Quella di volare è una delle fobie più paralizzanti che perseguitano l'essere umano. Al pensiero di salire su un aereo, in molti sudano freddo. Ma quando l'amore chiama si fa di tutto (o quasi) per superare il panico. Parte da questo assunto Non volere volare, caustica commedia diretta dall'islandese Hafsteinn Gunnar Sigurðss. Coproduzione anglo-tedesco-islandese, la pellicola umoristica mette in campo le migliori forze locali, dal veterano Timothy Spall con la straordinaria espressività alla (poco) compassata protagonista Lydia Leonard, passando per l'Islanda e le sue eccezionali condizioni meteorologiche, per strappare qualche risata, spesso a denti stretti, ironizzando sulle miserie umane.
Proprio il terrore del volo ha spinto Sarah (Lydia Leonard) a iscriversi a un corso per superare la fobia e imbarcarsi felicemente con il fidanzato e la figlia di lui alla volta di Capo Verde. Il volo di prova del gruppo dei Viaggiatori Impavidi, che vede altri disperati come Sarah provare a vincere la loro paura, viene però rinviato allo stesso giorno in cui lei dovrebbe partire per le ferie. E così la donna le prova tutte pur di fare in tempo, ma il maltempo ci mette lo zampino e si ritrova bloccata in Islanda nel bel mezzo di una bufera insieme a un gruppo di improbabili personaggi.
Tra gag e debolezze, si ride delle disgrazie altrui
Non volere volare gioca sulle debolezze degli individui. Naturalmente la paura di volare è sintomo di un disagio più profondo, diverso per ognuno dei personaggi, capocomitiva (Simon Manyonda) compreso. Hafsteinn Gunnar Sigurðss costruisce un prologo radicato nella realtà, cercando di scavare nelle motivazioni della sua protagonista Sarah per passare poi agli altri. Purtroppo, man mano che la storia avanza e la situazione si fa parossistica, i personaggi tendono a sfociare nella macchietta. Sorte toccata allo scatenato veterano dell'esercito inglese interpretato da Timothy Spall e allo sviluppatore di app di Sverrir Gudnason (l'interprete di Borg McEnroe, qui imbruttito ad arte), ma anche alla sua fidanzata, la sensuale influencer Coco (Ella Rumpf).
In fin dei conti Non volere volare è prima di tutto una commedia e il regista, che ambisce a fondere black humor inglese e follia scandinava, si affida a espedienti di sicuro effetto come gag slapstick, sequenze concitate ed equivoci a gogò. Una delle scene iniziali sembra presa di peso da L'aereo più pazzo del mondo, chiaro modello di riferimento, ma Hafsteinn Gunnar Sigurðss si spinge oltre mettendo in scena piccanti incontri in sauna e viaggi in taxi da incubo. Il tutto per strappare qualche risata facendo, al tempo stesso, riflettere lo spettatore su difetti e limiti dell'essere umano.
Un viaggio da incubo che sollazzerà i più cinici
Nonostante il titolo impacciato (l'internazionale Northern Comfort è più azzeccato e divertente), Non volere volare scorre veloce verso la conclusione. Gli eventi sono condensati in meno di 48 ore e la commedia si presenta come una folle corsa corale, il disperato tentativo di un manipolo di figure eccentriche che prova a superare le proprie paure, ma si ritrova incastrato in un viaggio da incubo. Niente di particolarmente originale sotto il sole (o meglio, sotto la neve), ma la pellicola si distingue per la capacità di gettare uno sguardo sardonico sul presente infilando nel calderone famiglie allargate, professioni digitali, gender fluid e teorie del complotto.
Non manca perfino un guizzo autoironico del regista sulla proverbiale efficienza scandinava, visto che la disastrata compagnia aerea con cui si trova a volare il gruppo dei Viaggiatori Impavidi è proprio islandese (non che l'agenzia inglese che organizza il corso contro la paura di volare si riveli tanto più professionale). Non volere volare è buono per passare un'ora e mezza di spensieratezza - a patto che non si abbia paura di volare, of course - ma chi cerca una commedia di caratteri robusta e capace di approfondire la psiche individuale probabilmente passerà oltre.
Conclusioni
Black comedy corale che ironizza sulla ben diffusa fobia del volo, Non volere volare è una pellicola vivace che ironizza sui temi del presente mettendo un gruppo di personaggi improbabili in una situazione da incubo. Niente di originale, ma tra gag ed equivoci la pellicola scorre veloce. Peccato per i personaggi macchiettistici e poco approfonditi.
Perché ci piace
- Pellicola dal ritmo vivace e scorrevole.
- La capacità di ridere del presente, tra influencer e gender fluid, è un valore aggiunto.
- A fianco di una protagonista compassata e convincente come Lydia Leonard il veterano Timothy Spall è una garanzia...
Cosa non va
- ...ma il film soffre per la rappresentazione troppo macchiettistica ed eccessiva dei personaggi.