Per quanto consuetudine, è sempre strano quando vediamo i film con netto anticipo in eventi internazionali e poi, dopo mesi, arrivano in sala. La sensazione, per noi giornalisti, è che siano qualcosa di passato, mentre il pubblico si accinge, invece, a scoprirli. Non è così per Parthenope di Paolo Sorrentino, perché il decimo film dell'autore napoletano è ancora lì, fresco e saldo nella nostra memoria, pronto a essere di nuovo ripercorso e analizzato. È la potenza del cinema di Sorrentino, che lascia il segno, e si conferma anche in questo nuovo lungometraggio in cui torna nella sua Napoli dopo È stata la mano di Dio mettendo per la prima volta al centro una figura femminile, la Parthenope, appunto, della bravissima Celeste Dalla Porta.
Un film che arriva definitivamente in sala il 24 ottobre dopo le anteprime di mezzanotte organizzate dalla neonata Piper Film, che il responsabile Massimiliano Orfei ha spiegato così in conferenza: "è un'operazione mai vista in questo mercato, forse in America. Abbiamo voluto dare subito il segno di una nuova distribuzione che pensa in modo nuovo. L'obiettivo era di avvicinarci ai ragazzi, perché la proiezione di mezzanotte era impossibile per gli adulti. In questo modo abbiamo detto subito ai ragazzi che volevo parlare con loro e che gli adulti avrebbero potuto aspettare." E in quel pubblico giovane Paolo Sorrentino ha trovato una grande "libertà nell'approcciare al film, senza barriere di moda e ideologie. Si sono lasciati andare ed è quello che io speravo che accadesse, liberi di lasciarsi andare ed emozionarsi o divertirsi. Diverso dallo spettatore adulto che arriva con un bagaglio di aspettative. Quando uno spettatore è senza sensi di colpa, è sempre lo spettatore migliore."
Lo spettatore ideale che può continuare a raggiungere il film ora che quella distribuzione originale approda a un'uscita regolare al cinema in grande stile, con ben 550 sale coinvolte per permettere a tutti di godere del nuovo lavoro del regista de La grande bellezza e Il Divo.
Una donna al centro del racconto
Per la prima volta Paolo Sorrentino ha una protagonista femminile. "Avevo fatto nove film con protagonisti maschili ed era ora di cambiare. È una questione di noia" ha spiegato il regista, inoltre ha aggiunto che "Joyce parlava dell'epica come di una selvaggia vitalità e mi piace pensare che sia un concetto che sia più proprio di una donna." E in questa donna Celeste Dalla Porta si è ritrovata con facilità, dimostrandosi da subito una nuova scoperta del cinema italiano: "È un racconto che parla dello scorrere del tempo ed è un qualcosa di molto sottile e delicato. La sceneggiatura racconta la delicatezza di ogni momento. Non ci rendiamo conto di come passa il tempo e ho cercato di trovare il mio scorrere del tempo in questo film. Indaga tante parti dell'essere umano, del sé, e ho cercato di condividere i diversi momenti di cambiamento di Pathenope." Ma cosa ha scoperto Paolo Sorrentino delle donne lavorando a questo film? "L'oggetto film non è deputato a fare delle scoperte o dare risposte, ma solo a porre nuove domande. C'è un errore di fondo se lo spettatore si aspetta delle risposte da un film o un messaggio. Spero di aver alimentato nuove domande piuttosto che aver dato risposte."
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Il cinema e lo sguardo di Paolo Sorrentino
"Non sono in grado di confrontarmi col cinema di oggi, perché ne vedo poco" ci ha confessato ancora il regista ragionando su come il suo film si inserisca nel panorama contemporaneo e sul perché abbia pensato proprio a questa storia per Parthenope, "Siamo condannati a fare quello che sentiamo. Non c'è altro modo di fare questo lavoro, almeno per me. Mi sembrava la storia che mi riguardava di più nel momento in cui l'ho concepita." Ma da quel momento all'uscita c'è stata anche la presentazione a Cannes e un percorso già messo alle spalle.
Cosa gli resta? "Mi resta una grande commozione nei confronti di un racconto che è apparente ambizioso ma è in realtà molto semplice. È un racconto sentimentale di quello che rappresentano le varie tappe della vita" dalla giovinezza alla responsabilità della mezza età a quando si diventa adulti, quando "invece di abbandonarsi si ha la sensazione che è la vita che ci sta abbandonando. La vita provi a vederla ma è lei che non ti vede, che ti volta un po' le spalle." Una malinconia che viene per smentita da quell'ultimo sospiro davanti alla città di Napoli, che sembra dire 'è andata così, la vita è andata così.'"_
La Napoli Paolo Sorrentino
Si parla di sguardo in Parthenope, dell'imparare a vedere. "Ma si dovrebbe vedere in maniera sbilenca" ammonisce Sorrentino, "quando il cinema vede per vedere si ha un qualcosa che a tanti piace, ma a me no. A me piace vedere traslando la vista, creando quel lieve scarto che si chiama fantasia o immaginazione. Il cinema deve vedere, ma deve vedere in un altro modo." Uno sguardo che in questo film Paolo Sorrentino volge sulla sua Napoli: "Ho trovato quello che notano tutti, che la città è cambiata per certi versi, che è assediata dal turismo, che merceologicamente sia cambiata rispetto a quando ci vivono io. È una città che riesce a resistere agli assalti dall'esterno, che riesce a preservare una sua identità per quanto imprecisa. È autoreferenziale. È una caratteristica dei Napoletani."
E dei napoletani è sempre difficile parlare, come sottolinea anche Silvio Orlando: "Parlare dei Napoletani è sempre complicato. È difficile non essere schiacciati da questa responsabilità di essere napoletani" e secondo lui, e per fortuna, "il film cerca di andare oltre questo quadro preconfezionato." E l'attore è orgoglioso di aver incarnato col suo professore una Napoli più erudita: "ho incarnato quel pezzo di Napoli che viene raccontato pochissimo, ma che a Napoli c'è: ha trattato pensatori di tutte le epoche, ma anche adesso c'è un fermento culturale straordinario, anche di altissimo livello. Sono contento di aver incarnato quella parte della città e spero possa essere un contributo a ricostruire questo affresco."