Il vento del cambiamento che soffia a Hollywood da qualche tempo sembra essere sempre più intenso. Dopo la sorprendente Awards Season 2020 e i primi annunci della scorsa primavera in merito alla prossima edizione degli Oscar 2021, l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences alza la posta in gioco per la corsa alla statuetta di Miglior Film, con la quale vengono premiati i produttori dell'opera ritenuta complessivamente come la più importante di un'annata cinematografica. Ed è proprio ad essi che l'iniziativa Academy Aperture 2025 si è rivolta: a partire dalla stagione 2024, infatti, le pellicole dovranno rispettare alcuni criteri in termini di rappresentatività per poter essere eleggibili all'interno della categoria principale degli Oscar. L'obiettivo da raggiungere è l'inclusione sociale.
Le nuove regole per diventare Miglior Film
A partire dalla 96^ edizione degli Oscar (2024), un film che intenda partecipare alla corsa all'Oscar di Miglior Film dovrà rispettare almeno due di quattro requisiti imposti dall'Academy, ovvero:
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Il protagonista (lead actress/actor) o un non protagonista (supporting actress/actor) narrativamente fondamentale all'interno di un film dovrà appartenere a una comunità razziale o etnica generalmente poco o per nulla rappresentata. Inoltre, almeno il 30% del cast dovrà includere interpreti appartenenti a gruppi quasi sempre sottorappresentati, e l'Academy li ha individuati in donne, minoranze razziali, LGBTQ+, diversamente abili, non udenti e ipoudenti. Infine, ed è forse il punto più discusso poiché investe direttamente la parte creativa di un'opera, la linea narrativa principale del film deve avere come fulcro uno o più personaggi che appartengano alle categorie precedentemente citate.
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Almeno due dei ruoli fondamentali nella realizzazione di un film (Direttore del casting, Direttore della fotografia, Musicista/Compositore, Costumista, Regista, Montatore, Acconciatori e Truccatori, Produttori, Scenografo, Arredatore, Direttore del sonoro, Supervisore degli effetti visivi, Sceneggiatori) dovranno essere parte, ancora una volta, appartenenti ai gruppi generalmente sottorappresentati tra cui donne, minoranze razziali e LGBTQ+ e almeno uno di quei ruoli dovrà essere assegnato a specifiche comunità etniche (elencate dall'Academy). Stesso criterio dovrà essere seguito per ulteriori ruoli tecnici all'interno della produzione di un film e complessivamente il 30% della troupe dovrà includere maestranze dei già menzionati gruppi.
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Sempre per tali minoranze occorrerà riconoscere definitivamente l'apprendistato retribuito e ampliare le occasioni di stage, nonché concedere maggiori opportunità di formazione agevolando inoltre lo sviluppo delle competenze.
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Infine, i team di lavoro delle case di produzione cinematografiche che si occupano di marketing, pubblicità e distribuzione dovranno includere persone appartenenti alle minoranze più volte indicate. L'Academy ha inoltre ribadito che le indicazioni per le categorie di Miglior film d'animazione, Miglior Documentario, Miglior film internazionale saranno approfondite più avanti.
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Le contraddizioni dell'Academy
Le scelte dell'esecutivo dell'Academy si prestano ad almeno due considerazioni. Da una parte, in un momento nel quale la società statunitense (ma non soltanto) si confronta senza trovare una soluzione contro violenza, razzismo e sessismo, purtroppo estremamente radicati, una soluzione drastica come quella appena annunciata può ritenersi comprensibile. Ancora una volta, l'A.M.P.A.S. compie un passo avanti rispetto alla politica per cercare di accorciare i tempi di un'inclusività sociale che sembra non arrivare mai, come peraltro i fatti di cronaca raccontano drammaticamente. Il decennio cinematografico scorso ha inoltre visto premiati, anche con la statuetta a Miglior Film, alcuni titoli che hanno interessato l'opinione pubblica e sottolineato, in particolare, come la questione razziale sia un argomento fondamentale: 12 anni schiavo, Moonlight e Green Book non hanno convinto pienamente critica e pubblico ma hanno posto un problema cruciale, rilanciato ulteriormente negli ultimi tempi dal movimento Black Lives Matter. Lodevole, dunque, l'iniziativa dell'Academy che indica pubblicamente dei criteri già premiati dai suoi membri votanti (ormai oltre ottomila) negli anni scorsi, ed evidentemente privilegiati rispetto alla bellezza artistica o alla perfezione stilistica che da sempre contraddistinguono l'arte cinematografica.
