesso e volentieri, limitandosi a dare indicazioni sul tipo di inquadratura. I due negano la possibilità di uno sguardo maschile o femminile. "Esiste uno sguardo personale dell'autore o dell'autrice, una persona che dentro di se ha un'esperienza, una curiosità" spiegano. "Non c'è giudizio, ma ricerca. Abbiamo cercato di esplorare ciò che non conoscevamo senza arrivare a dare una risposta". L'ultima parola è per la colonna sonora, altro ingrediente essenziale del cinema di Sorrentino che stavolta ha scelto di inserire per lo più "musica di repertorio di una trombettista australiana di nome Nadje Noordhuis, che ammiro da anni, affiancando alcuni brani di Riccardo Cocciante e Gino Paoli".