Più di Scappa - Get Out e persino più di Noi, Nope di Jordan Peele è un titolo che sa essere al contempo avvincente e in parte ermetico, almeno per chi non vuole guardare oltre il testo evidente. Rispetto al recente passato, l'autore americano confezione un'opera in grado di sorvolare l'aspetto sociale razziale per lasciarselo quasi alle spalle, modificando il cuore stesso del suo impegno cinematografico con una tematica curiosamente inaspettata, soprattutto per come Peele è riuscito a manipolarla con intelligenza fino a lasciarla divenire ficcante ed essenziale ai fini della comprensione del sotto testo cardine di Nope. Stiamo parlando del mondo dell'intrattenimento e della comunicazione e della relativa spettacolarizzazione. E la domanda sorge dunque spontanea per chi (forse) non ci aveva pensato: cosa c'entra tutto questo con un film horror sci-fi che parla di UFO? Ve lo spieghiamo nella nostra analisi del finale di Nope, ma l'avviso è d'obbligo: non procedete oltre se volete evitare grossi spoiler su Nope.
In nomen omen
I latini utilizzavano la locuzione che titola il paragrafo per indicare l'augurio di vita racchiuso in un nome. Più semplicemente, quale lo scopo o il senso che il nome di qualcuno o qualcosa potesse rivelare. Ecco, Nope è davvero emblema del in nomen omen, perché rappresenta in superficie qualcosa di assurdo e così sconvolgente davanti a cui nessuno di noi vorrebbe mai trovarsi o, se malauguratamente dovesse succedere, sarebbe una di quelle situazioni da
"nope", che oltre allo slang è un viscerale e sentito "nemmeno per sogno", "non esiste proprio", "non ci penso neanche".
Proprio una di queste scioccanti circostanze vede protagonisti Otis (Daniel Kaluuya) ed Emerald (Keke Palmer) Haywood, proprietari di uno dei più antichi maneggi per "cavalli da film" di Hollywood, a quanto pare nato e cresciuto con il cinema stesso. Questa la sola implicazione socio-razziale da parte di Peele, che sottolinea apertamente come gli afro-americani non solo facciano parte della lunga e travagliata storia d'America, ma anche e soprattutto - in contesto - come e quanto abbiano contribuito in modo fondante e cardinale allo sviluppo della settima arte sin dai suoi albori, vivendola e trasformandola in primissima persona.
Un giorno Otis assiste alla morte del padre, colpito e trapassato da un oggetto caduto dal cielo insieme a centinaia di altre cianfrusaglie (anche penne e monete), apparentemente residui della scia di precipitazione di un aereo. La spiegazione non convince però Otis Jr (Oj), che di lì a poco assiste alla cattura di uno dei suoi cavalli da parte di quello che sembra essere un disco volante intelligentemente nascosto tra le nuvole. Sommersi dai problemi finanziari legati al ranch e licenziati anche da un importante progetto cinematografico a causa della ribellione violenta di un altro dei suoi cavalli, Oj e la sorella Em decidono di filmare l'Ufo per vendere poi la sequenza alle principali emittenti nazionali e non, puntando a diventare ricchi e famosi. La scoperta sconvolgente è però un'altra: quello che sorvola il loro ranch nascondendosi tra le nubi non è un oggetto volante ma una creatura aliena volante, che una volta apertasi nella sua forma definitiva somiglia a una sorta di gigantesca medusa spaziale con la bocca perfettamente quadrata come fosse l'obiettivo di una cinepresa. L'essere non cattura cavalli o persone ma li divora, digerendoli poi dall'alto e scaraventando al suolo tutti gli scarti, defecando letteralmente sulla terra e sulla gente in modo assolutamente orrorifico e spettacolare.
