Recensione Polluting Paradise (2012)

Fatih Akin racconta il disastro ecologico in atto a Çamburnu, a causa di una discarica aperta nel 2007 e costruita senza le adeguate misure di sicurezza per i gli abitanti della zona e per l'ambiente.

Paradiso perduto

Tutti siamo ormai pienamente coscienti di vivere in un mondo pieno di problemi: guerre, di religione e non, terrorismo e, non per ultimo, la crisi economica che sta mettendo in ginocchio ampie fette della popolazione dei paesi occidentali. Ma c'è un altro problema molto diffuso, del quale in Italia abbiamo prove molto tangibili, in modo particolare nel Sud, ovvero quello dello smaltimento dei rifiuti. Che sia un problema diffuso ed attuale, lo conferma la presenza alla 65ma edizione del Festival di Cannes di due documentari sullo stesso tema, uno più generico, globale potremmo dire, ed uno più concentrato su una manifestazione locale, ma non per questo meno grave, del dramma.

Si tratta di Polluting Paradise di Fatih Akin, produzione nata nel 2005 durante una visita a Çamburnu, paese d'origine dei suoi nonni, un piccolo villaggio montano nel nord-est della Turchia. Nel corso di quella visita, Akin ha scoperto sì l'incredibile bellezza del posto, ma anche del progetto in cantiere per realizzare una discarica in quel luogo. Dall'idea si è passati ai fatti, consci dell'imminente disastro ambientale, e nel 2007 il regista era pronto con la sua macchina da presa per riprendere l'inizio dei lavori e la costruzione della discarica fino alla sua entrata in esercizio, documentando i primi problemi, verificatisi già nella fase di lavorazione, e le reazioni degli abitanti del luogo.
I timori della gente si sono dimostrati fondati: la discarica si è rivelata, se possibile, anche peggio di quanto ci si potesse aspettare, diventando fonte di cattivo odore persistente (contrastato in modo ridicolo ed inutile dai responsabili con emissioni di deodorante), ma nel corso del tempo anche causa di inquinamento del suolo e delle falde acquifere, finendo per attirare insetti ed animali.
L'approccio di Akin è meticoloso, segue la costruzione e parallelamente i timori della popolazione, che diventano rabbia e proteste quando si concretizzano, completando il quadro con ulteriori interviste anche alle autorità locali ed ai responsabili della ditta che si è occupata dei lavori per la costruzione della discarica e poi della sua gestione. Un approccio che mantiene per tutta la durata delle riprese, che proseguono fino al 2012 e documentano anche problemi successivi, da fuoriuscite di liquidi di scarico a causa delle piogge a crolli, riuscendo man mano ad aggiungere un ulteriore livello di lettura al suo lavoro: la caratterizzazione della piccola comunità di Çamburnu e dei suoi abitanti. Un aspetto che non fa che accrescere la rabbia per il sopruso perpetrato ai loro danni e le menzogne raccontate loro dalle autorità. Oltre che per l'evidente disastro ecologico in atto nella zona.

Movieplayer.it

3.0/5