Ma nelle nuove regole vi è un punto che lascia perplessi. Sacrosanto l'invito a fare di più sulle scelte rispetto al cast artistico e creativo, oltre che sulla troupe: concedere pari opportunità a chiunque, a prescindere dal suo status sociale o dalla sua provenienza, è sinonimo di crescita di una società, che riconosce i diritti degli individui i quali possono così esprimersi secondo le proprie aspettative. Ma andare a suggerire quali storie raccontare e imporre chi debbano essere i personaggi narrati, non è forse un'ingerenza esagerata e controproducente? Del resto, non si può certo ritenere che il cinema statunitense e internazionale non abbia affrontato storie particolari e incentrate sulle minoranze, oltre ad aver proposto ruoli femminili indimenticabili anche di recente (e ne vorremmo vedere sempre di più); e che quindi si renda necessario correre ai ripari su tale aspetto. Inoltre, invitare ad attingere da un elenco di quattro punti, di cui almeno la metà da soddisfare, potrebbe dare l'idea, sia alle major che alle altre case minori, di scegliere le due soluzioni più "comode", senza cambiare veramente le politiche produttive, come invece l'Academy auspica. È da rilevare, però, come sia sbagliato generalizzare e accusare indistintamente l'industria hollywoodiana di non aver cercato di invertire la rotta, anche dopo diversi dibattiti sollevati in passato, ad esempio, sulla questione della mancata parità degli ingaggi tra attori e attrici. Parecchi dei film candidati nelle più recenti edizioni degli Oscar rispettavano già le indicazioni adesso fornite dall'Academy. Suddette direttive, comunque, sembrano voler soprattutto ribadire concetti spesso non del tutto approfonditi, e tali dichiarazioni appaiono affatto casuali considerando soprattutto come siano state proposte durante la campagna elettorale statunitense, avviata ormai verso la conclusione.
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C'era una volta la fabbrica dei sogni
La stagione dei premi, per gli appassionati di cinema, è il periodo più appassionante e divertente dell'anno. Agli eventi e alle cerimonie va dato il giusto peso - una statuetta non determina necessariamente la bontà di un film o il suo posto nella cinematografia - ma indubbiamente gli Oscar, così come i Golden Globe, i BAFTA e tutti gli altri premi hanno da sempre un'importanza straordinaria. Gli Academy Awards mantengono un primato indubbio e come tali sono in grado di spostare i giudizi sui film e su ciò che essi che hanno significato in determinati periodi storici. In un'epoca nella quale i sogni ispirati dai film devono spesso lasciare posto alla triste realtà attorno a noi, può accadere che una pellicola fondamentale come La La Land debba venir sacrificata premiandone una non indimenticabile (Moonlight) il cui unico merito era di lanciare un messaggio politico; e che un'opera comunque importante come Parasite venga celebrata soprattutto per ciò che rappresenta sul piano socio-culturale, ancor prima che per gli indubbi meriti cinematografici. Eppure, ogni cinefilo dovrebbe ancora sperare che gli Oscar restino focalizzati sul voler insignire la qualità e l'eccellenza vista durante una singola annata, e non diventino esclusivamente uno strumento che debba compensare le carenze di una società dove il pieno rispetto dei diritti fondamentali appare ancora un obiettivo irraggiungibile.
Il rischio di un corto circuito è dunque da non escludere, ma siamo certi che le novità proposte dall'Academy non lasceranno certo indifferenti l'industria cinematografica e l'opinione pubblica. Qualcosa sembra effettivamente muoversi, per quanto la tortuosa strada verso inclusività e uguaglianza appaia ancora molto lunga.
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