Nope, la recensione: Jordan Peele alla ricerca della sequenza perfetta
Come Ninive
"Getterò su di te abominevole lordura, redendoti abietto ed esponendoti al ludibrio". Lo diceva il profeta Naum nel Vecchio Testamento ed è la frase che apre Nope, ovviamente importante. Naum fu infatti uno dei dodici profeti minori, noto in particolar modo per quanto riguarda gli scritti relativi alla caduta dell'impero assiro, correlato alla distruzione della sua capitale, Ninive, a cui la citazione del versetto 3.6 è dedicata. Si parla della caduta di un impero considerato brigante e malvagio, di una città che per il profeta ebraico era emblema diretto di decadenza. Ed è così che Peele, nell'analogia, giudica il mondo dell'entertainment odierno: vile, decaduto, persino sanguinario e violento. In particolare, si riferisce al modo di comunicarlo e a quello di recepirlo, mettendo sotto la lente d'ingrandimento della sua critica tanto produttori, giornalisti, registi o attori, quanto noi pubblico. Più precisamente, l'autore colpisce la spettacolarizzazione orrorifica e assuefacente in cui perseverano i media, che fagocitando progetti, notizie e informazioni le restituiscono poi a noi consumatori sotto forma di letame cianfrusaglia, a cui nessuno ha però intenzione di rinunciare. Perché in fondo ci piace e ci conquista, sguazzare nel fango del decadimento culturale: è facile, è immediato e persino divertente. È un ciclo in cui perpetriamo questo "peccato", rendendoci partecipi e complici dello stesso (quando Em si specchia nel casco integrale del giornalista di TMZ, che resta appositamente senza volto né nome). Quello che secondo Peele non comprendiamo, forse non fino in fondo, è però questo: quello che "divoriamo" a sua volta "ci divora", parafrasando anche un po' il mitico Tyler Durden di Fight Club.
L'occhio della bestia
Il ciclo va sostanzialmente spezzato, ed è qui che interviene metaforicamente Oj. È infatti lui a percepire la natura predatoria e animale della creatura, che un po' come il Graboid in Tremors o Lo Squalo di Steven Spielberg agisce nel suo territorio di caccia, attaccando non da terra né dal mare ma dal cielo. Tanto l'esperienza col cavallo imbizzarritosi sul set quanto la storia di Ricky "Jupe" Park (Steven Yeun) sul set della sitcom anni '80 Gordy's Home sono allora finalizzate all'epifania di Oj, ma il secondo elemento va spiegato. Da bambino, Ricky era infatti il giovane protagonista di questa serie amatissima che raccontava la quotidianità di una famiglia tra i cui componenti c'era anche lo scimpanzé che dava il nome allo show. Durante le riprese di un episodio, lo scoppio di un palloncino in studio manda in uno stato di totale frenesia l'animale, che comincia a uccidere o ferire con pugni e morsi gli attori. Nascostosi però sotto un tavolo e ignorando sostanzialmente lo scimpanzé, Ricky sopravvive illeso, anche se traumatizzato dall'evento. Addirittura, una volta tornato alla calma, l'animale sembra riconoscerlo e salutarlo, motivo che spinge Ricky a pensare in qualche modo di meritare fama e salvezza.
Perpetra allora da adulto lo stesso errore, forse sentendosi intoccabile, e decide di costruire un intero spettacolo attorno a un animale, proprio "la medusa aliena", spettacolarizzando l'orrore della natura ferina della creatura e dandogli in pasto davanti a centina di spettatori i cavalli vendutigli dal protagonista. Ma la bestia, un giorno, divora sia lui che tutto il pubblico, defecandoli poi sopra la casa di Oj ed Em, rei di averla "ingannata" dandogli in pasto un cavallo finto rubato proprio dal parco Jupiter's Claim di proprietà di Ricky.
Nietzsche diceva: "Se guardi l'abisso, lui guarda te". Non solo quello della decadenza dell'entertainment e dell'informazione, ma anche l'occhio freddo e nero di una creatura pericolosa. Peele unisce allora i due concetti e rende proprio l'animale "l'intrattenimento del momento", mettendogli appunto una cinepresa al posto delle fauci e strani e affascinanti nastri colorati che si alternano in sequenza ipnotica, così da irretire le sue prede per poi divorarle. L'unico modo di fuggire dalla bestia è non fissarla, distogliere lo sguardo e ignorarla: essere percepiti come inferiori in un virtuoso moto di superiorità e intelligenza, così da lasciar fagocitare all'animale - e all'intrattenimento e all'informazione predatoria - solo se stesso (come il palloncino del personaggio di Kid Sheriff interpretato da Ricky, lo stesso che alla fine viene ingollato dalla medusa aliena, poi uccisa dalla sua esplosione in pancia). Solo così si può sopravvivere, non senza un piccolo colpa di fortuna.
Noi e Scappa - Get Out: l'America di Jordan Peele, tra metafora e orrore