"Vieni da me", sussurra una stravolta Lily-Rose Depp, nel ruolo di Ellen Hutter, sposa che vive nel senso di colpa costante. Lo prova perché pensa di essere sbagliata a cercare "la mano della morte", come la chiama lei. Nei suoi sogni evoca infatti un'ombra, al contempo terrificante e seducente. È quella di un vampiro, un demone: Nosferatu. Ovvero "il non morto". Ma è lei ad averlo chiamato a sé, oppure è lui a essersi insinuato nella sua mente? Probabilmente se lo chiede da tutta la vita anche Robert Eggers, che porta al cinema, dal primo gennaio nelle sale italiane, la sua versione della storia raccontata cento anni fa da Murnau.
Il regista ha visto il film dell'autore tedesco quando aveva nove anni e da allora ne è rimasto folgorato. Tanto da dirigere uno spettacolo teatrale dedicato al vampiro a soli 17 anni. E ora, dopo anni di preparazione (Nosferatu avrebbe dovuto essere il suo secondo film, con Anya Taylor-Joy come protagonista), tutto il suo studio del personaggio e del folclore legato agli strigoi (i vampiri nella mitologia romena) sono confluiti in quello che non è un semplice remake, ma una complessa rielaborazione di un mito fondante del cinema e, prima di tutto, della letteratura.
Nosferatu è in realtà Dracula: non avendo i diritti del romanzo di Bram Stoker, Murnau e la casa di produzione Prana-Film decisero di cambiare nome al protagonista e agli altri personaggi, spostando l'ambientazione dall'Inghilterra alla Germania. Questo stratagemma non impedì però di perdere la causa mossa dagli eredi dello scrittore, che portò lo studio tedesco alla bancarotta e alla distruzione di tutte le copie del film, tranne una. Proprio come quell'unica copia, che ha tramandato Nosferatu a noi, i vampiri continuano a contagiare e affascinare pubblico e autori, che ogni volta adattano il significato di questo mostro iconico ai tempi in cui vivono. Eggers è uno di loro e il morso del Conte Orlok lo ha indotto a plasmare una figura che rappresenta una delle più grandi paure del nostro tempo, ovvero la precarietà della salute mentale e la repressione del corpo (e della sessualità).
Nosferatu e la salute mentale
I sogni di Ellen si fanno sempre più vividi: l'ombra che vede avvicinarsi a lei le provoca sensazioni fisiche. La sua reazione è sconvolgente agli occhi degli altri: il corpo si contorce, gli occhi si girano, le urla diventano assordanti, in una flessione muscolare che sembra qualcosa a metà tra un attacco epilettico e un orgasmo. Tutti pensano sia pazza. E sporca. Eppure Ellen è l'unica che sembra davvero in connessione con una grande minaccia che incombe sulla città, la fittizia Wisborg, e i suoi cari. Il marito Thomas (Nicholas Hoult), per fare carriera, accetta infatti un incarico impegnativo: andare in Transilvania per la firma di un contratto con il Conte Orlok (Bill Skarsgård). Non sa che, così facendo, sarà il tramite fisico tra la bestia e la moglie.
Al contrario di Murnau e Werner Herzog, che ha trasformato Nosferatu in un eroe romantico, schiacciato dalla solitudine e dal desiderio, Eggers dà una rappresentazione inedita e brutale del personaggio, che, anche nell'aspetto, richiama una natura primordiale e violenta, un predatore, incarnazione del male puro. Questa forza è irresistibilmente attratta da Ellen, che, a differenza di tutte le altre persone che la circondano, non reprime questi istinti per conformarsi alle regole della società. E, per questo, dubita di se stessa, mette in discussione la propria mente e somatizza questa sofferenza di spirito e cuore.
Questo dolore viene reso per immagini dall'eccezionale fotografia di Jarin Blaschke, che lavora con Eggers fin dal suo esordio, The Witch. Più Ellen perde forza vitale, più le immagini si fanno desaturate, al punto da sembrare quasi in bianco e nero: come se il film perdesse sangue insieme alla sua protagonista.
La centralità della donna
Ancora una volta la figura della donna è fondamentale per Eggers: è attraverso di lei (e il suo corpo) che si crea il legame tra la società e Nosferatu. Tramite Ellen il vampiro interagisce con le grandi istituzioni che condizionano le nostre vite: la famiglia, incarnata dal marito Thomas, il capitale, rappresentato dai coniugi Harding (Aaron Taylor-Johnson ed Emma Corrin), dal patrimonio consistente, e la scienza, ovvero il Professor Albin Eberhart Von Franz, interpretato da Willem Dafoe, ormai attore feticcio di Eggers, al terzo film con il regista (e non è certamente un caso che Dafoe sia stato Max Schreck, interprete del Nosferatu di Muranau, nel film L'ombra del vampiro).
Laddove gli altri personaggi non riescono a contrastare, e soprattutto a comprendere e riconoscere, la forza insopprimibile e inarrestabile di Orlok, è proprio Ellen la figura chiave tra la razionalità e l'inimmaginabile. Perché lei, mortificata dalla società nella mente e nel corpo in quanto donna, ha da tempo riconosciuto, grazie alla continua repressione di ogni istinto e libertà, il male dentro di sé e può quindi guardarlo negli occhi. Questo è evidente in un finale molto interessante, che tradisce l'originale e, ovviamente, non vi sveliamo.
Per dire tutto questo Eggers ha costruito un film dalla cura formale impeccabile, in cui l'accuratezza storica si fonde con il suo amore per i classici del cinema, a cominciare dall'espressionismo tedesco. Più che un remake, questo Nosferatu è quindi un dialogo tra i grandi del passato e il nostro presente, che diventa sempre più incerto e soffocante. Se soffrite di ansia e claustrofobia la visione potrebbe essere catartica. Oppure terrificante. In ogni caso, ci troviamo di fronte a una svolta per l'autore, che torna alle origini, realizzando il suo film più vicino al magnifico The Witch, e contemporaneamente si libera dell'eredità ingombrante di chi l'ha preceduto. Non vediamo l'ora di sapere quale sarà il suo prossimo lavoro.
Conclusioni
Splendido esteticamente, grazie soprattutto alla fotografia di Jarin Blaschke, il quarto film di Robert Eggers segna un punto di svolta nella carriera del regista. Realizzando il remake del film che più lo ha segnato, è ora pronto per una nuova fase. Grazie a questo punto di vista originale sul classico di Murnau (che a sua volta è una rivisitazione di Dracula), lo spettatore può fare un viaggio nel proprio subconscio. Un'esperienza che, nel bene e nel male, non lascia indifferenti.
Perché ci piace
- La bellezza delle immagini di Eggers: ogni inquadratura sembra un dipinto.
- La fotografia di Jarin Blaschke.
- L'interpretazione sorprendente di Lily-Rose Depp, qui alla sua prova migliore finora.
- La bravura di Willem Dafoe.
Cosa non va
- La rielaborazione dell'aspetto di Orlok potrebbe lasciare spiazzati.
- Alcune scene sono volutamente esagerate e potrebbero non convincere tutti.
- Nella seconda parte c'è un'accelerazione di ritmo che contrasta con la sensazione di paralisi della prima, risultando un po' forzata.