Non rientrate in quella casa
La pratica del remake è ormai talmente disorganica e indiscriminata da rendere pleonastica qualsiasi considerazione critica. Non ha alcun senso impegnarsi ancora nel valutare la qualità dell'adattamento, il grado di fedeltà dell'originale, la capacità di riattualizzazione di uno script e soprattutto l'urgenza dell'operazione. Che non esiste e se esistesse sarebbe solamente il risultato del caso. Non si tratta di cinismo o di snobismo critico, ma di una semplice presa d'atto: nell'horror il remake è un franchise dall'ottimo profitto, le cui scelte non vertono in nessun modo sulla qualità e l'importanza storico-critica del modello da riproporre. Nemmeno sulla sua popolarità, perché esauriti i titoli che godono di una presa trans-temporale sull'immaginario, rimangono film più o meno buoni, ma del tutto sconosciuti al pubblico che si nutre di questi rifacimenti.
Questa volta è toccato a Prom Night, scialbo slasher post-Halloween (non a caso interpretato da Jamie Lee Curtis) del 1980, uscito dalle nostre parti con il fantasioso titolo Non entrate in quella casa. Passano i decenni ma non mutano le abitudini delle nostre distribuzioni e stavolta l'omonimo remake da noi si fregia del delirante titolo Che la fine abbia inizio, dall'appeal solamente inferiore all'insipido trailer del film. La storia è la stessa dell'originale che a sua volta segnò un piccolo record per l'assenza di spunti originali: durante l'adolescenza, Donna Keppel sopravvisse fortunatamente a un attacco omicida da parte del folle insegnante Richard Fenton, che riuscì comunque a massacrarle l'intera famiglia. Cresciuta dai suoi zii, Donna superò progressivamente il trauma, sollevata anche dal sapere l'assassino rinchiuso in un manicomio di massima sicurezza per criminali malati di mente. Ma il male non muore mai e Fenton è ritornato, scegliendo la notte del ballo degli studenti dell'ultimo anno per conquistare Donna, facendo carneficina di chiunque provi a impedirglielo.
