Un tris di recensioni per Pacific Rim di Guillermo Del Toro: le abbiamo selezionate tra quelle che ci sono state inviate dai nostri lettori che hanno partecipato alla nostra iniziativa lanciata questa estate e associata a pellicole di richiamo come World War Z, The Lone Ranger e L'uomo d'acciaio. Rispetto ai titoli appena citati Pacific Rim ha avuto un'accoglienza più positiva e soprattutto più compatta. Buona parte dei recensori ha applaudito l'accuratezza e la spettacolarità del film di Del Toro - e non sono mancati paragoni con Transformers, considerato inferiore - e a voler trovare un difetto, ha sottolineato la debolezza dello script, che avrebbe meritato una cura maggiore, soprattutto per quanto riguarda l'approfondimento dei personaggi.
Prima di lasciarvi alle recensioni dei nostri lettori, vi segnaliamo il link alla nostra recensione di Pacific Rim. All'interno dell'articolo trovate anche la videorecensione.
GiuseppeT.Chiaramonte: Larger Than Life! Thanks, Guillermo
Guillermo Del Toro torna dietro la macchina da presa con un progetto completamente suo e decide di omaggiare il genere kaiju eiga, mescolandolo con il miglior cinema hollywoodiano estivo. Pacific Rim, è inutile nasconderlo, è un film epico di quelli che ti fanno saltare dalla poltrona per l'esaltazione. Rappresenta i sogni di tanti appassionati di anime e manga giapponesi sui robottoni (da Mazinga a Neon Genesis Evangelion) portati al cinema in modo finalmente degno. Dimenticate completamente lo spettacolo fracassone e autocompiaciuto di Michael Bay, Pacific Rim è tutto un altro mondo.Basato su una sceneggiatura semplice e senza troppe pretese, sebbene si parli di fine del mondo, di fratellanza e sacrificio tra gli altri temi, il blockbuster del regista messicano è un ottimo film di intrattenimento dove tutti gli elementi sono dosati alla perfezione in un equilibrio di forma e contenuti che ultimamente è difficile trovare in questo genere. Però un punto debole ce l'ha ed è proprio lo script. Non c'è un approfondimento dei personaggi laddove l'avrebbero meritato, per esempio. E' il caso, sicuramente, dei tre protagonisti Raleigh Beckett (Charlie Hunnam), Mako Mori (Rinko Kikuchi) e Stacker Pentecost (Idris Elba) le cui storie sono appena accennate, anche se sui primi due si scopre qualcosa di più grazie a uno degli elementi fondanti del funzionamento dei Jaeger: il ponte neuronale che collega i due piloti del mega robot da combattimento.
Davanti a tanta magnificenza visiva, tuttavia, è inutile rimuginare sulla parte "profonda" del film, perché proprio i robot e i mostri sono la parte stupefacente. Prima di tutto per l'elevato grado di spettacolo che in più punti lascia a bocca aperta (la battaglia di Hong Kong è la cosa più impressionante vista negli ultimi anni in un blockbuster estivo). Secondo, per il grado di realismo, per quanto il genere lo consenta, delle stesse scene e della creazione delle gigantesche creature meccaniche e non. Ai robot è stata dedicata una cura maniacale sia per la loro costruzione fisica che per il loro funzionamento, mentre per i mostri la rappresentazione è quella di esseri viventi al 100% e non di "mostri da massacro dell'apocalisse senza volontà alcuna se non quella di distruggere". Del Toro poi ci mette del suo sulla messa in scena e quando credi di aver visto tutto (anche ripensando alle immagini del trailer) Pacific Rim va ancora più lontano e lo fa in maniera ancora più gigante.
Ho avuto modo di vedere il film con un ottimo 3D (tecnologia Xpand su uno schermo da 30 metri) e a sorpresa, è il migliore mai visto. La capacità immersiva della riconversione stereoscopica è impressionante, aiutata anche da inquadrature con una profondità di campo vastissima. Il tutto non fa che aumentare la componente spettacolare. Però, come ogni volta, molti dettagli si perdono per una semplice questione di lettura delle immagini e di velocità di messa a fuoco dell'occhio. Ad ogni modo, il consiglio è quello di investire in una sala cinematografica di qualità, 3D o 2D che sia. Ne vale davvero la pena.
MarcoValerio
Cinque anni sono passati dall'ottimo e sottovalutatissimo Hellboy - The Golden Army, lasso di tempo in cui Guillermo del Toro ha collezionato pellicole altrui da patrocinare in qualità di produttore e progetti abbozzati e abbandonati in corso d'opera, su tutti quel Lo Hobbit: un viaggio inaspettato affidato alle mani sapienti di Peter Jackson.Ora l'autore messicano torna a dirigere in prima persona un film, firmando con Pacific Rim il suo primo vero blockbuster, un kolossal fantascientifico-catastrofico votato al gigantismo, scevro da qualsiasi concessione all'autorialità ma al contempo in grado di evitare le deleterie derive ipertrofiche dell'ultimo Iron Man o del recente L'uomo d'acciaio.
L'apocalisse è vicina e il mondo lotta per la sua sopravvivenza, minacciata dai mostruosi Kaiju, creature aliene nascoste negli abissi dell'Oceano Pacifico. La resistenza umana è affidata ad un'arma speciale, ovvero un esercito di Jaeger, enormi robot controllati simultaneamente da due piloti le cui menti vengono legate da un ponte neuronale. La ferocia dei Kaiju appare comunque inarrestabile e l'ultima speranza per l'umanità è rappresentata da un ex pilota di Jaeger, Raleigh Becket (Charlie Hunnam), e un soldatessa alle prime armi, Mako Mori (Rinko Kikuchi), coadiuvati dal generale Stacker Pentecost (Idris Elba).
