Mentre in tutto il mondo si discute della querelle tra Netflix e il Festival di Cannes, uno dei film della discordia, Okja, si mostra finalmente alla stampa e al pubblico presente sulla Croisette. Quegli stessi spettatori che ormai si dividono in due fazioni opposte, fischiando o applaudendo il logo della propria "squadra" proprio come se fosse una competizione nella competizione. Vincerà la Palma d'oro questo film di Bong Joon-ho? Molto probabilmente no, ma non (necessariamente) a causa delle dichiarazioni e della politica del presidente della Giuria Pedro Almodóvar.
Leggi anche: Cannes contro Netflix e il destino delle sale: chi ha ragione e chi vincerà?
Perché Okja non è esattamente un film da concorso cinematografico, non ha quel tipo di gravitas necessaria per poter realmente ambire ad un premio così prestigioso, ma ha dalla sua qualcosa di molto più importante e potente: la capacità di colpire l'immaginario e di lanciare un messaggio semplice del quale il film di Bong è destinato a rimanere a lungo un simbolo.
Il mio vicino supermaiale
Prendendo dal cinema di Miyazaki così come dallo Spielberg più "fanciullesco", Okja si fa latore di un messaggio ecologista e solidale, senza limitarsi a un approccio generico e vago, ma anzi affrontando di petto una questione dai contorni molto specifici: l'allevamento intensivo degli animali destinati alla macellazione e al consumo da parte di una popolazione umana sempre crescente e sempre più superficiale e ipocrita nelle sue manipolazioni.
Non sono certamente argomenti particolarmente nuovi, ma di certo originale è la freschezza con cui questo film li affronta e ce li presenta, con un tono che parte dal favolistico, passa per il comico/parodistico e infine mostra senza grossi indugi o censure i veri orrori che tutti noi abituali consumatori cerchiamo in ogni modo di dimenticare o di far finta di non conoscere. Ad accompagnarci in questo lungo viaggio ricco di sorprese due dei personaggi più innocenti e adorabili visti sullo schermo in tempi recenti: la coraggiosa e tenace bambina di nome Mija e l'animale del titolo, il gigantesco e "rarissimo" supermaiale che la malvagia corporazione di turno vuole sfruttare per i propri interessi.
Leggi anche: Cannes 2017: Okja, fischi e urla alla proiezione del film Netflix, stoppato per problemi tecnici
Di terrorismi ed estremismi
Ad aiutare la bambina interviene un gruppo di militanti animalisti guidato da Paul Dano -che comprende tra gli altri la bella Lily Collins e la star di The Walking Dead Steven Yeun - il cui arrivo trasforma il film, ne incrementa il ritmo, e ci regala momenti davvero spassosi. L'umorismo in verità è presente fin dall'inizio nei personaggi interpretati da Tilda Swinton e Jake Gyllenhaal - entrambi sfrenati nel loro essere volutamente eccessivi e caricaturali, ma anche molto (s)piacevoli - ma è quando il film si fa "militante" che davvero emergono tutte le potenzialità da futuro "classico" per bambini e adulti.
Leggi anche: Okja: Tilda Swinton su Pedro Almodovar "Non siamo qui per ricevere premi, ma per far vedere il film"
Certo, non a tutti andrà giù il tema del film e la posizione così netta presa dal regista coreano. A tanti cinefili non piacerà nemmeno il buonismo di fondo della pellicola e rimpiangerà magari il cinismo delle sue precedenti (e migliori) opere, ma questo Okja è proprio come il supermaiale che lo vede protagonista: tenero, simpatico e dal cuore grandissimo. Vi sfidiamo a non amarlo e a non volerlo condividere al più presto con i vostri bambini, insieme al suo messaggio che, senza troppi estremismi magari, comunque male non fa. Netflix, a prescindere dalle polemiche, permetterà a tutti di farlo già a partire dal prossimo 28 giugno: a quel punto poi cosa volete che conti una Palma d'oro?