Tasso di spettacolarità elevato, grandi scene d'azione, buon senso del ritmo e respiro narrativo che regge piuttosto bene le quasi due ore di durata: Del Toro mostra, ancora una volta, grande padronanza del mezzo cinematografico, sempre attento a non compiacersi troppo e regalando un intrattenimento fracassone ma mai molesto, ammaliante senza essere stordente.
Il limite maggiore di Pacific Rim sta però in una sceneggiatura fin troppo semplicistica, zeppa di clichè, di soluzioni prevedibili, di originalità ambivalente e, soprattutto, personaggi monodimensionali (alcuni al limite della macchietta, come i due scienziati interpretati da Charlie Day e Burn Gorman), la cui componente umana (con tutto il campionario di complessità, contraddizioni e retaggi di un doloroso passato) è tratteggiata sbrigativamente, sacrificata in nome dell'azione e delle meraviglie visive, tra cui spicca un 3D sorprendentemente funzionale e meno molesto dei consueti standard.
Pacific Rim è quindi un discreto entertainment movie, refrattario però a prendersi alcun tipo di rischio, limitando al minimo sindacale perfino le strizzatine d'occhio cinefile e l'umorismo sofisticato del regista (che comunque fa capolino di tanto in tanto), pensato e realizzato come prodotto di largo consumo, godibile ma estemporaneo.
Cinema alimentare cui del Toro si è piegato probabilmente per finanziare i suoi futuri progetti più personali: ad ogni modo, dall'autore de Il labirinto del fauno era lecito aspettarsi qualcosa in più.
Consigliata la visione, laddove possibile, in formato IMAX.
Marco De Mitri
Dopo un prologo eccellente e che scorre via in un incastro di immagini e didascalie intelligente, il film entra nel vivo. La minaccia che scuote la terra sono i Kaiju, alieni che giungono da un portale inter dimensionale nell'oceano. Per combatterli vengono studiati e costruiti dalle menti più brillanti del globo dei Robot giganti, gli Jaeger (cacciatori in tedesco), pilotati da due ranger, soldati con un collegamento neurale che mescolando i loro ricordi in un drift riescono ad animare questi colossi.La pellicola non si limita ad essere un grande giocattolone; a quanto pare non ha nemmeno avuto gli stessi costi di produzione, esorbitanti, di un Transformers. Ma ha un corpo, un'anima, ti fa provare emozioni. Non di quelle necessarie e quasi obbligate delle solite sceneggiature da blockbuster, qui si prova empatia per la distruzione dei robot, ad esempio. Ci si gasa, si salta, si combatte insieme a loro. Come quando da bambino mimi le gestualità dei robot giganti contro i loro acerrimi nemici: Zabi, l'imperatore delle tenebre, gli Angeli.
Qualcosa che finalmente funziona nella plausibilità creata. I dettagli fanno la differenza; e così potrete vedere graffi, scintillii, leggi della fisica rispettate nella loro verosimiglianza da film. È calibrato, ben strutturato ed ha un ritmo da tachicardia.
Non si nutre di uno script innovativo, sarebbe stato un po' stupido pensare il contrario. Ma la realizzazione degli stereotipi è divertente. Ha quel grottesco e quella suggestione di HellBoy 2, del il Labirinto del Fauno, che immerge lo spettatore nella magica visionarietà del regista.
Guillermo Del Toro si mostra un persona di grande cultura e raffinatezza. Prende per mano il mito giapponese, lo colora della sua visione artistica e lo lancia nel suo mondo: quello occidentale non americano, che, attenzione, è molto diverso. Non ha alcun imperialismo e presunzione di imporre e depauperare della filosofia orientale del mondo dei Mecha e dei real robot. Perchè è la sua infanzia, la sua crescita, il suo più grande omaggio. Il robot, si vede, lo ha coccolato. E nessun bambino vorrebbe mai distruggere chi lo ha protetto, ammaccarlo per uno scontro con delle micromachine forse, ma questo è un altro discorso. Il reparto tecnico è mostruoso. I concept sono validi, più che validi, e disegnati con i più simpatici clichè; potrete notare la diversità tra quelli della squadra giapponese, quelli russi a quelli americani e non solo, ci sono anche gli australiani. I combattimenti, poi, risultano essere emozionati, curati nei minimi particolari e con scene che avranno modo di insegnare ed ispirare i lavori successivi. La colonna sonora è splendida, riesce ad immergerti nella scena (ascoltatela su Spotify). Perchè si crei un mito ci vuole la consapevolezza del mito stesso. Guerre Stellari lo è perchè ha imposto la sua visione d'insieme, mescolando e superando la distinzione di genere, e ha dettato legge sulla fantascienza (ma non solo, vedi: Toy Story 2, ad esempio) per gli anni, i decenni successivi e chissà fin quanto potrà continuare. Ma per farlo ha preso atto della sua portata, del mondo che stava cambiando, con un modo autoreferenziale di mettere su scena. Come se già lo sapesse, prima ancora di essere visionato. Pacific Rim è stato paragonato a Star Wars. Ma la differenza è che il film di Del Toro parte da uno scenario già precostituito. Non dico che non influenzerà ma non lo farà da mito; da omaggio, da prodotto di nicchia, sì, però.